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Economia

Piano del Governo per la rete unica delle telecomunicazioni nazionale per far nascere le autostrade digitali e dare internet a tutti gli italiani

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Rete tlc unica nazionale. Il governo si prepara a varare una rivoluzione con un emendamento al Decreto Legge Semplificazione che dovrebbe essere presentato nei prossimi giorni. Il piano studiato da Luigi Di Maio vuole essere un’operazione di sistema e di mercato. Per il ministro dello Sviluppo e delle Attività Produttive Di Maio il varo dell’emendamento dovrebbe essere il passo per dotare il Paese di una rete infrastrutturale a banda ultralarga, uno step in grado di realizzare uno dei cavalli di battaglia del Movimento: Internet per tutti gli italiani (stando attenti ad aziende e mercato). “Questo progetto corrisponde alla nostra idea di futuro. Stiamo parlando della costruzione di quelle autostrade digitali necessarie per la rivoluzione di cui ha bisogno il mondo dell’impresa e del lavoro”, dicono i Cinque Stelle. L’idea portata avanti dal capo politico M5S ha trovato il consenso di tutti i leader del governo e di chi ha lavorato a sviluppare il piano: dal premier Giuseppe Conte ai ministri Giovanni Tria e Matteo Salvini, ai sottosegretari Giancarlo Giorgetti e Stefano Buffagni.
L’emendamento, con cui il governo andrebbe a modificare il Codice delle comunicazioni elettroniche, punta a creare le condizioni per accelerare la creazione di un’unica società per la rete, ovvero per l’integrazione dell’infrastruttura di Tim con quella di Open Fiber.

Partendo dallo spin off della rete dell’ex monopolista, operazione studiata da tutte le banche d’affari ma alla quale non si è mai arrivati, non solo per ragioni politiche. Il problema principale riguarda la sostenibilità economica, ovvero quanti dipendenti e quanto debito Tim può lasciare nella rete perché il conto economico sia sostenibile. Sono state fatte infinite simulazioni, ma il punto di osservazione del governo pare essere un altro. Riguarda il timore che l’ impasse in cui si trova la società finisca per avere ricadute sociali importanti. Tim è arrivata a valere in Borsa poco più di 10 miliardi e ne ha oltre 25 di debito netto. Inoltre ha appena speso 2,5 miliardi per le frequenze 5G, a fronte di un bilancio che non offre margini di manovra. La società ha in corso un piano di solidarietà che riguarda 30 mila dipendenti e il 22 novembre Di Maio, che vuole la salvaguardia dei livelli occupazionali,  ha convocato i sindacati di categoria, preoccupati per il futuro del settore. Dal punto di vista delle garanzie occupazionali la mossa del governo offrirebbe un paracadute importante, da accompagnare con il riassetto della rete. E questo potrebbe accelerare la dialettica interna a Tim, anche sul vertice operativo. Quando cambiano i piani, di solito cambia anche chi li deve gestire.
La norma proposta dal governo prevede l’introduzione di un sistema tariffario incentivante per “spingere” gli operatori verso l’aggregazione. Attraverso una modifica al Codice delle comunicazioni verrebbe introdotto un diverso sistema di remunerazione della rete: il cosiddetto sistema Rab (regulatory asset base, o capitale investito regolatorio), che offrendo il vantaggio di fissare in anticipo i criteri su cui calcolare il ritorno sugli investimenti garantisce un margine di profitto certo sull’ infrastruttura. Esistono formule precise che in base al valore della Rab stabiliscono quanti dipendenti sono sostenibili. Ma il presupposto per poter applicare questo sistema tariffario è che la rete sia in monopolio. E oggi con Tim e Open Fiber in concorrenza non è così. Il governo sta di fatto creando la cornice perché i due competitor uniscano le forze, ossia le reti. Anche attraverso altri incentivi.
In Tim c’ è un tuttavia ostacolo non indifferente che si chiama Vivendi, primo azionista con il 24%, che è sempre stata contraria allo scorporo della rete e ha i numeri per fermarlo. Ma è anche sensibile ai desiderata del governo e una via d’uscita quindi può essere possibile.
L’ altro socio, il fondo Elliott, invece aveva messo lo spin off tra i suoi obiettivi e dunque spinge sicuramente nella direzione voluta dal Governo. Anche nel campo di Open Fiber però potrebbero esserci resistenze.
L’ amministratore delegato dell’ Enel, Francesco Starace, che ha il 50% della società per la fibra ottica, ha detto più volte di ritenere senza senso un’integrazione con la rete di Tim. Ma il 50% di Open Fiber ce l’ha anche la Cassa depositi e prestiti, che ha pure il 5% di Tim, che potrebbe diventare lo snodo principale di un’ operazione ritenuta dal governo strategica. Nello scacchiere delle strategie politiche pentastellate si tratta di un passo avanti importante (insieme alla realizzazione del reddito di cittadinanza, alla lotta alla corruzione e agli sprechi) dei progetti targati M5S e la ripresa di un tassello rimasto fuori dal contratto di governo siglato con la Lega.

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Cronache

Confcommercio, sicurezza peggiorata per 1 impresa su 10

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“Un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022”. E torna a rialzare la testa, dopo la pandemia, anche l’usura, “il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%). Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura”. Lo dicono i dati emersi da una ricerca dell’Ufficio studi di Confcommercio presentati oggi in occasione della decima Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” con gli interventi del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, Ivano Maccani.

Sull’usura, “il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove si registrano percentuali più elevate e dove, in particolare, l’usura è indicata in aumento da oltre il 30% delle imprese. A Roma questo fenomeno è segnalato in crescita dal 28,5% degli imprenditori”. Inoltre, sempre secondo le stime di Confcommercio, “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro. In termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro”. “È preoccupante ritrovarci qui anche quest’anno ad osservare che, tra le diverse categorie di criminalità che colpiscono i nostri settori, è l’usura ad essere il fenomeno illegale percepito ancora in maggior aumento dagli imprenditori”, ha esordito Sangalli, “un fenomeno insidioso e particolarmente doloroso, che più di altri rischia di essere circondato da un silenzio assordante”.

“Gli strascichi dell’emergenza pandemica – ha quindi sottolineato -, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura. Anche per questo, quando chiediamo moratorie, fiscali e creditizie, non chiediamo salvagenti per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove, sulla pinna della criminalità organizzata”. “Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo oggi – si è quindi appellato -: denunciare si deve, si può e conviene. Si deve, perché è un dovere civile. Si può, perché è una scelta di cui ciascuno è responsabile. Conviene perché il costo complessivo dell’illegalità per commercio e pubblici esercizi è di 24 miliardi di euro sul fatturato”. “Dobbiamo fare il possibile per rintracciare questi fenomeni e portarli a soluzione – ha affermato in proposito Piantedosi -. C’è una fiducia crescente nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, serve più sensibilizzazione e formazione; il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sè la tragedia che si sta vivendo. Bisognerà pensare anche ad un sostegno psicologico individuale”. Gli strumenti comunque, ha aggiunto riferendosi sia al Fondo di solidarietà gestito dal ministero dell’Interno sia al Fondo di prevenzione gestito dal ministero dell’Economia, “possono non essere esaustivi ma ci sono, anche se – è l’impegno preso – va studiato un salto di qualità”.

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Economia

Brunello Cucinelli, dopo gli occhiali entra nei profumi

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Dopo gli occhiali, realizzati da Luxottica, Brunello Cucinelli entra nei profumi e lo fa con due fragranze, uomo e donna, in licenza a Euroitalia, azienda italiana da 700 milioni di euro di fatturato. La boccette del re del cashmere di Solomeo (Perugia) sono in vendita nel negozio in via Montenapoleone,, da maggio nei punti vendita Cucinelli in Europa e Medio Oriente e nelle profumerie specializzare, agli inizi di ottobre in Nord America per poi arrivare in Asia a gennaio 2024. Prezzo uguale, “perché contengono essenze di grande qualità”, ha spiegato Brunello Cucinelli alla presentazione del prodotto. Abbottonato sull’ammontare dell’investimento e sugli obiettivi di vendita, Cucinelli ha sottolineato che “l’importante è l’immagine. Come è successo con gli occhiali deve essere confacente al brand”. Qualche indicazione in più la ha fornita sull’andamento economico del gruppo: “l’ottimo 2022 si sta confermando nel primo trimestre del 2023”, “il lavoro sta andando benissimo, portiamo a casa il vantaggio della nostra struttura produttiva perché non abbiamo licenziato” ha detto l’imprenditore-stilista che vuol continuare a fare capi in cashmere ed esclude di voler entrare col suo marchio in nuovi settori come quello dell’ospitalità e degli alberghi: “Voglio essere soprattutto un uomo di abbigliamento”, ha spiegato.

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Economia

Per i crediti del Superbonus veicolo privato e Btp

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Un veicolo finanziario in grado acquistare e rivendere i crediti incagliati, ridando liquidità al sistema e sbloccando un’empasse che da mesi tiene in scacco imprese e cittadini. Ma anche ‘scambio’ con i Btp. E’ questa la doppia soluzione che dovrebbe contribuire a smaltire la montagna di 19 miliardi di crediti bloccati del superbonus. Il veicolo vedrebbe impegnate le grandi società pubbliche, con Enel X in testa, che offrono così la propria mano tesa al governo. Che intanto con un lavoro di moral suasion su banche e istituzioni, ha incassato la promessa a far ripartire le acquisizioni dei crediti.

“Abbiamo sensibilizzato le istituzioni e le banche. Le banche e le Poste hanno annunciato che ricominceranno, in un quadro di maggiori certezze che abbiamo dato sotto il profilo giuridico, ad acquistare questi crediti”, ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, annunciando anche l’arrivo del veicolo: “E’ in corso l’elaborazione di un sistema, una specie di piattaforma, che dovrebbe in qualche modo permettere di smaltire tutto l’arretrato”. Escluso invece il ricorso agli F24, su cui il governo chiude: il loro utilizzo “genererebbe sostanziali e rilevantissimi problemi di cassa”, spiega il sottosegretario Federico Freni. Piuttosto a banche, intermediari finanziari e assicurazioni che hanno esaurito la propria capienza fiscale sarà offerta la possibilità di utilizzare i crediti al fine di sottoscrivere emissioni di Btp poliennali da 10 anni per smaltire fino al 10% dei crediti scontati annualmente.

La misura vale per gli interventi effettuati fino al 2022 e il primo utilizzo, si precisa, può essere effettuato in relazione alle emissioni effettuate dal primo gennaio 2028. L’ipotesi del veicolo era nell’aria da giorni, ma si attendeva prima di capire come si sarebbe sviluppato il lavoro in Parlamento. Una volta visto che gli emendamenti avevano preso la strada giusta, si è potuti uscire allo scoperto. La soluzione strutturale per i crediti edilizi incagliati “esiste”, assicura Enel X: è “un veicolo finanziario” con uno schema che la società ha “già testato con alcuni partner finanziari su volumi limitati”. “Siamo quasi pronti, è questione di poco e potremo dare un decisivo impulso allo sblocco dei decreti incagliati”, assicura il ceo Francesco Venturini. Tra le altre modifiche, la commissione Finanze ha dato il via libera alla proroga al 30 settembre del termine alle villette, che entro il 30 settembre scorso avevano effettuato almeno il 30% dei lavori, per concludere la spesa e portarla in detrazione beneficiando del 110%. Per salvare le cessioni del 2022, inoltre, arriva la possibilità per chi non ha concluso il contratto di cessione entro il 31 marzo di effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate con la ‘remissione in bonis’: ovvero, entro il 30 novembre, pagando una sanzione di 250 euro.

Cessione e sconto in fattura restano per l’eliminazione delle barriere architettoniche e anche per gli istituti per le case popolari (Iacp), le onlus e il terzo settore, e per i lavori su immobili colpiti da eventi sismici e anche per l’alluvione delle Marche. Si allarga poi ulteriormente, anche a tutti i cessionari che acquistano crediti da una banca, lo scudo dalla responsabilità in solido per chi acquista i crediti del superbonus. Per banche e imprese che hanno acquistato crediti c’è poi l’estensione della fruizione da 4 a 10 anni. Ma dopo la polemica per lo “stralcio” di una misura analoga, pensata soprattutto per aiutare i redditi più bassi, è stata concessa la possibilità di spalmare in 10 anni la detrazione anche per i contribuenti che non hanno sufficiente capacità fiscale. “Penso sia una cosa giusta per i cittadini e che non comporti problemi per la finanza pubblica. Quindi – ha spiegato Giorgetti – perché no? Anzi assolutamente sì”.

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