L’emendamento, con cui il governo andrebbe a modificare il Codice delle comunicazioni elettroniche, punta a creare le condizioni per accelerare la creazione di un’unica società per la rete, ovvero per l’integrazione dell’infrastruttura di Tim con quella di Open Fiber.
Partendo dallo spin off della rete dell’ex monopolista, operazione studiata da tutte le banche d’affari ma alla quale non si è mai arrivati, non solo per ragioni politiche. Il problema principale riguarda la sostenibilità economica, ovvero quanti dipendenti e quanto debito Tim può lasciare nella rete perché il conto economico sia sostenibile. Sono state fatte infinite simulazioni, ma il punto di osservazione del governo pare essere un altro. Riguarda il timore che l’ impasse in cui si trova la società finisca per avere ricadute sociali importanti. Tim è arrivata a valere in Borsa poco più di 10 miliardi e ne ha oltre 25 di debito netto. Inoltre ha appena speso 2,5 miliardi per le frequenze 5G, a fronte di un bilancio che non offre margini di manovra. La società ha in corso un piano di solidarietà che riguarda 30 mila dipendenti e il 22 novembre Di Maio, che vuole la salvaguardia dei livelli occupazionali, ha convocato i sindacati di categoria, preoccupati per il futuro del settore. Dal punto di vista delle garanzie occupazionali la mossa del governo offrirebbe un paracadute importante, da accompagnare con il riassetto della rete. E questo potrebbe accelerare la dialettica interna a Tim, anche sul vertice operativo. Quando cambiano i piani, di solito cambia anche chi li deve gestire.
In Tim c’ è un tuttavia ostacolo non indifferente che si chiama Vivendi, primo azionista con il 24%, che è sempre stata contraria allo scorporo della rete e ha i numeri per fermarlo. Ma è anche sensibile ai desiderata del governo e una via d’uscita quindi può essere possibile.
L’ altro socio, il fondo Elliott, invece aveva messo lo spin off tra i suoi obiettivi e dunque spinge sicuramente nella direzione voluta dal Governo. Anche nel campo di Open Fiber però potrebbero esserci resistenze.
L’ amministratore delegato dell’ Enel, Francesco Starace, che ha il 50% della società per la fibra ottica, ha detto più volte di ritenere senza senso un’integrazione con la rete di Tim. Ma il 50% di Open Fiber ce l’ha anche la Cassa depositi e prestiti, che ha pure il 5% di Tim, che potrebbe diventare lo snodo principale di un’ operazione ritenuta dal governo strategica. Nello scacchiere delle strategie politiche pentastellate si tratta di un passo avanti importante (insieme alla realizzazione del reddito di cittadinanza, alla lotta alla corruzione e agli sprechi) dei progetti targati M5S e la ripresa di un tassello rimasto fuori dal contratto di governo siglato con la Lega.