
La Gioconda. Nessuno poteva mai immaginare che sarebbe diventato il quadro più importante del mondo
Chiamatelo effetto MoMA, o effetto Guggenheim, se vi pare. “È scioccante, ma i luoghi in cui un artista espone le prime cinque opere ne decidono la carriera per i successivi 20 anni”, afferma la ricercatrice. Poi, a parità di condizioni, ci mette lo zampino il caso. “Per esempio non era scontato che la Gioconda diventasse il quadro più famoso del mondo”. La qualità non coincide con il valore percepito, e in un universo parallelo i visitatori del Louvre si farebbero i selfie davanti alla “Vergine delle rocce”, se nel 1911 il furto del secolo avesse mirato a quel quadro anziché a Monna Lisa.

Roberta Sinatra. Ha pubblicato lo studio su Science
Sinatra si è laureata in fisica a Catania, ha lavorato a Boston e Budapest con il guru della complessità Albert-László Barabási, con cui firma questo studio. Fa ricerca a Vienna e Torino, e a breve si trasferirà a Copenhagen. “Il posto in cui si lavora è importante per fare scienza, ma conta molto più nell’arte”, spiega.
Macinando i numeri relativi a 16.000 gallerie, 7.500 musei e 1.200 case d’ aste, spaziando fra 143 Paesi e 36 anni di dati, emerge che le quotazioni di un artista dipendono dal network di curatori e direttori che lo promuovono.
La morte precoce di un artista, un evento clamoroso, una contesa internazionale possono funzionare da moltiplicatore. Per gli outsider, comunque, è quasi impossibile farcela. Il cuore della rete analizzata su Science batte nel Nord America e in Europa. Debuttare in una galleria affermata garantisce il doppio delle esposizioni rispetto a chi parte in periferia. I suoi lavori sono venduti all’asta 5 volte più spesso, con quotazioni massime 5 volte più alte. Basta allontanarsi dal centro e addio sogni di gloria.