“Se n’e’ andato colui che infranto il sogno di un’intera generazione, quella dei nati dal 1965 al 1975, che hanno pianto lacrime copiose”. E’ uno dei titoli con cui il Brasile saluta Paolo Rossi, rendendogli omaggio con le parole di Paulo Roberto Falcao per tutti: “Hai fatto piangere il Brasile nell’82, ora il Brasile piange per te”. Da quel giorno al Sarria, Paolo Rossi e’ stato considerato il distruttore – cosi’ viene definito ancora oggi -, del ‘futebol arte’, il calcio elevato a estetica pura della Selecao di Tele’ Santana, la migliore della storia, secondo milioni di brasiliani, assieme a quelle del 1958 e del 1970, quando c’era O Rei Pele’. Ma anche l’unica delle tre che non ha vinto il suo Mondiale, quello del 1982. “Addio al ‘boia’ del Brasile in Spagna”, ha titolato Globoesporte, riaprendo una ferita mai sanata. Tutto per colpa di quel centravanti che si faceva sempre trovare al punto giusto nel momento giusto, e ne sa qualcosa Valdir Peres, che ha ricordato fino all’ultimo giorno della propria esistenza quell’avversario con la maglia azzurra n.20. Cosi’ quel Brasile di Zico, Socrates e Falcao, e dell’Eder idolo delle ragazze e dal tiro al fulmicotone, rimase una grande incompiuta. Per colpa di quel Paolo Rossi che per anni a Rio e’ stato sinonimo di italiano. Pablito nella metropoli carioca era tornato un anno fa, nel 2019, e si era fatto portare al Maracana’ “perche’ volevo segnare tre gol anche in quello stadio”, rivelo’ ai media locali. Ci aveva giocato in un’amichevole tra Flamengo e Juventus ma era rimasto a secco, si rifece tanti anni dopo perche’ aprirono per lui le porte del grande stadio e Rossi, ripreso dalle telecamere, fece rivivere a coloro che aveva ‘ucciso’ i gesti di quelle reti del lontano 1982. Sul podio dei ‘boia’ dei loro sogni i brasiliani hanno messo tre nomi: Alcides Ghiggia, l’uomo della tragedia nazionale del 1950, diventata poi Maracanazo. Zinedine Zidane, con quella doppietta nella finale dei Mondiali del ’98. Ma soprattutto lui, Paolo Rossi perche’ come disse Falcao, che oggi si e’ commosso (“ha fatto piangere il Brasile, oggi noi piangiamo lui”), “se rigiocassimo quella partita fra Italia e Brasile altre nove volte vinceremmo sempre noi”. Quello di Tele’ Santana era considerato un Brasile opera d’arte, impossibile da battere anche se poco prima dell’inizio del torneo aveva perso Careca e doveva far giocare Serginho, e invece sbuco’ dal nulla quell’attaccante fino a quel momento criticato e mise l’Italia d’accordo e la rese felice. Ma fece disperare duecento milioni di brasiliani come nemmeno la Germania nel 2014, e che ancora non hanno dimenticato. “Fece solo il proprio lavoro di professionista e di grande attaccante”, lo ricorda ora Zico, del quale Pablito era poi diventato amico. “Riposa in pace, Bambino de Oro”, e’ l’invocazione dell’ex idolo verdeoro, mentre un altro rivale di quei tempi, Leo Junior, lo ricorda “sempre gentile ed educato”. Avrebbero dovuto odiarlo e invece “noi brasiliani abbiamo portato sempre grande rispetto per il giocatore e per l’uomo”. Si’, perche’ alla fine era impossibile volere male a Pablito, il ragazzo e poi l’uomo sempre con il sorriso, e forse oggi lo ha capito perfino quel tassista che non lo prese a bordo a Rio.