Meta’ degli under35 rimane a casa con i genitori. Mentre sono 208mila i giovani che negli ultimi anni hanno preso la strada per l’estero. E’ la doppia faccia di un’Italia difficile per chi cerca un’occupazione. Senza lavoro e quindi indipendenza economica ai giovani italiani manca lo slancio per uscire fuori di casa. E’ cosi’ che si rinviano matrimoni e figli. In 5,5 milioni, la meta’ dei 20-34enni, resta con i genitori, che magari invece sono ancora in carriera. Ma anche chi e’ in pensione non sembra piu’ confinato ai margini. Gli over65 di oggi hanno stili di vita piu’ salutari del passato. Fanno piu’ sport, lo pratica piu’ del 12% di loro, e vanno al cinema e al teatro di frequente. Ha una vita culturale circa uno su quattro. I numeri vengono dal Rapporto annuale dell’Istat, che quest’anno grande spazio a dedicato ai cambiamenti demografici. “I confini tra una fase e l’altra della vita sono sempre meno definiti”, sintetizza l’Istituto. Cosi’ come le stagioni cosi’ anche gioventu’ e vecchiaia si confondono. Non e’ solo una questione biologica e anagrafica, e’ il ruolo sociale che conta. E per i ragazzi affermarsi e’ sempre piu’ difficile. L’Istituto parla di percorsi di vita “meno lineari che spostano in avanti le tappe principali di transizione allo stato adulto”. Una trappola che negli ultimi dieci anni in oltre 200 mila under35, tanti quanti gli abitanti di una citta’ come Trieste, hanno evitato espatriando. Ancora di piu’, 250 mila, sono quelli che pur rimanendo in Italia decidono di trasferirsi dal Mezzogiorno al Centro-Nord. E per lo piu’ si tratta di persone con un’istruzione medio-altro. La perdita di capitale umano e’ evidente. D’altra parte, guardando sempre alla stessa classe d’eta’, ben in quattro casi su dieci il Paese offre un posto di lavoro per cui e’ richiesto un titolo di studio piu’ basso, non la laurea. I rapporti di forza sono cambiati, capovolti rispetto al Dopoguerra. Per 100 ragazzi sotto i 15 anni si contano 165 persone di 65 anni e piu’. Solo il Giappone fa peggio. Intanto L’Italia si classifica in testa in Europa per numero di ultracentenari. In realta’, secondo il presidente dell’Istat, il demografo Gian Carlo Blangiardo, chi sta a cavallo tra i 60 e i 70 anni oggi puo’ svolgere ancora un ruolo attivo. Non a caso, fa notare, i geriatri non etichettano piu’ come “anziani” i 65-74enni, diventati “tardi adulti”. Si e’ persa ogni coincidenza, dunque. E per i sindacalisti tutto si spiega con una parola: lavoro. “‘Chi non lavora, non fa l’amore’ diceva una storica canzone di Celentano”, commenta il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo. “L’ennesimo campanello d’allarme per il Governo”, incalza la leader della Cisl, Annamaria Furlan.