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Salute

Organi più tollerabili, prima sfida per i trapianti

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Mandare in soffitta il rischio di rigetto, o quasi, è l’ultima frontiera dei trapianti: un obiettivo niente affatto facile da raggiungere, ma nel quale la ricerca internazionale si sta impegnando e quella italiana ha finora raggiunto ottimi risultati. Promettenti anche almeno altre due strade, come la possibilità di utilizzare mini-organi coltivati in laboratorio, oppure organi di animali geneticamente modificati. “Sono tre delle possibili strade che abbiamo davanti e che abbiamo cominciato a perseguire, e tutte promettenti”, ha detto Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto ‘Mario Negri’, che all’Accademia dei Lincei ha parlato del futuro dei trapianti. “E’ fondamentale essere in grado di attivare la tolleranza senza dover ricorrere, o riducendo sensibilmente, la terapia immunosoppressiva”, ha detto l’esperto riferendosi ai risultati positivi ottenuti in questo ambito al Mario Negri in collaborazione con l’ospedale di Bergamo, utilizzando cellule staminali mesenchimali. “Con questa tecnica – ha osservato – siamo riusciti ad avere uno schema di sospensione terapia immunosoppressiva” e, grazie ad essa, le prime due persone al mondo vivono senza ciclosporina a quattro e a un anno dal trapianto. “E’ un risultato importante”, ha rilevato, perché ha permesso di azzerare la presenza anticorpi del donatore. Altri studi con questo stesso approccio sono in corso, sempre in Italia, su trapianti di rene e fegato, in quest’ultimo caso in collaborazione con gli ospedali di Bergamo e Bologna.

L’ostacolo da superare è la memoria delle cellule immunitarie, primo motore del rigetto e attualmente impossibili da bloccare. Si è tentata così una strada lunga, ma promettente, che consiste nell’ottenere cellule staminali mesenchimali in grado di impedire che le cellule della memoria entrino in azione. Un’altra strada che si sta percorrendo, ha detto ancora Remuzzi, consiste nel “costruire organi in laboratorio partendo da cellule embrionali: è una strada molto complessa, ma i risultati sono interessanti”. Al momento non è ancora possibile costruire in laboratorio veri e propri organi: “abbiamo ottenuto strutture renali, una sorta di rene in miniatura ma pochissimi glomeruli”, ha detto riferendosi alle formazioni renali costituite da capillari che hanno la funzione di filtrare urina e sangue. “Siamo lontani dall’ottenere un milione di glomeruli: ci vorranno ancora anni di ricerche” prima di poter trapiantare in un essere umano un organo coltivato in laboratorio. La terza via è lo xenotrapianto, ossia “il trapianto di organi di animali, ingegnerizzarli in modo che siano compatibili con l’organismo umano”, ha osservato. “Qualche successo è stato finora ottenuto con l’endotelio ingegnerizzato di rene e cuore maiale trapiantati in primati”, ma anche in questo caso la strada da percorrere è ancora davvero molto lunga. Di sicuro, però, ha concluso Remuzzi , quella dei trapianti è una “storia incredibile. La medicina di oggi fa cose che tempo fa erano inimmaginabili”.

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Salute

Passo in avanti nella gestione terapeutica dell’emicrania

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Un passo in avanti nella gestione terapeutica ed assistenziale dei pazienti con emicrania. Dal 23 aprile l’Aifa ha modificato la piattaforma di monitoraggio dei nuovi farmaci per la terapia dell’emicrania che agiscono sul Cgrp, una proteina coinvolta nella genesi del dolore alla testa. Ora la terapia è consentita in regime di rimborsabilità da parte del Ssn l’associazione di tossina botulinica e farmaci anti-Cgrp nei pazienti con emicrania cronica; è scattato uno snellimento nel rinnovo del piano terapeutico dei farmaci anti-Cgrp, consentendo il prolungamento della terapia senza necessità di interruzioni precoci nei pazienti con forme più severe. È una svolta per la salute dei pazienti e il riconoscimento del lavoro svolto dall’Associazione Italiana per la lotta contro il Cefalee (Aic), da Anircef (Associazione Neurologica per la Ricerca sulle Cefalee) guidata dal presidente Gerardo Casucci, e da fondazione Onda (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna e di genere), che per lunghi mesi hanno avuto un’interlocuzione stretta con Aifa sulla base dei dati generati dal registro italiano dell’emicrania.

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Salute

Sanità, in Campania nasce rete assistenziale trattamento integrato obesità

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Il Consiglio regionale della Campania ha approvato all’unanimità la mozione presentata dal consigliere regionale e capogruppo di Italia Viva Tommaso Pellegrino relativa all’istituzione di una Rete assistenziale per il trattamento integrato dell’obesità, con l’obiettivo di affrontare in maniera strutturata e multidisciplinare una delle principali emergenze sanitarie che colpisce la popolazione campana. La mozione parte dai dati allarmanti che emergono sia a livello nazionale che locale: la Campaniadetiene il triste primato per tasso di obesità, sia nella popolazione adulta che tra i minori. con oltre 1,9 milioni di cittadini in sovrappeso e circa 357mila bambini e ragazzi in eccesso ponderale.

“L’obesità è una malattia cronica, progressiva e recidivante, troppo a lungo sottovalutata. Con questa mozione – le parole di Pellegrino – vogliamo affermare un principio fondamentale: chi soffre di obesità ha diritto ad essere curato in modo appropriato, attraverso un percorso integrato e multidisciplinare che non lasci spazio all’improvvisazione. In Italia i costi legati alla cura dell’obesità e delle patologie a essa correlate sono altissimi con un trend in costante crescita che rischia di mettere a dura prova la sostenibilità del Servizio sanitario Nazionale. La diffusione dell’obesità è aumentata nel tempo, raggiungendo dimensioni epidemiche, e costituisce ormai uno dei maggiori problemi di salute pubblica a livello mondiale, con una preoccupante espansione nell’età infantile nella quale può provocare una precoce insorgenza di patologie croniche”.

“Oltre all’istituzione di una rete assistenziale regionale specifica per il trattamento dell’obesità – ha aggiunto il capogruppo di Italia Viva – con questa mozione intendiamo favorire la promozione di programmi di prevenzione, soprattutto in età infantile; diffondere la cultura della sana alimentazione e della corretta informazione nelle scuole e tra le famiglie; rafforzare la chirurgia bariatrica sul territorio regionale per ridurre la mobilità passiva verso altre Regioni, che oggi costa alla Regione Campania oltre 4 milioni di euro l’anno; di formare gli operatori sanitari e scolastici sul tema dell’obesità e delle sue comorbidità”.

“Anche per i bambini e i ragazzi si osserva, come per gli adulti, un forte gradiente territoriale: le prevalenze di sovrappeso e obesità – ancora Pellegrino – aumentano significativamente passando dal Nord al Sud del Paese, disegnando una geografia che mette in evidenza come 10 regioni presentino valori di eccesso di peso superiori alla media nazionale, 7 delle quali si trovano nel Mezzogiorno. I livelli più elevati si registrano in Campania con il 37,3%. Ringrazio i colleghi del Consiglio regionale per aver sostenuto all’unanimità questa proposta. È un segnale forte di unità su un tema che non ha colore politico, ma che riguarda la salute, la dignità e il futuro dei nostri cittadini. Serve un piano d’azione immediato, concreto e sostenibile”.

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Politica

Regioni contro piano pandemico. Ministero, ‘confronto’

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Il piano pandemico 2025-2029 messo a punto dal governo potrebbe rivelarsi una nuova fonte di frizione tra il ministero della Salute e le Regioni. Rinviato all’esame della Conferenza delle Regioni, ha infatti ricevuto un netto stop dalla commissione Salute della Conferenza: è “ridondante”, “manca la catena di comando” ed è dunque necessaria una sua “revisione e ristrutturazione”. Critiche alle quali il dicastero risponde, ma aprendo al dialogo e con la richiesta di un “confronto immediato”.

Le osservazioni sul piano sono contenute in una nota della Commissione: il ‘Piano strategico-operativo di preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico 2025-2029’, proposto dal ministero della Salute, “risulta “eccessivamente discorsivo, ridondante e di difficile consultazione” e “non presenta una catena di comando chiara e definita”, si legge. Le Regioni chiedono pertanto di “renderlo molto più sintetico e schematico per facilitarne la fruizione, evitando ridondanze e ripetizioni di concetti”. Critico il tema della catena di comando: il piano si limita “ad elencare sommariamente i vari possibili attori”. Inoltre, “non assume alcun valore decisionale né orientativo per le Regioni, ma rimanda a decisioni successive, non affronta gli aspetti relativi alla gestione della privacy e non propone scenari coerenti e sostenibili con la risposta che il Piano dovrebbe invece proporre”.

La Commissione Salute richiede anche lo stralcio di alcune parti e la loro inclusione in un documento successivo “concordato con le Regioni”. Si richiedono poi maggiori dettagli per “l’utilizzo del finanziamento soprattutto per l’assunzione di personale al fine di rafforzare le strutture regionali che si occupano della preparedness pandemica”. La nota è del 18 aprile scorso e si convoca una riunione tecnica in videoconferenza per il 21 maggio. Alla bocciatura delle Regioni risponde Maria Rosaria Campitiello, capo dipartimento prevenzione, ricerca ed emergenze sanitarie del ministero della Salute: “Apprendiamo delle nuove sopraggiunte esigenze rappresentate dalla Commissione salute in merito al nuovo piano pandemico, e per questo chiederò immediatamente un confronto con la Commissione, confidando che si possa arrivare nel più breve tempo alla chiusura del testo del nuovo piano nell’interesse della salute pubblica degli italiani”. Il piano, sottolinea, “è frutto di un lungo percorso di condivisione anche con i rappresentanti delle Regioni, le cui richieste sono state nella maggior parte recepite nella stesura del documento”.

Campitiello ricorda inoltre che l’ultima legge di bilancio stanzia i fondi necessari per l’attuazione del piano aggiornato: si tratta di 50 milioni di euro per l’anno 2025; 150 milioni per il 2026 e 300 milioni annui a decorrere dal 2027. Il nuovo piano – inviato alla Conferenza delle Regioni lo scorso febbraio e che introduce delle modifiche rispetto alle bozze precedenti – prevede, tra le misure indicate, l’impiego dei vaccini ma non come unico strumento per contrastare la diffusione dei contagi, restrizioni alla libertà personale solo in alcuni casi e unicamente di fronte a una “pandemia di carattere eccezionale”, ma senza ricorrere ai Dpcm come invece è avvenuto negli anni del Covid. Previsti anche test, isolamento dei casi, tracciamento dei contatti e la messa in quarantena degli individui esposti, così come la nomina di un Commissario straordinario. Il piano ipotizza poi 3 scenari, due dovuti a virus influenzali e considerati più probabili e il cosiddetto worst-case, il peggiore possibile, poco probabile ma che non può essere escluso. In quello più grave si stimano fino a 3 milioni di ricoveri e oltre 360mila persone in terapia intensiva.

“Le Regioni stroncano il piano del governo, ma danno l’ok alle misure di Conte”, commenta Andrea Quartini, capogruppo M5s in Commissione Affari Sociali: “Quello che non viene nominato dalla Commissione Salute – sottolinea – sono infatti le misure contenute nel piano, quelle su cui l’esecutivo ha fatto copia-incolla dagli strumenti messi in campo dal governo Conte durante il Covid e che vengono evidentemente giudicate positivamente”.

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