Ventiquattro anni dopo il delitto di Serena Mollicone, la giustizia non ha ancora scritto la parola fine. La Cassazione ha annullato la sentenza d’Appello che assolveva Franco Mottola, ex maresciallo della caserma dei carabinieri di Arce, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, ordinando un nuovo processo d’Appello.
Secondo i giudici della Suprema Corte, le motivazioni dell’assoluzione non sono adeguatamente motivate, lasciando aperta la possibilità che i Mottola possano essere ancora ritenuti responsabili dell’omicidio volontario e dell’occultamento di cadavere della diciottenne, scomparsa il 1° giugno 2001 e ritrovata senza vita due giorni dopo in un bosco.
Il ragionamento della Cassazione: assoluzione con motivazioni insufficienti
In primo grado e in Appello, i giudici avevano stabilito che non esistono prove sufficienti per condannare i Mottola, ma secondo la Procura generale, la sentenza d’Appello non ha argomentato in modo adeguato le ragioni dell’assoluzione.
La stessa Corte d’Appello, pur evidenziando “deduzioni, illazioni e contraddizioni” nelle tesi dell’accusa, aveva riconosciuto “incongruenze nelle versioni degli imputati” e gravi lacune nelle indagini condotte oltre vent’anni fa, molte delle quali dallo stesso Mottola quando era ancora in servizio.
Il possibile elemento nuovo: la testimonianza di Gabriele Tersigni
Il nuovo processo potrebbe ruotare attorno a una testimonianza finora esclusa: quella del luogotenente Gabriele Tersigni, amico del brigadiere Santino Tuzi, il carabiniere che nel 2008 rivelò di aver visto Serena entrare in caserma la mattina in cui scomparve.
Tuzi, dopo anni di silenzio, aveva prima parlato, poi ritrattato, poi nuovamente confermato la sua versione, prima di suicidarsi alla vigilia di una nuova deposizione. Inizialmente si ipotizzò persino un’istigazione al suicidio, ma la sua testimonianza fu considerata inattendibile in Appello, facendo venir meno una delle prove chiave dell’accusa.
Tersigni, però, avrebbe raccolto da Tuzi confidenze spontanee sul caso, depurate da pressioni esterne e sensi di colpa. Tuttavia, queste dichiarazioni non furono verbalizzate secondo le procedure ufficiali, poiché nate come uno sfogo personale. Se la Cassazione ha ritenuto necessario un nuovo processo, potrebbe essere proprio per valutare se e come ammettere questa testimonianza.
Le reazioni: soddisfazione della famiglia Mollicone, amarezza dei Mottola
Per gli avvocati della famiglia Mollicone, la decisione della Cassazione è una vittoria:
“Una grande giornata per la giustizia”, ha commentato Dario De Santis, legale dello scomparso Guglielmo Mollicone, il padre di Serena che per anni ha lottato per la verità.
“Siamo pronti per il nuovo Appello, vogliamo giustizia”, hanno aggiunto i legali Anthony Iafrate, Sandro Salera e Federica Nardoni.
Diversa la reazione della difesa dei Mottola, che continua a respingere le accuse:
“Ci sono elementi a discarico che non potranno mai essere messi in discussione”, ha dichiarato l’avvocato Mauro Marsella, che assiste la famiglia insieme ai colleghi Francesco Germani e Piergiorgio Di Giuseppe.
Franco Mottola, lasciando il Palazzaccio, ha commentato con un secco:
“Inammissibile”.
Un caso ancora senza verità definitiva
Il delitto di Serena Mollicone resta avvolto nel mistero. Nel nuovo processo d’Appello, i giudici saranno chiamati a riconsiderare tutte le prove e i punti critici dell’indagine, con la possibilità di nuove testimonianze.
La speranza della famiglia Mollicone è che, dopo 24 anni di indagini, processi e assoluzioni, si possa finalmente arrivare a una verità definitiva.