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Notte di proteste in Iran, 11 morti e 3.500 feriti

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Hijab dati alle fiamme mentre brucia anche la bandiera della Repubblica islamica e il ritratto della Guida suprema Ali Khamenei, definito “dittatore” negli slogan gridati dai manifestanti scesi nelle strade. La tradizionale celebrazione del ‘Charshanbesuri’ – festività che cade alla vigilia dell’ultimo mercoledì prima del capodanno iraniano e invisa ai predicatori sciiti perché ritenuta pagana – si è trasformata in una notte di proteste e scontri a Teheran e in altre città dell’Iran dopo l’appello degli attivisti a manifestare contro il governo. Durante gli incidenti di ieri, almeno 11 persone hanno perso la vita mentre altri 3.500 sono rimaste ferite ma da lunedì, quando le dimostrazioni erano già iniziate, i morti sono in tutto 26 e i feriti più di 4.300, ha riferito il capo dell’Organizzazione nazionale per le emergenze mediche Jafar Miadfar, facendo sapere che il numero delle vittime durante le celebrazioni di quest’anno è del 22% maggiore rispetto al 2022 e citando i fuochi d’artificio che tradizionalmente vengono sparati durante la celebrazione come principale causa dei decessi. Le autorità della Repubblica islamica non hanno detto nulla riguardo gli arresti ma già lunedì erano stati messi in custodia, secondo la versione del regime, decine di “terroristi coinvolti anche nelle proteste anti sistema iniziate in settembre” che “avevano pianificato sabotaggi durante le celebrazioni tradizionali del Charshanbesuri”. Molotov sono state lanciate contro la polizia in motocicletta a Teheran, nel quartiere centrale Ekbatan, e ci sono stati duri scontri durante le manifestazioni a Bukan.

Le dimostrazioni anti governative si sono verificate in molte altre città come Rasht, Sanandaj, Kamiyaran, Zanjan, Piranshahr, Shahrari, Baneh, Marivan, Zahedan e Chabahar. Lo slogan “donna, vita, libertà” è stato intonato dai manifestanti a Saqqez, la città di cui era originaria Masha Amini, la cui morte a Teheran il 16 settembre, dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto, ha provocato l’ondata di proteste che continua ormai da sei mesi. Una massiccia presenza di forze dell’ordine è stata segnalata anche oggi nel centro della capitale e la protesta è continuata nel pomeriggio fuori dal carcere Evin di Teheran, noto per la detenzione di dissidenti, quando è stata rilasciata la nota attivista Sepideh Qoliyan. “Khamenei ti faremo cadere”, ha gridato la 28enne uscendo di prigione dopo quattro anni e sette mesi di detenzione, saltellando per strada senza portare l’hijab in un’esplicita contestazione del velo obbligatorio, una delle battaglie al centro delle dimostrazioni che proseguono da settembre. “Questa volta sono uscita con la speranza di vedere la libertà in Iran”, ha detto l’attivista che era stata arrestata per la prima volta nel 2018 dopo avere partecipato a una protesta sindacale e in questi anni ha denunciato abusi e torture subiti in carcere. Dopo essere stata rilasciata su cauzione era tornata in prigione nel 2019 e nel 2020: dopo essere stata condannata a cinque anni per “raduno e collusione contro la sicurezza nazionale”, si era rifiutata di chiedere la grazia alla Guida Suprema della Repubblica islamica. Anche oggi è stata scarcerata su cauzione e resterà in libertà fino a che la Corte d’Appello si esprimerà sul caso.

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Usa: consigliere per la sicurezza nazionale Waltz lascia incarico dopo scandalo Signal

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Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Mike Waltz, e il suo vice Alex Wong hanno presentato le loro dimissioni, lasciando così l’amministrazione Trump. Lo riferisce Fox News, dopo le anticipazioni del Wall Street Journal. La decisione è dovuta alle polemiche scatenate dal “Signalgate”, la pubblicazione da parte del direttore dell’Atlantic, Jeffrey Goldberg, di uno scambio in una chat su Signal riservata in cui Waltz aveva inavvertitamente incluso lo stesso giornalista, rivelando la preparazione di attacchi contro i ribelli Houthi in Yemen. Waltz si era assunto la piena responsabilità dell’incidente.

 

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Zelensky: l’accordo sulle terre rare è davvero equo

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky accoglie con favore in un post su Telegram l’accordo “davvero equo” firmato con Washington sulle terre rare. “Abbiamo ora il primo risultato dell’incontro in Vaticano, il che lo rende davvero storico. Attendiamo con ansia anche gli altri risultati di quel colloquio”, ha detto il leader ucraino.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky accoglie con favore in un post su Telegram l’accordo “davvero equo” firmato con Washington sulle terre rare. “Abbiamo ora il primo risultato dell’incontro in Vaticano, il che lo rende davvero storico. Attendiamo con ansia anche gli altri risultati di quel colloquio”, ha detto il leader ucraino.

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Bisnonna inglese 115enne diventa la persona più anziana al mondo

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Una bisnonna britannica di ben 115 anni ha raccolto questa settimana la palma di persona più vecchia del mondo – stando alle statistiche internazionali censite – dopo l’annuncio della morte di uno suora 116enne in Brasile. Lo racconta oggi con dovizia di particolari il Daily Telegraph. La nuova titolare del record di longevità si chiama Ethel Caterham ed è nata il 21 agosto del lontano 1909 in un villaggio dell’Hampshire, in Inghilterra meridionale: prima del diluvio della Grande Guerra, mentre sul trono di quello che era ancora l’Impero britannico sedeva re Edoardo VII, figlio della regina Vittoria, bisnonno della defunta Elisabetta II e trisavolo dell’attuale monarca, il 76enne Carlo III.

Ultima di 8 figli, nonna Ethel vive attualmente in una residenza per anziani nella contea del Surrey, pure in Inghilterra del sud, dove – dopo l’ufficializzazione del suo primato – ha ricevuto una lettera personale di re Carlo: che si felicita per il “rimarchevole traguardo” da lei raggiunto. Tuttora lucida, Catheran è in grado di ricordare le tappe salienti della sua vita.

A 18 anni si trasferì nell’India coloniale, assunta come au pair nella famiglia di un ufficiale dell’esercito di Sua Maestà; poi, al ritorno in Gran Bretagna, conobbe a una festa il futuro marito Norman, sposato nel 1933 e col quale ha vissuto a Hong Kong e a Gibilterra prima di tornare in terra inglese. Rimasta vedova quasi mezzo secolo fa, nel 1976, Ethel ha smesso di guidare solo alla soglia dei 100 anni. Mentre a quasi 111 è riuscita a guarire pure da un contagio di Covid. Il segreto della sua longevità? “Non aver litigato con nessuno”, ha risposto a un giornalista.

Oltre alla scelta di dare priorità “alla famiglia, la cosa più importante dell’esistenza”, ai figli, ai nipoti e ai pronipoti. A una testata locale ha spiegato del resto di non avere rimpianti, di essere “felice d’aver girato il mondo” fino ad approdare in “questa bella casa” di riposo in patria: “Ho detto sì a ogni opportunità di vita, mantenendo un’attitudine mentale positiva e accogliendo ogni cosa con moderazione”. Giusto l’anno scorso il Regno Unito aveva celebrato la conquista del record di un altro suddito britannico come ‘uomo più anziano del pianeta’: record ereditato da un giapponese e detenuto per qualche mese nel 2024 dal veterano di guerra John Tinniswood, deceduto a novembre a 112 anni d’età.

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