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Cronache

“Non è credibile”: Pasquale Scotti, ex braccio destro di Raffaele Cutolo non entrerà nel programma di protezione dei pentiti. La Procura di Napoli ha detto no

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Non è stato ritenuto credibile: Pasquale Scotti, ex primula rossa e numero 2 della camorra cutoliana, non entrerà nel programma definitivo di protezione. Le sue rivelazione al vaglio della Procura di Napoli non sono state giudicate valide a dare dei benefici a Scotti perché secondo i magistrati le sue parole non portavano novità o comunque non erano riscontrabili, in qualche altro caso le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate nei processi o perché si riferiscono a persone decedute o a vicende troppo lontane nel tempo.

Adesso Scotti, che per trent’anni è stato latitante in Brasile non è più un aspirante collaboratore di giustizia: come pentito la sua esperienza è durata poco e neppure è servita a qualcosa rivolgersi al Tar per bloccare le revoca decisa dalla Procura secondo le conclusioni del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dei pm Gianfranco Scarfò e Ida Teresi.
Così adesso l’ex braccio destro di don Raffaele nella NCO per ovvie ragioni di sicurezza viene guardato vista e in regime detentivo sia pure differenziato.
Francisco De Castro Visconti, così si faceva chiamare Pasqualino ‘o collier o l’ingegnere, fino a quando lo hanno arrestato Recife, in Brasile per trent’anni ha vissuto sotto le mentite spoglie di un imprenditore della ristorazione, ossequioso delle leggi locali, irreprensibile e comunque sempre all’insegna dell’understatement. Forse voleva davvero dimenticare un passato sporco di sangue visto che in Italia aveva due condanne all’ergastolo per due omicidi e che il suo ruolo avrebbe attraversato una serie di trame criminali, e si era costruito una nuova vita, con moglie e figli. Adesso non potrà godere di sconti di pena né di benefici visto che non è riuscito a convincere i magistrati di avere davvero qualcosa di importante da dire.

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Cronache

Caso Huawei, l’avvocato di Lucia Simeone: mai emesse fatture, pronta a difendersi anche in Belgio

Il legale della collaboratrice dell’europarlamentare Martusciello smentisce ogni coinvolgimento: “Non ha partita Iva, i bonifici ricevuti sono personali”.

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Lucia Simeone, collaboratrice dell’europarlamentare Fulvio Martusciello (Forza Italia), è al centro di un’indagine della magistratura belga su presunte tangenti versate per favorire Huawei nella partita del 5G all’interno delle istituzioni europee. La donna è stata raggiunta da un mandato di arresto europeo ed è comparsa oggi davanti alla Corte d’Appello di Napoli per rispondere alle domande del giudice e del sostituto procuratore generale.

A riferire i dettagli della sua posizione è l’avvocato Antimo Giaccio, difensore della Simeone:
«Secondo quanto emerge da una traduzione ritenuta fedele degli atti, la procura belga contesta a Lucia Simeone il concorso nell’emissione di due fatture che riteniamo essere assolutamente inventate», ha affermato il legale. «L’indagata non è intestataria di alcuna partita Iva e non gestisce attività che prevedano l’emissione di fatture».

I bonifici? «Scambi personali con un ex collega»

Al centro dell’inchiesta ci sarebbero circa 46mila euro in bonifici che, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto lo scopo di condizionare alcuni eurodeputati a firmare una lettera a favore di Huawei per chiedere l’apertura del mercato europeo del 5G.

Ma l’avvocato Giaccio precisa: «I bonifici a cui fanno riferimento gli atti sono stati ricevuti da Miguel Benoliel de Carvalho Wahnon Martens, ex collega portoghese dell’onorevole Martusciello e persona con cui Lucia Simeone ha un rapporto personale e di colleganza». Lo stesso legale sottolinea che anche la sua assistita ha effettuato piccoli bonifici all’uomo, da 400 o 500 euro, di natura privata.

Pronta a difendersi in Belgio

Durante l’udienza odierna, Lucia Simeone ha risposto a tutte le domande che le sono state rivolte. Il suo avvocato ha richiesto la concessione della libertà, ribadendo la disponibilità della sua assistita a difendersi in giudizio anche in Belgio, qualora venisse autorizzata l’estradizione.

«È pronta ad affrontare il processo, determinata a dimostrare la propria totale estraneità ai fatti contestati», ha concluso il penalista.

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In Italia 70 detenuti transgender, ‘vivono isolamento’

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Sono sei gli istituti penitenziari italiani che accolgono le persone transgender, per una settantina di detenuti in totale. La loro situazione di “doppia difficoltà”, per la limitazione della libertà e l’appartenenza ad una particolare minoranza è sottolineata dal garante regionale per i detenuti in Emilia-Romagna Roberto Cavalieri che ha promosso per il 9 aprile, nella sede della Regione a Bologna, un convegno di approfondimento sul tema. Il focus sarà sulla sezione di Reggio Emilia dove, viene spiegato, istruzione, formazione professionale e accesso al lavoro, fondamentali per la rieducazione, non vengono garantiti: “Per queste persone si traduce in un vero e proprio isolamento, con la conseguenza della violazione di un diritto fondamentale”, secondo il garante. I dati più aggiornati sono nel rapporto sulle condizioni di detenzione curato di Antigone per il 2023, che conta 69 persone transgender in sezioni protette omogenee riservate, due collocate in una sezione promiscua nuovi giunti, una collocata in isolamento circondariale.

Gli istituti sono Rebibbia Nuovo Complesso (16 su una capienza di 30 posti), Como (11), Reggio Emilia (11), Napoli-Secondigliano (11, di cui 8 collocate nella sezione per persone transgender, su una capienza di 24 posti), Ivrea (7 su una capienza di 20 posti) e Belluno (16). “La scelta di gestire la collocazione in sezioni protette attraverso ‘circuiti’ (connotati dal carattere dell’informalità), anziché attraverso ‘regimi’ (che invece formalizzano la limitazione del diritto all’uguaglianza di accesso al trattamento), non si traduce, nella materialità della condizione detentiva, nel godimento del pieno diritto al trattamento, anzi, può rivelarsi di fatto come una condizione punitiva”, osserva Antigone. “L’essere percepiti e trattati come ‘eccezione’ dentro al carcere non va inteso in termini di opportunità di accedere a una condizione per vari aspetti privilegiata, bensì, al contrario, significa rischiare o sperimentare forme di pluri-stigmatizzazione ed emarginazione”, continua.

“Servirebbe attivare percorsi personalizzati che tengano conto di questa condizione particolare e che non trascurino l’aspetto del disagio psichico che queste persone spesso manifestano”, dice il garante Cavalieri. Nella sezione reggiana (attiva dal 2018), denominata Orione, “il problema riguarda l’offerta di servizi rientranti nel trattamento in carcere, decisamente più carente rispetto ai detenuti maschi”, spiega il garante. Inoltre, “nel caso dei transgender deve essere assicurata la fruizione delle terapie ormonali e della psicoterapia a supporto del percorso di transizione. Un aspetto che, però, non trova piena attuazione a Reggio Emilia, a causa della carenza in struttura di personale sanitario”.

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Gaja ai sommelier, ‘non abbiate paura di Ia e naso artificiale’

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L’innovazione e il progresso tecnologico legato all’intelligenza artificiale non possono spaventare un sommelier professionista. E’ il messaggio del produttore piemontese Angelo Gaja ai numerosi sommelier diplomati oggi durante il 44/o Forum della cultura dell’olio e del vino della Fondazione italiana Sommelier (Fis). “Un naso artificiale potrà forse distinguere – ha detto Gaja – la concentrazione di un vino. Ma c’è qualcos’altro che il naso artificiale non sarà mai capace di fare e che ha bisogno di voi a un certo punto per individuare quando un vino è elegante. L’eleganza di un vino è infatti un aspetto emozionale, non c’è una misurazione meccanica. Solo il soggetto umano ne è capace. Quindi non dobbiamo aver timore dell’intelligenza artificiale e del naso artificiale che arriverà perché la capacità suprema è sempre quello del soggetto che ne è capace”.

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