Le parole in politica hanno un peso, da sempre. Perché politica e parole nascono assieme e da sempre si nutrono a vicenda. Ma oggi, con l’avvento dei Social, una sola frase che gira alla velocità della luce tra miliari di utenti, in un contesto di immediatezza infuocata, può avere l’impatto devastante di un meteorite.
Nessun filtro, nessuna attesa, nessuna possibilità di controllo o di mitigazione. Così Donald Trump lancia dei tweet, battiti d’ali che fanno eco in tutti gli USA, rimbalzando in tempo reale da Washington alla Costa Orientale, per poi tornare indietro sotto forma di uragani. E quando si tenta di correre ai ripari è già tardi, e oggi si piangono i morti.
Fino a qualche anno fa un politico poteva anche dire una sciocchezza, una frase di pancia, lanciare una provocazione, ma ogni notizia veniva riportata sui media attraverso l’opera elaborativa di professionisti che, anche se potevano essere di parte o faziosi, componevano tutti una grande rete informativa, plurale e diversificata, quindi sostanzialmente auto bilanciata, dalla quale si attingevano soprattutto notizie vere, riscontrabili attraverso una reale e continua opera comparativa,che diventavano poi dibattito e, solo infine, oggetto di contrapposizione o contrasto.
E veniamo al punto. Dunque nei giorni nostri, un politico, un imprenditore, un singolo utente o chicchessia, soprattutto attraverso le piattaforme come Facebook, Twitter ed Instagram, che rappresentano quasi l’intero universo mediatico di riferimento, possono lanciare in rete attacchi, fake news ed insulti, che in un determinato momento o delicato contesto, possono colpire in modo inaudito e, molto spesso, anche impunito. Perché la smaterializzazione di questi servizi divulgativi, che vengono forniti agli utenti in modo crudo e diretto, per decenni hanno consentito a queste società di sottrarsi alle regole degli stati dove offrono il loro prodotto “non materiale”, così sottraendosi ai relativi regimi fiscali e rendendo spesso difficilissimo, gravoso e oltremodo costoso, ogni tentativo di rispetto di tutte quelle regole nazionali che, di contro, sono imposte a tutte le altre aziende che ivi operano in qualsiasi altro settore.
A parte dunque tutte le ovvie e sacrosante considerazioni sulle inaudite ed ingiustificabili azioni di chi lancia in rete messaggi di insulto e di incitazione alla violenza, tanto più quando riveste un ruolo sociale primario o comunque di grande visibilità, non si può più trascurare come i social network basino gran parte della loro fortuna giustificando proprio la mancanza di ogni filtro o controllo preventivo, sul presupposto che i loro spazi virtuali sono gratuiti, dove ognuno è tuttavia libero di esprimersi in un contesto considerato ancora “privato”, quindi sottratto alle regole di pubblico e preventivo controllo. Eppure (ad esempio) gli utenti di Facebook sono circa 2,7 miliardi, sparsi in tutto il pianeta, e la società incassa complessivamente miliardi di dollari dall’equivalente in pubblicità per ogni like o visualizzazione … anche di queste carognate.
In Europa solo da qualche mese pare che qualcosa si muova, con la Commissione UE impegnata attraverso l’adozione del DSA (Digital Services Act) quanto del DMA (Digital Markers Act), nell’avviare un percorso che possa portare questi colossi imprenditoriali (ma sono ancora proposte) ad assumersi tutte quelle responsabilità che ancora ad oggi continuano a scaricare direttamente sugli utenti. Invero, pur essendo aziende di natura privata, è innegabile che essi gestiscono ormai un vero e proprio impero sociale globale, in quanto portatori di un servizio ormai irrinunciabile ed universale, e di certo di indiscutibilerilevanza pubblica.
Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, TikTok ecc., non possono più giocare solo secondo proprie regole, che sfuggono agli Stati sovrani e ad ogni controllo, perché da ultimo, proprio la rivolta mortale ingenerata dalle frasi di Trump, ci fa definitivamente comprendere che ad oggi tali giganti social non sono stati in grado, volutamente o meno, di autoregolamentare l’immenso potere mediatico di cui d’ora in avanti, si spera, dovranno dare conto. Del resto, non più di qualche mese fa Facebook dichiarava di voler adottare addirittura una propria moneta elettronica, libra, che avrebbe avuto certamente più potere di quelle della maggior parte di tanti stati del mondo, quindi capace di influenzare tutti i mercati finanziari internazionali. Cosa ci sia di “privato” in tutto questo non appare più plausibile sostenere. Queste realtà aziendali hanno ormai assunto caratteristiche di rilevanza pubblica e come tali devono essere trattate, perché un tweet o un post, non possono distruggere come fossero meteoriti.
Artista eclettico e cittadino del mondo, Mika (foto Imagoeconomica in evidenza) si prepara a tornare in Italia per quattro concerti estivi (Umbria Jazz, No Borders, Este Music Festival e Anfiteatro del Vittoriale). Ma prima, il cantante sarà protagonista su Rai1: condurrà la serata di premiazione dei David di Donatello mercoledì 7 maggio. In una lunga intervista al Corriere della Sera, Mika racconta il suo amore per l’Italia e per il cinema.
«Sono un grande fan del cinema che sa essere leggero, poetico, politico», racconta, ricordando come non servisse conoscere la lingua italiana per capire i grandi maestri del nostro cinema: «È un dialogo universale». La sua conduzione ai David sarà pensata per celebrare tutto il mondo del cinema, non solo le star ma anche gli artigiani che rendono possibile la magia del grande schermo.
Accanto a lui sul palco ci sarà Elena Sofia Ricci, che definisce «una donna forte, intellettuale, emozionale, favolosamente diva». Mika, con la sua naturalezza, respinge l’etichetta di «divo» per sé stesso: «Nella vita sono normale, ma sul palco mi trasformo: è un rito spirituale».
L’arte come salvezza e la doppia vita degli artisti
Mika si racconta senza filtri, ammettendo quanto la cultura della fama sia tossica e di quanto sia importante per lui rifugiarsi nella parte artigianale e creativa del suo lavoro: «L’artigianato mi salva dagli aspetti superficiali, è una cura». La differenza tra il sé pubblico e il sé privato è marcata: sul palco energia pura, a casa, davanti a un pianoforte, la paura del foglio bianco.
Ripercorrendo la sua infanzia, Mika spiega di aver avuto «l’infanzia più bella del mondo» nonostante le difficoltà scolastiche: «La musica mi ha salvato la vita». E racconta come ogni sua identità culturale abbia lasciato un segno profondo: dalla praticità americana, alla disciplina inglese, al gioco delle parole francese, fino all’anima colorata e malinconica libanese.
Da X Factor ai David: un percorso sorprendente
Indimenticabile il suo primo impatto con X Factor Italia: «Non capivo nulla di quello che dicevano Simona Ventura, Morgan ed Elio… mi chiesi perché avessi accettato», confessa sorridendo. Ma proprio da quel momento è iniziato un rapporto d’amore con il nostro Paese che dura ancora oggi.
E ora, ai David di Donatello, Mika porterà poesia, eleganza e un tributo profondo al cinema italiano, nel rispetto della sua grande tradizione e della sua capacità unica di emozionare il mondo.
Cambio della guardia al vertice di Engineering, multinazionale specializzata nella trasformazione digitale. Maximo Ibarra (foto Imagoeconomica sotto) ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato con effetto immediato. Al suo posto, il consiglio di amministrazione della società – controllata dai fondi Bain e Renaissance – ha nominato Aldo Bisio (foto Imagoeconomica in evidenza), ex numero uno di Vodafone Italia dal 2014 al 2024.
MAXIMO IBARRA EX AD ENGINEERING
Prima della sua lunga esperienza in Vodafone, Bisio ha ricoperto incarichi di rilievo in Ariston Thermo e in McKinsey. Attualmente siede anche nel board di Coesia, produttore globale di soluzioni industriali per l’imballaggio.
Il bilancio della gestione Ibarra
Maximo Ibarra lascia Engineering dopo quasi quattro anni di gestione che hanno visto la società crescere significativamente: circa 14.000 dipendenti, oltre 80 sedi tra Europa, Stati Uniti e Sud America, con un fatturato che ha raggiunto quasi 1,8 miliardi di euro, generato da oltre 70 società controllate in 21 Paesi.
«Negli ultimi mesi ho maturato la volontà di prendermi del tempo per valutare nuovi progetti professionali», ha dichiarato Ibarra, aggiungendo che resterà disponibile fino al prossimo 1° settembre per garantire un efficace passaggio di consegne e che continuerà a essere investitore nella società.
La sfida per Bisio: crescita e nuove operazioni strategiche
Il presidente di Engineering, Gaetano Micciché, ha ringraziato Ibarra per il lavoro svolto ed espresso fiducia nella capacità di Bisio di guidare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo e innovazione.
Tra i primi dossier sul tavolo del nuovo amministratore delegato c’è la valutazione sulla vendita di Municipia, società del gruppo attiva nei servizi ai Comuni. Engineering ha incaricato Klecha di esplorare il mercato alla ricerca di investitori interessati, con una valutazione che si aggira intorno ai 250 milioni di euro.
Bersani e politica che si fa con l’orecchio a terra: dallo sciopero delle prostitute ai rimpianti sullo ius soli
Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorre episodi della sua vita politica e personale: dalle liberalizzazioni allo sciopero delle prostitute, passando per il rimpianto sullo ius soli.
Pier Luigi Bersani (foto Imagoeconomica in evidenza), ex segretario del Pd, si racconta in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera, ripercorrendo episodi personali e politici che hanno segnato la sua vita e l’Italia contemporanea.
Nel suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles” (Rizzoli), Bersani intreccia la politica, le battaglie sociali e i ricordi personali, come l’episodio curioso dello sciopero delle prostitute a Piacenza negli anni Settanta e la protesta dei commercianti sotto casa dei suoi genitori a Bettola, quando da ministro avviò le famose liberalizzazioni.
L’episodio delle prostitute e la lezione sulla politica
Durante la pedonalizzazione di un tratto della via Emilia, le prostitute protestarono. Il giovane Bersani, allora responsabile cultura del Pci locale, seguì l’episodio da vicino: «Un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti, anche quelli più difficili», ricorda.
Le liberalizzazioni e il pullman a Bettola
Nel 1996, da ministro, la sua “lenzuolata” per liberalizzare il commercio suscitò la rabbia dei commercianti. Una delegazione arrivò addirittura sotto casa dei suoi genitori. Ma l’accoglienza calorosa dei suoi — ciambelle e vino bianco — trasformò la protesta in una festa, segnando un inatteso boomerang per i contestatori.
La sfida canora con Umberto Eco
Bersani racconta anche della famosa sfida canora al convegno di Gargonza nel 1997, quando sconfisse Umberto Ecointonando canti religiosi: «Da noi era obbligatorio fare i chierichetti, non iscriversi subito alla Fgci».
Il rimpianto dello ius soli
Se fosse diventato premier nel 2013, Bersani avrebbe voluto introdurre lo ius soli con un decreto legge già alla prima seduta del Consiglio dei Ministri. Un rimpianto che ancora oggi pesa: «Se parti dagli ultimi, migliori la società per tutti».
I 101 e la caduta di Prodi
Bersani ammette di conoscere l’identità di circa «71-72» dei famosi 101 franchi tiratori che affossarono Romano Prodinella corsa al Quirinale. «C’erano renziani e non solo. Alcuni mi confessarono la verità piangendo».
Il rapporto con la morte
Dopo un grave problema di salute nel 2014, Bersani parla della morte con una serenità disarmante: «È più semplice di quanto pensassi. È la vita che si riassume in quell’istante». La sua fede è ora una ricerca continua: «Chi ha già trovato dovrebbe continuare a cercare».