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Napoli-Milan primo round, al Maradona per lo scudetto

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Una Napoli già pronta alla festa, con 26 calciatori che non possono ancora godersela, perché non si può far riposare la mente nella lotta con l’avversario più forte ora, l’aritmetica. A 11 partite dalla fine del campionato il Napoli ha 19 punti di vantaggio sulla seconda, la Lazio, e 21 sulla terza Inter. Ci vorrebbe una resa per la festa che i napoletani immaginano a fine aprile, magari vincendo il 23 in casa della Juventus oppure la settimana successiva nel match con la Salernitana al Maradona. Le strade sono tante, come quelle già decorate con le bandiere e gli striscioni azzurri che volano da un palazzo all’altro, ma Spalletti per ora è chiaro: parlando con i giocatori, vuole il massimo della concentrazione già dalla sfida con il Milan, con il campionato che torna a occupare la testa della rosa azzurra, quasi tutta andata in giro per il mondo con le nazionali. Test atletici e pronta lucidità in questi giorni a Castel Volturno per una formazione avviata al top, con Mario Rui pronto a giocare da terzino sinistro e Lozano da ala destra nei due ruoli finora con più cambi dal 1′.

Per il resto formazione solita con una nuova maschera, quella di Meret che nel match contro il Torino ha subito una piccola frattura al setto nasale in uno scontro di gioco e da domenica viene tutelato in campo da una protezione molto somigliante a quella portata, ormai quasi solo come talismano, da Osimhen. Le firme principali della miglior difesa, 16 gol subiti in 27 partite di campionanto, e del miglior attacco, 64 gol fatti finora, di un Napoli che ha Meret e Osimhen mascherati, ma ha il chiaro obiettivo di far dire addio al Milan domenica prossima allo scudetto conquistato lo scorso anno.

A Napoli sale la voglia di tornare ad esultare nel Maradona che si annuncia già pieno per domenica sera e che si prepara a un nuovo sold out per la stessa sfida contro i rossoneri prevista per il ritorno dei quarti di Champions League del 18 aprile, con gli abbonati che hanno già cominciato in prelazione ad occupare i loro posti a tariffe da super Champions, con le curve a 72 euro. Ma le stagioni così i tifosi vogliono viverle fino in fondo, senza perdersene un attimo. Poi ci sarà l’estate per resistere alle offerte delle big europee per le stelle. In prima posizione c’è Osimhen, su cui pare pronto a puntare il Bayern Monaco del nuovo tecnico Tuchel che offre 120 milioni, ma dovrà vedersela con le offerte che arriveranno dalle big della Premier League. Il Napoli intanto si prepara a fare un nuovo contratto a Kvaratskhelia, dopo essere diventato in pochi mesi da sconosciuto a stella: l’idea del club sarebbe di allungare l’accordo fino al 2028 con un ingaggio che parta da 2.5 milioni arrivando facilmente a 4 con i bonus.

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Gravina-Lega di A e non solo, è tutti contro tutti

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San Siro per un giorno torna ad ospitare un ring. Niente sport, però, ma uno scontro da tutti contro tutti intorno al mondo del calcio e alle riforme: da un lato la Lega Serie A, dall’altra la Figc. Ma accanto all’incontro di cartello, c’è stato pure quello tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. In particolare, però, ad infiammarsi è stato lo scontro intestino nel pallone. La miccia era stata accesa ieri dal presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, che, intervenuto in commissione Cultura al Senato, aveva parlato di “rischio di derive autoritarie” da parte dei vertici della Figc. Parole che non sono andate giù al numero uno della federazione, anche perché pronunciate davanti a Claudio Lotito, presente alla seduta in quanto senatore pur non facendo parte della commissione. “Ci sono soggetti che pensano di gestire il mondo del calcio a proprio piacimento. Mi riferisco a Lotito e al lotitismo”, l’accusa di Gravina durante l’evento organizzato da Il Foglio a San Siro.

“Quando si parla di autonomia – ha aggiunto – bisogna capire come sia possibile che in Italia qualcuno sia allo stesso tempo presidente di una società, partecipa all’assemblea della Lega A, al Consiglio di Lega e al Consiglio Figc, è senatore, è vicepresidente commissione Bilancio, non fa parte della commissione Cultura ma partecipa ponendo domande”. Mettendo poi nel mirino anche Casini. “Parlare di derive di autoritaria è una mancanza di rispetto istituzionale. Si confonde con l’esercizio della democrazia”. Respingendo infine anche le lamentele per la scarsa autonomia: “La Serie A gode già della massima autonomia. Lo è nell’ organizzare i propri tornei, nella determinazione e nella valorizzazione dei suoi brand, nella gestione dei diritti tv”. Nemmeno due ore dopo, a salire sul palco è lo stesso presidente della Lega Serie A. Che respinge la palla nel campo avversario. “Non c’è nulla di personale, la Serie A nei poteri federali è sottodimensionata e questo porta a delle conseguenze, con rischi di derive autoritarie – ha ribadito Casini -. L’unico tentativo in tal senso è l’ipotesi di eliminare il diritto di veto. Se un sistema consente di proporre quello, significa che c’è qualche problema di equilibrio di poteri”. Finita qui? Tutt’altro, perché nel pomeriggio è arrivata la replica anche del patron della Lazio.

“Le dichiarazioni si commentano da sole: chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono”, dice Lotito, in una nota. E in serata, alla stessa Agenzia, una fonte della Figc precisa: “Nessun rancore, è solo una questione di rispetto per la Federazione. Il presidente ha manifestato preoccupazione per la gravità delle parole di Lotito in Commissione quando ha parlato di ‘ritorsioni’ verso chi non si allinea alla politica di Gravina. Basta riascoltare – si conclude da via Allegri – la registrazione sul sito del Senato”. Mentre dal mondo politico arrivavano dichiarazioni per l’una o l’altra parte, non sono mancati i tentativi di rasserenare l’ambiente: “La Lega A può rivendicare diritti che possono essere migliorati, ma quando subentra la litigiosità questa situazione non può portare giovamento”, ha detto l’ad dell’Inter, Giuseppe Marotta, sempre durante l’evento a San Siro.

“Cerchiamo di evitare contrapposizioni, perché è tutto a danno del calcio e non ci saranno né vincitori e né vinti”, gli ha fatto eco Malagò. Ma anche lo stesso numero uno del Coni è finito al centro di un botta e risposta col ministro Abodi, in merito al suo mandato, che scadrà nel maggio 2025, a nove mesi dalle Olimpiadi di Milano-Cortina. “Io non credo agli uomini e alle donne della provvidenza. Per cui quando un mandato finisce la vita continua e il mondo va avanti”, la dichiarazione in mattinata di Abodi. “Cambiare a pochi mesi dalle Olimpiadi non mi sembra una buona idea. Poi in questo Paese però non credo ci sia abbastanza da stupirsi”, “la replica di Malagò.

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La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

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Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

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Osimhen: io non mi arrendo mai, mi impegno sempre al massimo

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“Io mi definisco determinato, penso di essere quel tipo di persona che non si arrende mai, in qualsiasi circostanza mi trovo. Cerco sempre di impegnarmi al massimo per raggiungere quello che mi sono prefissato”. Lo ha detto Victor Osimhen in un’intervista con la piattaforma digitale sullo sport Betsson Sport pubblicata su Youtube dal club azzurro. Osimhen parla di se stesso in un’intervista alla fine di una stagione amara per il Napoli, che sarà la sua ultima in maglia azzurra. I tifosi del Napoli “sono straordinari – spiega – quando devo cercare una parola per descriverli resto senza parole perché sono assolutamente travolgenti. E’ elettrizzante, una città così grande che prende il calcio così seriamente e il modo in cui i tifosi supportano la squadra è veramente da non credere. Per me è una sensazione fantastica, a Napoli sono i tifosi che rendono la quadra ciò che è. Il modo in cui tifano la squadra e ogni giocatore è davvero incredibile”.

Osimhen, autore quest’anno di 15 gol in 28 partite in una stagione che lo ha visto assente per due periodi, prima per l’infortunio e poi per la Coppa d’Africa, spiega il suo rituale prepartita: “Prima di tutto dico le mie preghiere – ha detto – visto che sono molto credente, e ascolto alcune canzoni che mi motivano. Poi, ripenso alla partita precedente, a tutti gli errori che ho fatto così da poterli correggere. Se non segno comunque provo ad aiutare la squadra, provo a difendere, provo a vincere e a combattere per loro sul campo”. Alla domanda sul momento importante che ha avuto nella sua carriera, Osimhen ricorda che “il momento chiave – ha detto – è quando ho firmato per lo Charleroi in Belgio.

Prima, quando mi sono trasferito al Wolfsburg, volevo tanto cominciare a giocare, ma anche imparare perchè mi sono trasferito come un giovane attaccante e avevo bisogno di tempo per trasformarmi nel giocatore e nell’uomo che volevo diventare. A quel tempo ho potuto giocare con grandi giocatori come Draxler, Schurrle, Guilavogui, venne anche Mario Gomez, per me è stata un’opportunità per imparare una o due cose da alcuni dei più grandi attaccanti di quel periodo. Poi mi sono trasferito in Belgio ma sono stato rifiutato da due club lì, prima che finalmente lo Charleroi mi offrisse un contratto. Quello è stato davvero il momento che mi ha fatto diventare il Victor Osimhen che vedete ora”.

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