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Cronache

Msc Opera torna a Venezia a due settimane dall’incidente

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A due settimane esatte dall’incidente nel canale della Giudecca, la nave da crociera Msc Opera è tornata a solcare la laguna di Venezia, passando davanti a San Marco, per imbarcare alla Stazione Marittima un nuovo ‘carico’ di turisti. Proprio il 2 giugno scorso a causa di una avaria era finita contro la banchina di una riva, distruggendo l’antica pietra d’Istria della pavimentazione, e sbattendo contro un’altra imbarcazione piu’ piccola adibita al trasporto fluviale. Neppure la grande manifestazione di otto giorni fa con il fragoroso ‘no’ di migliaia di persone dei comitati che si oppongono al passaggio dei ‘grattacieli del mare’ in centro storico ha sortito un qualche effetto. Per adesso nulla cambia. Alle 7 di stamane i veneziani che stavano passeggiando tra San Marco e le Zattere hanno prima pensato ad una allucinazione, poi quando la sagoma della Msc, con la prua leggermente ammaccata, scortata da tre rimorchiatori, si e’ incuneata nella via d’acqua che conduce al Porto non ci sono stati piu’ dubbi. Dopo il dissequestro dell’imbarcazione avvenuto nei giorni scorsi, la nave ha ripreso la normale programmazione crocieristica settimanale nel Mediterraneo orientale. In linea con le nuove regole imposte dalla Capitaneria di Porto a seguito dell’incidente, sono ora tre i rimorchiatori destinati a trainare le imbarcazioni di maggior stazza – a cui e’ stata peraltro imposta una velocita’ di navigazione ancora piu’ bassa – nel tragitto dal Lido alla Stazione Marittima. Nel frattempo a Venezia continua il dibattito sulle ipotesi messe in campo dal ministro dei trasporti Danilo Toninelli dopo la sua visita in citta’ per valutare il modo migliore per risolvere il nodo sempre piu’ intricato della presenza delle Grandi Navi in citta’. Toninelli ha bocciato seccamente l’idea, vista invece con favore dal sindaco Luigi Brugnaro e dal governatore Luca Zaia, di scavare e allargare il canale Vittorio Emanuele, preferendo l’ipotesi di San Nicolo’ o di Chioggia. Senza escludere di indire un referendum per conoscere l’opinione dei cittadini e preannunciando, senza fornire particolari, una soluzione temporanea al problema.

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Cronache

Cristina Seymandi: «Io non sono fragile. Sono antifragile»

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Intervista al Corriere della Sera. Dopo il video virale che l’ha travolta, l’imprenditrice torinese racconta come ha trasformato l’umiliazione pubblica in una forza interiore e personale. Ora pubblica un libro e rilancia: “Non mi sono reinventata, sono sempre stata questa”

La notte che cambiò tutto

Era la sera del suo 47esimo compleanno, il 27 luglio 2023. Cristina Seymandi, imprenditrice nota nella Torino bene, attendeva l’annuncio del matrimonio da parte del suo compagno, Massimo Segre, banchiere e commercialista. Invece, lui la lasciò pubblicamente davanti a tutti gli invitati, accusandola di infedeltà. Il video della scena diventò virale e fece il giro del mondo. Oggi Seymandi racconta quella notte e tutto ciò che è seguito in un’intervista al Corriere della Sera.

«Mi sono rivista nel film La donna della domenica», confessa. «Una villa in collina, gli abiti estivi, e tutti che si chiedono: chi è il colpevole?».

Il libro e la scelta del titolo

A un anno da quell’episodio, Cristina pubblica un libro: Antifragile si diventa. Verso una libertà autentica (Cairo Editore). Una risposta ai tanti che le hanno chiesto: come hai fatto a reggere l’onda d’urto?

«Antifragile è la parola giusta. Non sono mai andata contro le cose con violenza, ma non ho mai ceduto. Ho sempre cercato la sfida. Anche quando lavoravo in Comune non mi sono limitata al ruolo: ho creato un tavolo con i cittadini, prendendomi insulti ma lasciando un segno».

Dai sogni spezzati alla rinascita

Il primo gesto antifragile della sua vita? «Scegliere Lettere invece di Giurisprudenza. Mio padre smise di parlarmi e non mi pagò gli studi. Ho iniziato a lavorare, diventando autonoma: cameriera, promoter, baby sitter, ripetizioni… è lì che ho iniziato a costruirmi».

Nel celebre video, Seymandi rimane in silenzio. Era torinesità o lucidità? «Non ho parlato perché ero preoccupata per lui, non per me. Non credevo alle mie orecchie. Non era il luogo per rispondere. Il dialogo mancato? Se l’altro non si apre, il dialogo non può esserci».

La violenza del web e la forza del silenzio

«Quel video ha attivato la magistratura, che ha riconosciuto nelle offese ricevute discriminazioni di genere. Le parole feriscono più delle botte. Io ho retto, ma c’è chi crolla. Ho ricevuto messaggi terribili, ma anche richieste di aiuto e sostegno. Per questo ho scritto il libro: per condividere strumenti di resistenza».

Alla richiesta di archiviazione dei pm, che sostenevano che «sui social non si può pretendere eleganza», risponde: «È stata la conferma che stavo combattendo una battaglia che non era solo mia».

Consigli e nuove consapevolezze

«Cosa fare davanti a un’ondata di odio? Spegnere il cellulare, farsi una passeggiata. I social sono vetrine temporanee. Le persone che giudicano non sanno nulla. Io non ero io, per loro. E poi ho una figlia, Ginevra, da proteggere: ho pensato a lei, e sono andata a lavorare».

Il libro è dedicato a lei e a Raffaella, la sorella minore morta in un incidente aereo in Ciad: «Dovevo partire io, non lei. Da allora, ogni giorno è un giorno in più per amare e imparare».


L’amore, la carriera e il presente

Ha ritrovato l’amore? «Sì, con un uomo meraviglioso. Ognuno a casa propria. Niente velleità da Grande Fratello». E sulla fiducia negli uomini: «Quando una storia finisce, le colpe sono sempre in due. Se lui era sbagliato, io l’ho scelto».

Oggi è vicepresidente del Savio Group Spa, advisor di Ward Howell International, e si occupa di progettazione europea. «Non mi sono reinventata. Sono sempre stata questa. E no, non sono fragile. Sono antifragile».

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Cronache

Tragedia a San Gregorio di Catania: muore 23enne, il padre fermato per omicidio

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Durante una festa per un diciottesimo compleanno nella villa di famiglia, Carlo La Verde è stato colpito a morte da un proiettile esploso dalla pistola del padre durante una colluttazione. Il 62enne Natale La Verde è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario.

Una festa trasformata in incubo

La villa l’avevano chiamata Heaven, paradiso. Una splendida proprietà con vista mare a San Gregorio, nel catanese, dove da tempo la famiglia La Verde organizzava feste ed eventi. Sabato sera, durante un diciottesimo, il paradiso si è trasformato in teatro di una tragedia.

Secondo le prime ricostruzioni, un gruppo di ragazzi non invitati si sarebbe introdotto nel locale, generando tensioni tra gli imbucati e gli invitati. Tra questi anche Carlo La Verde, 23 anni, figlio del proprietario, che insieme ad alcuni amici avrebbe provato a farli uscire.

I colpi partiti dalla pistola del padre

Allarmato dalle urla, Natale La Verde, 62 anni, padre di Carlo, avrebbe afferrato una pistola 357 Magnum appartenente alla famiglia, regolarmente denunciata, e avrebbe sparato in aria per intimidire. Ma nel tentativo di disarmarlo da parte dei presenti, è scoppiata una colluttazione. Nella confusione, sono partiti due colpi: uno ha colpito mortalmente Carlo all’addome, l’altro ha ferito lievemente a un piede un 31enne.

Carlo, studente universitario di Economia e Impresa, appassionato di sport e viaggi, è morto sul colpo. Inutili i soccorsi del 118, che hanno trovato un clima di altissima tensione.

Il fermo e le indagini

Il padre è stato fermato dai carabinieri per omicidio volontario. La pistola, appartenuta al nonno della vittima, è stata sequestrata. A condurre le indagini saranno anche gli esperti della Sezione investigazioni scientifiche del comando provinciale di Catania.

Sotto esame anche le tensioni scoppiate all’arrivo dei soccorsi: alcuni amici della vittima avrebbero aggredito il personale del 118, accusato di essere arrivato in ritardo. «Ci state impedendo di aiutare chi ha bisogno di noi», hanno replicato i sanitari.

Le reazioni e lo sciopero simbolico

Il presidente della Seus 118, Riccardo Castro, ha parlato di «un ennesimo atto di violenza che suscita preoccupazione e indignazione». Il direttivo Coes Sicilia, che rappresenta gli autisti soccorritori, ha indetto uno sciopero simbolico di tre ore per il 1° maggio: sarà affissa una locandina di protesta sui mezzi, ma il servizio di emergenza sarà comunque garantito.

Intanto, il sindaco di San Gregorio, Sebastiano Sgroi, ha definito quanto accaduto «una tragedia che lascia senza parole» e che ha colpito «una famiglia nota e perbene».

 

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Cronache

Ponte sullo Stretto, il vice della Dna Michele Prestipino indagato per rivelazione di segreti d’ufficio

L’accusa riguarda un presunto scambio di informazioni riservate sulle inchieste antimafia in corso. Revocate le deleghe, il magistrato si è avvalso della facoltà di non rispondere.

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Dalle indagini ancora aperte della Procura di Caltanissetta sulle stragi di mafia del 1992 è nato un nuovo filone giudiziario con possibili conseguenze dirompenti. Il protagonista è Michele Prestipino (foto Imagoeconomica in evidenza), attuale procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia (Dna), finito sotto inchiesta per violazione di segreto d’ufficio. L’accusa è legata non agli eventi di trent’anni fa, ma a un presunto scambio di informazioni riservate su inchieste in corso relative a infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori del ponte sullo Stretto di Messina.

Le accuse: “Rivelò informazioni riservate a De Gennaro e Gratteri”

Secondo quanto comunicato dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, Prestipino avrebbe rivelato dettagli riservati delle indagini in corso a Giovanni De Gennaro, ex capo della Polizia e presidente del consorzio Eurolink, e a Francesco Gratteri, ex direttore del Servizio centrale anticrimine e oggi consulente della Webuild. L’incontro incriminato risale al 1° aprile, in un ristorante del centro di Roma. In quell’occasione, il magistrato avrebbe parlato anche dell’uso di intercettazioni e di altri particolari investigativi rilevanti, rischiando di compromettere le inchieste in corso.

L’accusa più grave riguarda l’aggravante di favoreggiamento dell’associazione mafiosa, poiché si ipotizza che Gratteri, per conto anche di De Gennaro, possa aver allertato alcuni soggetti coinvolti nelle indagini.

La microspia e le indagini sul Ponte

La rivelazione delle informazioni sarebbe stata registrata da una microspia che gli investigatori avrebbero installato per altre finalità, forse legate alle indagini ancora in corso sulla strage di via D’Amelio e sulla scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. Da quelle intercettazioni sarebbe emerso che Prestipino avrebbe informato i due prefetti in pensione sull’interesse delle cosche calabresi agli appalti del Ponte, un’infrastruttura sotto la lente di diverse Procure, anche del Nord, coordinate dalla Dna.

Revoca delle deleghe e silenzio difensivo

Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha revocato a Prestipino, «con effetto immediato», le deleghe relative al coordinamento delle inchieste sul Ponte, adottando inoltre ulteriori misure per proteggere la riservatezza e l’efficacia delle attività della Dna, come comunicato al Csm e al procuratore generale della Cassazione.

Ieri Prestipino si è presentato a Caltanissetta ma si è avvalso della facoltà di non rispondere, come consigliato dal suo legale Cesare Placanica, il quale ha sollevato dubbi sulla competenza territoriale della Procura di Caltanissetta, sottolineando che il presunto reato sarebbe avvenuto a Roma. Il legale ha aggiunto che, chiariti questi aspetti, sarà la difesa a chiedere un interrogatorio, convinta che sarà agevole chiarire ogni punto.

Le parole della difesa

Placanica ha precisato che la conversazione è avvenuta non con imprenditori o soggetti mafiosi, ma con due ex alti funzionari dello Stato, noti per il loro contributo alla lotta alla criminalità organizzata. Ha definito «lunare e privo di ogni aderenza alla realtà» qualsiasi accostamento tra Prestipino e la mafia, ricordando la sua carriera trentennale nell’antimafia a Palermo, Reggio Calabria e Roma.

Una vicenda delicata, con ricadute potenzialmente gravi

Al di là del merito dell’accusa e dell’esito del procedimento, la vicenda tocca nervi scoperti delle istituzioni: la tenuta delle indagini antimafia, la trasparenza nella gestione delle grandi opere pubbliche e la credibilità degli apparati dello Stato. Il caso Prestipino, insomma, va oltre l’aspetto giudiziario e apre scenari delicati per la magistratura e la politica.

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