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Esteri

Mosca trascina Biden alla “guerra dei prigionieri”

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La Russia trascina gli Usa alla ‘guerra dei prigionieri’, in un confronto diretto nel conflitto ucraino che Joe Biden ha sempre voluto evitare. Mosca ora puo’ giocare la carta di Alexander Drueke e Andy Huynh, i due veterani americani catturati in Ucraina che rischiano la condanna a morte come foreign fighter e di cui ha gia’ trasmesso un video propagandistico, mentre e’ ancora ignota la sorte di un terzo veterano scomparso in aprile, l’ex ufficiale dei Marine Grady Kurpasi. Il Cremlino inoltre ha altre pedine su cui far leva: Marc Fogel, ex diplomatico appena condannato a 14 anni per traffico di marijuana, la star del basket femminile Brittney Griner, che rischia una condanna simile per reati analoghi, e l’ex marine Paul Whelan, che deve scontare 16 anni per spionaggio. Tutti ‘ostaggi legali’ che rappresentano una preziosa merce di scambio per altri prigionieri russi, come gia’ avvenuto in aprile tra l’ex marine Trevor Reed e il pilota (trafficante di droga) Konstantin Yaroshenko. In lizza per il prossimo giro, da parte del Cremlino, Viktor Bout, famigerato trafficante di armi conosciuto anche come ‘il Mercante di morte’. I riflettori adesso sono puntati su Drueke e Huynh, che hanno parlato con la tv di regime Russia Today da un centro di detenzione del Donbass, il giorno dopo che il Daily Telegraph aveva riportato la notizia della cattura dei primi cittadini americani che combattono volontariamente a fianco degli ucraini. I due veterani – Drueke ha servito due volte in Iraq, Huynh ha lavorato nei Marines a Okinawa – sono stati presi dopo essere stati mandati al fronte la scorsa settimana vicino a Kharkiv. Nel video hanno raccontato che, sotto il comando dei servizi di sicurezza ucraini, dovevano coprire la ritirata delle forze ucraine e che dopo aver svolto il loro compito si sono rifugiati in una buca senza essere visti. Ma con l’infuriare della battaglia non sono stati recuperati tramite l’aiuto dei droni e cosi’, “abbandonati nella foresta”, hanno cominciato a camminare per ore finche’ sono incappati in una pattuglia russa e si sono arresi. Entrambi assicurano di essere trattati bene, con cibo, coperte e sigarette, ma Drueke racconta di aver sentito voci che potrebbero essere condannati a morte. Come i tre foreign fighter, due britannici e un marocchino, catturati nella battaglia di Mariupol. Anche loro, del resto, si sono uniti ad un gruppo di mercenari stranieri, prevalentemente americani e francesi, la ‘Task Force Baguette’, dove erano soprannominati ‘Bama’ e ‘Hate’. I due veterani fanno poi una serie di dichiarazioni apparentemente funzionali alla propaganda russa: affermano di aver visto anche l’altra faccia della guerra, ossia i bombardamenti ucraini contro i civili a Donetsk; denunciano la “corruzione” e il “cattivo addestramento” delle unita’ ucraine con cui hanno combattuto e invitano i loro colleghi veterani a non andare nel Paese. A confermare che i russi intendono giocare duro e’ anche la condanna a 14 anni in un carcere di massima sicurezza per Marc Fogel, che lavorava all’ambasciata Usa a Mosca sino a maggio 2021 ma che quando e’ stato arrestato due mesi dopo all’aeroporto era gia’ diventato un docente di inglese alla Anglo-American School. Aveva con se’ 17 grammi di marijuana prescritta dal medico dopo un intervento chirurgico e ignorava che fosse vietata in Russia per scopi terapeutici, secondo la sua versione. Per l’accusa invece l’aveva ben nascosta nei bagagli in un paio di scarpe da ginnastica, dentro un contenitore per lenti a contatto. Alla fine si e’ dichiarato colpevole di detenzione, contrabbando e produzione di narcotici. Una grana in piu’ per la Casa Bianca.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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