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Mosca avvia il voto farsa nelle regioni occupate

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Quasi un anno fa i territori ucraini occupati dai russi nelle regioni di Kherson, Donetsk, Lugansk e Zaporizhzhia votavano in un referendum farsa per essere annessi alla Russia. Oggi, con la stessa credibilità, cominciano le elezioni politiche per scegliere i rappresentanti di questi territori, in un processo che non viene riconosciuto né dalla comunità internazionale né tantomeno dall’Ucraina, che ha invitato a non recarsi alle urne e, se possibile, a lasciare la regione o le proprie case in questo periodo. Si parte dal Sud, dove Kiev rivendica progressi sul campo di battaglia.

Nella parte di Zaporizhzhia occupata dai russi e più vicina al fronte, si voterà per scegliere l’assemblea regionale e i consigli comunali di 16 località. Anche nel Donetsk le elezioni cominceranno oggi, mentre a Lugansk e Kherson il 2 settembre. I russi hanno deciso di anticipare il voto rispetto alle giornate elettorali che nel Paese vanno dall’8 al 10 settembre. Non un’organizzazione facile considerando che le operazioni si svolgeranno porta a porta e dureranno otto giorni in 375 località per un totale di 214.000 elettori. Nel frattempo, sul campo, la controffensiva di Kiev sembra procedere sul fronte meridionale. Dopo aver rivendicato la presa di Robotyne e la rottura delle prime linee russe, l’esercito ucraino segnala progressi in direzione di Melitpol.

L’obiettivo finale è quello di sfondare le difese di Mosca fino al Mar d’Azov, interrompendo le linee logistiche e di comunicazione del Cremlino con le truppe a Kherson e in Crimea. Un lavoro che richiede tempo. “Criticare la lentezza della controffensiva equivale a sputare in faccia al soldato ucraino che sacrifica la sua vita ogni giorno”, ha tuonato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba dalla riunione ministeriale dell’Unione europea a Toledo. “Raccomando a tutti i critici di stare zitti”, ha aggiunto, esortando gli alleati a fornire più armi, comprese quelle a lungo raggio. Proprio con una di queste, ma di produzione nazionale, Kiev sarebbe riuscita a colpire un bersaglio a una distanza di 700 km. Non è stato precisato di quale obiettivo si trattasse, ma è facile notare che la dichiarazione del presidente Volodymyr Zelensky segue l’attacco avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì contro l’aeroporto militare russo di Pskov, a circa 700 km dal confine con l’Ucraina. In questa occasione sarebbero stati distrutti almeno 4 aerei da trasporto strategico russi Ilyushin Il-76.

Zelensky è anche alle prese con il caso del ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, accusato di corruzione su alcune forniture militari a prezzo gonfiato e dato per dimissionario: potrebbe essere riciclato come ambasciatore nel Regno unito. Intanto continuano anche le infiltrazioni da terra nei territori di confine. I servizi d’intelligence interna russi (Fsb) avrebbero sventato ieri un tentativo di sabotaggio ucraino nella provincia russa di Bryansk. Due sarebbero stati uccisi e cinque catturati. Sei le vittime, invece, a seguito dello scontro tra due elicotteri ucraini Mi-8 che si sono schiantati il 29 agosto durante una missione di combattimento vicino a Kramatorsk, nel Donetsk. Nei loro pressi volava un caccia russo Su-35. Sul piano diplomatico, invece, qualcosa si muove sul fronte grano. In attesa dell’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan, che dovrebbe avvenire il 4 settembre a Sochi, oggi si sono visti a Mosca i ministri degli Esteri dei rispettivi Paesi.

Il turco Hakan Fidan ha affermato che le Nazioni Unite hanno preparato delle proposte per il rilancio dell’accordo sull’esportazione di grano nel Mar Nero, con il contributo di Ankara. Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha detto di aver inviato a Lavrov alcune specifiche in merito. Meno entusiasmo, come prevedibile, da parte di Mosca. Lavrov ha sottolineato, di nuovo, che la Russia tornerà “immediatamente” all’accordo se sarà applicato l’annesso memorandum tra Mosca e l’Onu che prevede di togliere tutti gli ostacoli alle esportazioni dei cereali e dei fertilizzanti russi provocati dalle sanzioni. Una condizione che difficilmente si verificherà.

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Esteri

Airyn, figlia di Robert De Niro fa outing: sono trans

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Airyn De Niro fa outing: a 29 anni la figlia di Robert De Niro e della ex compagna Toukie Smith ha confessato alla rivista Them di aver cominciato il processo da cui emergerà come donna transgender. Airyn si è definita una “late bloomer”, una persona cioè che ha scoperto tardi un aspetto di sé importante come l’identità di genere. “Credo che una parte importante della mia transizione sia stata l’influenza delle donne nere su di me”, ha detto Airyn, la cui mamma, che è stata al fianco di De Niro dal 1988 al 1996, è afro-americana. “Credo che entrare in questa nuova identità, e al tempo stesso sentirmi più orgogliosa del mio essere nera, mi faccia sentire in qualche modo più vicina a loro”. Airyn ha raccontato di aver espresso un’identità femminile attraverso abiti, acconciature e comportamenti dalla scuola media, ma di aver iniziato la terapia ormonale solo nel novembre 2024.

“Una parte di me teme che possa ancora vedermi come la persona che ero prima della transizione”, ha detto parlando delle preoccupazioni per come la famiglia prenderà la transizione. Modelli di riferimento, come ha spiegato alla rivista che nel titolo “loro” ha adottato il pronome di chi non si identifica con maschile o femminile, sono state figure come Laverne Cox, Michaela Jaé Rodriguez e Jools Lebron. Airyn, che ha un fratello gemello di nome Julian, ha parlato anche della sua vita come una dei sette figli del leggendario attore hollywoodiano. “C’è una differenza tra essere visibili ed essere visti”, ha dichiarato: “Io sono stata visibile. Ma non credo di essere mai stata veramente vista”. La transizione di Airyn, che ora spera di poter intraprendere una carriera come consulente per la salute mentale, era stata anticipata in marzo dal Daily Mail che, dopo averla fotografata a New York, l’aveva definita “il figlio nepo baby di Robert De Niro”. Niente di più lontano dalla realta’, secondo Airyn: “Non sono cresciuta avendo una piccola parte nei film di papà o andando a riunioni d’affari o alle prime cinematografiche. Mio padre teneva molto al fatto che ciascuno di noi trovasse la propria strada. Vorrei che il mio successo arrivasse per merito mio”.

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‘Trump a Zelensky a S.Pietro, solo Usa riconosceranno la Crimea’

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Nel faccia a faccia in Vaticano il giorno dei funerali di Papa Francesco Volodymyr Zelensky avrebbe ribadito che non riconoscerà la Crimea come russa e Trump avrebbe chiarito che non glielo chiederà perché il piano è il riconoscimento della Crimea come russa da parte degli Usa, non dell’Ucraina. Lo riporta Axios che ricostruisce l’incontro. Zelensky avrebbe anche detto a Trump di non aver paura di fare concessioni per porre fine alla guerra, ma di aver bisogno di garanzie di sicurezza sufficientemente forti per farlo. Il leader ucraino avrebbe ribadito che Putin non si sarebbe mosso a meno che Trump non avesse fatto più pressione.

Una fonte avrebbe riferito che Trump ha risposto che avrebbe potuto dover cambiare il suo approccio nei confronti di Putin, come ha poi affermato nel suo post su Truth Social. Zelensky ha anche spinto a tornare alla sua proposta iniziale di un cessate il fuoco incondizionato come punto di partenza per i colloqui di pace, accettata dall’Ucraina ma respinta dalla Russia. Trump sembrava essere d’accordo. La Casa Bianca non ha confermato né smentito. Un portavoce di Zelensky ha rifiutato di commentare i contenuti dell’incontro.

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Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

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Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

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