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Milleproroghe, il “partito” della cannabis light ci riprova ma…

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L’eterno ritorno della legalizzazione della cannabis light. Un drappello composto da una trentina di deputati ha presentato un emendamento al decreto Milleproroghe per permettere la vendita e “qualsiasi uso” di prodotti che contengano cannabinoidi con un bassissimo contenuto di principio attivo. La proposta e’ firmata da Riccardo Magi, esponente radicale eletto con +Europa, e da parlamentari di tutta la maggioranza, tranne Italia viva. Per un capitolo che si riapre, un altro pare chiudersi. Il governo non sembra infatti voler fare passi indietro sulle norme sui monopattini, che permettono la loro circolazione equiparandoli alle bici. Il sottosegretario alle infrastrutture, Salvatore Margiotta (Pd), ha spiegato che sulla materia ci saranno semmai “interventi migliorativi”. Gli emendamenti presentati dai gruppi sono piu’ di 2 mila. Si ridurranno a 880 dopo la scrematura delle inammissibilita’ e la scelta dei gruppi, che dovranno indicare quali siano quelli che ritengono piu’ importanti. E poi ci sono le richieste del governo per stanziare 40 milioni per un piano di “verifiche preventive sui rischi strutturali” delle scuole e per introdurre dei meccanismi di elasticita’ delle “graduatorie concorsuali” per le scuole e “gli istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica”. In tema Universita’, il premier Giuseppe Conte ha invece spiegato che il governo sta studiando un emendamento per “immettere immediatamente nel sistema 1.600 nuovi ricercatori”. Gli emendamenti si fondono con la polemica politica. Contro quello sulla cannabis light si sono levate le proteste di Forza Italia, FdI e Lega. Matteo Salvini ha definito i promotori dei “parlamentari ignoranti”, ribadendo che “chi sceglie la Lega sceglie la lotta alla droga, ovunque”. Malgrado il largo schieramento di firmatari, la strada della liberalizzazione non e’ in discesa. A fine 2019, un’analoga richiesta e’ stata stralciata dalla manovra perche’ giudicata inammissibile. Sui monopattini, l’idea che ci potesse essere una frenata era stata suggerita dalle parole del sottosegretario ai Trasporti Roberto Traversi (M5s) che, in un incontro a Milano, aveva parlato di un emendamento al Milleproroghe per tornare “alla logica della sperimentazione”. Il dietrofront “sarebbe stato un grave errore – ha commentato il deputato di Iv Luciano Nobili – Sono felice che al Mit sia stato compreso”. Il deputato Pd Claudio Mancini ha chiesto invece di far slittare ulteriormente l’entrata in vigore dell’rc familiare, dal 16 febbraio al 16 giugno, e di introdurre un sistema che, in caso di incidenti provocati da chi ne abbia beneficiato, permetta alle assicurazioni di estendere il peggioramento della classe di merito anche agli altri componenti della famiglia. In pratica: se un familiare che gode della migliore classe di merito di un parente “virtuoso” provocasse un incidente, il conseguente peggioramento della classe di merito si rifletterebbe su entrambi. Restano poi i temi caldi. Quello delle concessioni autostradali, con le richieste di Iv di cancellare la norma che regola il processo di revoca, e l’emendamento su cui sta lavorando il ministero della salute per permettere ai medici di rimanere al lavoro anche oltre i 40 anni di servizio, e comunque entro i 70 anni di eta’. Mentre la deputata di Italia Viva Sara Moretto protesta contro gli emendamenti di Pd e M5s che, sostiene la parlamentare, intendono “concedere un’ulteriore proroga tout court rispetto al superamento del mercato tutelato dell’energia”.

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Trentuno anni senza Senna: ecco chi era Ayrton

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L’ho conosciuto quando correva in Formula Ford. Si chiamava ancora Ayrton Senna da Silva, ma poi scelse di usare solo il cognome della madre, Senna, di origini napoletane. Lì è cominciata la nostra storia. Una storia fatta di interviste, confidenze, sorrisi rubati tra le gomme di un box e silenzi che dicevano più di mille parole. L’ho seguito lungo tutta la sua carriera, e mi ha regalato non solo emozioni uniche da raccontare, ma anche tanti scoop, momenti che oggi custodisco come piccole reliquie dell’anima.

Ma quel primo maggio del 1994 non ero a Imola. Strano a dirsi, ma avevo l’esame di subacquea. Chi se la dimentica, quella giornata? Ero a Sant’Angelo, nella mia Ischia, e avevo appena finito la prova per il brevetto open. Stavo uscendo dall’acqua quando alcuni colleghi sub mi dissero: “Hai saputo? Senna ha avuto un brutto incidente.” Corsi a casa di mio fratello, dove alloggiavo in quei giorni, accesi la tv e arrivai giusto in tempo per sentire l’annuncio: Ayrton era morto. Una notizia che mi colpì con la violenza di un’onda improvvisa. Da allora, non riesco più a guardare la Formula 1. Ogni volta ci provo, ma i ricordi affiorano troppo forti, troppo vivi.

Vedo Ayrton mentre pulisce il casco con gesti metodici, seduto accanto a me su una pila di gomme durante la nostra prima intervista. Lo rivedo mentre mi fa entrare sul set di uno spot pubblicitario, sfidando lo sponsor, solo per farmi lavorare. Ricordo quando parlava solo con me per un’intervista sull’Europeo, mentre agli altri giornalisti non concedeva nulla. Quando telefonava con me al mio direttore di allora, Marcello Sabatini. E quella volta in cui mi offrì un pass per entrare al Gran Premio di Francia.

Ayrton Senna ai box intervistato da Anna Maria Chiariello

E poi l’ultima intervista, quando tutti dicevano che si sarebbe ritirato. Ai box, suo fratello, mamma Joanna. L’impegno silenzioso e profondo per aiutare i bambini sfortunati. La pasta asciutta mangiata tra amici, lontano dai riflettori. E quel messaggio registrato per un ragazzino in coma all’ospedale di Imola… “Ana, non lo scrivere,” mi disse. Sempre pudico, sempre discreto quando faceva del bene. Ne faceva tanto, ma non lo diceva a nessuno.

Ayrton è stata una perdita vera. Non solo per l’automobilismo, un mondo dove stava diventando scomodo, perché si batteva per la sicurezza. Non solo per la sua famiglia. Ma per tutti. Perché era un esempio positivo.

Addio, Ayrton. Trentuno anni dopo, il mio ricordo non è cambiato. È ancora lì, vivido, intatto. Come se il tempo si fosse fermato su quel primo maggio.

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Pedro salva la Lazio, con il Parma è 2-2 in rimonta

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Serviva una vittoria alla Lazio, ma contro il Parma arriva solo un pareggio che rischia di pesare come un macigno sulle ambizioni della squadra di Baroni. E che, a fine campionato, potrebbe rappresentare la differenza tra l’ingresso in Europa e una stagione senza coppe. Mentre per la squadra di Chivu il pari dell’Olimpico è un passo in avanti verso la salvezza con sette punti di vantaggio da gestire a quattro giornate dal termine sul Venezia terzultimo. Prima del match il ricordo di Papa Francesco sui maxischermi, con tutto lo stadio ad applaudire l’omaggio al Pontefice scomparso una settimana fa. Per i biancocelesti, però, arriva subito la doccia fredda con Ondrejka che, lasciato troppo solo, buca centralmente la difesa di casa trovando il vantaggio che porta avanti il Parma.

La Lazio non riesce a reagire, la squadra di Baroni appare spuntata rispetto alle ultime uscite. Servono addirittura 25 minuti per vedere la prima conclusione con il destro dal limite di Rovella, che però non centra nemmeno la porta. Il più intraprendente è Castellanos che trova anche il gol del pareggio in spaccata, ma in posizione di fuorigioco. Il primo tempo non regala altre emozioni con il duplice fischio dell’arbitro Sacchi che fa partire una bordata di fischi del pubblico di casa. E l’inizio della ripresa è ancora peggiore per i biancocelesti, ma dolcissimo per Ondrejka che, dopo aver vinto un rimpallo, trova l’incrocio di destro raddoppiando il punteggio e premiando la scelta di Chivu al di là di ogni più rosea aspettativa.

Il Parma è padrone del campo, Pellegrino si divora il tris a tu per tu con Mandas esaltando le doti del portiere biancoceleste. Baroni cerca la scossa inserendo Pedro per Dia, Chivu risponde con Djuric ed Hernani per Bonny e Pellegrino preferendo coprirsi. E la mossa del tecnico biancoceleste porta i risultati sperati con il guizzo di Isaksen a calciare in porta, ma trovando la risposta di Suzuki che blinda porta e risultato. Mentre dall’altra parte Mandas deve ancora superarsi per deviare in angolo il sinistro di Man. Ma proprio quando l’Olimpico, tra cori di contestazione al presidente e fischi ai subentrati Noslin e Tchaouna per gli errori dal dischetto in Europa League, cominciava a sentire odore di sconfitta ecco il gol di Pedro, bravo a spedire il sinistro sotto la traversa riaprendo i giochi.

La rete segnata accende la Lazio, lo spagnolo sale in cattedra e sigla anche il raddoppio, stavolta di testa fissando il punteggio sul 2-2 finale che evita la sconfitta ma rischia di lasciare rimpianti a fine stagione.

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Condannato a 30 anni per omicidio si nascondeva in B&B sul mare

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Lo hanno catturato i carabinieri, che si sono finti turisti, in un B&B in riva al mare nel Salento dove si era nascosto dopo una condanna definitiva a 30 anni di carcere per omicidio. È stato arrestato così Cosimo Mazzotta , 51 anni, leccese, latitante dallo scorso 8 marzo dopo che la sua condanna era stata confermata in via definitiva dalla Cassazione.

A trovarlo in un B&B di Torre Lapillo, nel comune di Porto Cesareo, sono stati i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale. Dopo prolungati appostamenti, servizi di osservazione e ricognizioni una coppia di carabinieri, fintisi turisti, hanno prenotato una stanza vicina a quella del latitante e hanno avvisato le altre pattuglie che hanno circondato la struttura ricettiva e hanno fatto irruzione, cogliendo Mazzotta di sorpresa.

Il 51enne, che si era registrato con un nome falso, al momento dell’arresto era da solo e non ha opposto resistenza, mostrandosi sorpreso per l’arrivo degli investigatori, ai quali ha raccontato che per non farsi scoprire aveva evitato qualsiasi rapporto con l’esterno, approfittando della vicinanza al mare per fare qualche passeggiata. L’uomo aveva con sè vari telefoni e diverse utenze telefoniche. La condanna a 30 anni di carcere era stata comminata dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto il 30 maggio del 2024, per l’omicidio in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, commesso il 17 marzo del 1999 del 21enne Gabriele Manca, coinvolto in contrasti legati allo spaccio di droga.

Il giovane fu assassinato in una zona di campagna a Lizzanello a pochi chilometri da Lecce. La vittima, secondo il quadro ricostruito dai carabinieri del ROS diciotto anni dopo il delitto, era stata uccisa a colpi di pistola sparatigli alle spalle mentre tentava la fuga da un commando di quattro persone che aveva organizzato una vera e propria esecuzione. Mazzotta è ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio.

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