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Corona Virus

Milano off limits per il coronavirus, assalto ai supermarket per fare incetta di generi di prima necessità

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Milano chiude per cercare di proteggersi dal Coronavirus. Dalle scuole ai teatri, fino ai musei, ai cinema, ai bar e ai locali notturni dalle 18 alle 6: tutto chiuso per 7 giorni che potrebbero anche diventare 14 in seguito all’ordinanza di Regione Lombardia, che prevede la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi o di ogni forma di riunione in luogo pubblico anche di carattere culturale. E la gente si riversa nei supermercati per riempire i carrelli di cibo, con lunghe code e scaffali vuoti. Con il passare delle ore, la citta’ pian piano chiude. Cancellata gia’ ieri Inter-Sampdoria, prevista in serata a San Siro, gia’ in mattinata ci sono i primi ingressi sbarrati di musei ed esposizioni e poi arriva la richiesta di chiudere le scuole da parte del sindaco, Giuseppe Sala, che ha definito l’intervento “prudenziale”, accolta poi dalla Regione. Le istituzioni culturali piu’ importanti della citta’ sospendono gli spettacoli e i cinema la programmazione dei film nelle sale. Il teatro alla Scala sospende tutte le rappresentazioni a titolo cautelativo fino a nuove disposizioni delle autorita’. Fuori dal teatro viene affisso un avviso in italiano e in inglese per comunicare la decisione ai turisti e ai cittadini. Cosi’ come fuori dalla Pinacoteca di Brera che oggi chiude in anticipo, alle 17, e rimarra’ chiusa fino al 2 marzo. Sospesi gli spettacoli anche al Piccolo Teatro fino a nuova comunicazione; chiusi poi l’Hangar Bicocca e il museo delle Gallerie d’Italia. Bar, locali notturni e gli esercizi di intrattenimento dovranno chiudere secondo l’ordinanza regionale dalle 18 alle ore 6.00, mentre non ci saranno limitazioni per i ristoranti. Anche il monumento simbolo della citta’, il Duomo, restera’ chiuso ai turisti in via cautelativa fino al 25 febbraio. I fedeli potranno entrare per pregare ma non potranno partecipare alle messe che sono state sospese fino a data da definire, come ha comunicato l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. Si salvano per il momento gli uffici pubblici della citta’, i negozi e tutto il sistema del trasporto pubblico ma, se la situazione dovesse “degenerare, nella fase due si potrebbero assumere iniziative piu’ drastiche e rigorose”, che in Cina sono state adottate “a Wuhan”, come ha spiegato il governatore lombardo, Attilio Fontana. Fontana si e’ detto pero’ convinto che “non si arrivera’ a questo”. Anche la Milano della moda ha preso le sue precauzioni: durante la settimana delle sfilate c’e’ chi ha deciso di sfilare a porte chiuse come Giorgio Armani e Laura Biagiotti. In centro citta’ non e’ stata una domenica come le altre: piazza del Duomo e corso Vittorio Emanuele non erano affollate di persone come sempre, niente code di turisti fuori dal Duomo, che oggi si poteva ancora visitare, e nemmeno fuori da Palazzo Reale, che ospita importanti mostre. Molti di coloro che non hanno rinunciato alla passeggiata in centro indossano una mascherina, “cosi’ ci sentiamo piu’ tranquilli”, hanno spiegato due ragazzi. Ed e’ scattato l’assalto ai supermercati dopo l’ordinanza della Regione: scaffali della carne e di frutta e verdura si sono svuotati rapidamente e alle casse ci sono lunghe file. Le persone girano anche con due o tre carrelli e alcune indossano mascherine. Decisamente una domenica diversa per una città che chiude per coronavirus.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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