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Politica

Meloni a Zelensky,non vi abbandoniamo. Rassicura sul Pnrr

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Dal sostengo incondizionato all’Ucraina, che non può essere abbandonata al suo destino, fino allo scenario economico che resta difficile mentre la manovra di bilancio è alle porte: “Le risorse non sono molte ma fa la differenza come vengono utilizzate. La stagione dei bonus e dei soldi buttati dalla finestra è finita” ha detto la premier Giorgia Meloni rivolgendosi agli imprenditori del Teha Forum di Cernobbio, rivendicando i risultati dell’Italia ottenuti in un contesto “impossibile”, dalla crescita del Pil ai dati sull’occupazione “importanti e poco raccontati”.

Sul lago di Como, Meloni ha incontrato di prima mattina il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, che ha passato la notte a Villa d’Este e si è allenato in palestra prima del vertice con la premier e di un’intervista concessa a diversi direttori di testate italiane. “Abbiamo discusso di come continuare a lavorare per arrivare a una pace giusta” ha spiegato Meloni. La guerra è adesso in una fase “di stallo”, condizione ideale per lavorare a soluzioni diplomatiche mentre Zelensky ha rilanciato il suo piano di pace che, una volta ultimato, vorrebbe presentare a Joe Biden ma anche ai due candidati presidenti degli Stati Uniti, Kamala Harris e Donald Trump. “Non ho mai cambiato idea, l’Ucraina non si deve lasciare al suo destino” ha ribadito Meloni, confermando il feeling con il leader ucraino che, a sua volta, è convinto che la guerra sia “più vicina alla fine” rispetto a due anni fa. Apprezzamenti per il sostegno dell’Italia arrivano dal commissario Ue Paolo Gentiloni, seduto in sala, che “apprezza” le parole di Meloni.

“Sono perfettamente in linea con la posizione dell’Ue”, evidenzia. L’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, anche lui a Cernobbio, si dice d’accordo con la postura “molto chiara” di Meloni. Ma poi lancia una frecciata: “Perché l’Italia non consente all’Ucraina di usare le armi che le fornisce per colpire le basi russe in Russia?”. Parole a cui Zelensky ha risposto indirettamente: “Non abbiamo problemi nelle relazioni con l’Italia”. Su Industria 5.0, lavoro, e digitalizzazione Meloni ha convinto gli imprenditori, confermando l’intenzione del governo di rivedere il piano di transizione energetica senza rinunciare agli obiettivi di decarbonizzazione. Le priorità nella manovra saranno i salari, la natalità e dare ossigeno alle imprese “che assumono”, mentre aumentano i contratti stabili e “si riduce il precariato”. Sullo sfondo rimane il dialogo aperto con l’Ue con le nomine dei commissari che si avvicinano. Il ministro Raffaele Fitto è il candidato dell’Italia che punta su una delega economica di peso.

Nonostante il ‘no’ di FdI al bis di Ursula von der Leyen, “non ho motivo di credere che all’Italia non le venga riconosciuto ciò che le spetta” ha commentato Meloni, “contenta” che a fare “valutazioni sulle grandi sfide dell’Europa” ci siano due italiani e due ex premier come Enrico Letta e Mario Draghi, al di là del fatto che “sono stata all’opposizione di entrambi”. La premier non si è sbilanciata sul successore di Fitto, ringraziando il ministro per il lavoro svolto sul Pnrr: “Con lui è stato in buone mani, non ho dubbi che lo sarà anche nei prossimi anni”. Anche perché “tutto il sistema Paese sta lavorando bene”, proprio ora che si entra nella fase “cruciale”, quella della messa a terra dei progetti e dei primi risultati tangibili. Intanto l’Ue sta lavorando alle nuove regole di bilancio “ereditando – ha sottolineato il commissario economico Paolo Gentiloni – il metodo del Pnrr” anche per segnare “un cambio di prospettiva” su come si ragiona e si costruisce una manovra di bilancio. E mentre non è ancora chiaro se il Pd voterà a favore della nomina di Fitto in Europa, come fecero con lui i Conservatori cinque anni fa, Gentiloni ha invitato il suo successore, chiunque esso sia, a essere “molto ambizioso”.

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Autovelox, scontro aperto tra Salvini e i sindaci: il Mit chiede numeri certi, l’Anci parla di vuoto normativo

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Il confronto sugli autovelox si fa sempre più acceso: da una parte il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, dall’altra l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani. Il nodo resta l’utilizzo dei dispositivi per il controllo della velocità, spesso al centro delle polemiche per un presunto impiego finalizzato a fare cassa più che a garantire la sicurezza stradale.

Il Mit chiede un censimento preciso

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha chiesto all’Anci dati dettagliati e non percentuali generiche: quanti autovelox sono installati in Italia e dove, suddividendo quelli fissi e mobili secondo la data di approvazione pre e post 13 giugno 2017, spartiacque normativo sulla validità delle omologazioni.

Il Mit ha sottolineato che il censimento è condizione essenziale per riattivare l’iter del decreto interministeriale sulle regole di omologazione, sospeso lo scorso 23 marzo per ulteriori approfondimenti.

I dati dei comuni non convincono il ministero

La risposta dell’Anci non ha soddisfatto il Mit: secondo quanto comunicato, il 59,4% degli autovelox fissi è stato validato prima del 2017, contro il 40,6% successivo. Per quelli mobili, il 67,2% risulta pre-2017, e il restante 32,8% post-2017. Ma il presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, ha sottolineato che la priorità è colmare il vuoto normativo: «La velocità è tra le prime tre cause di mortalità stradale», ha ribadito.

Il decreto fermato e il rischio paralisi

Il testo del decreto bloccato dal governo prevedeva che potessero essere usati solo i dispositivi vidimati dal 13 giugno 2017 in poi, con lo spegnimento temporaneo di quelli più vecchi. L’obiettivo era ridurre il caos di multe e ricorsi, alla luce anche della sentenza 10505/2024 della Cassazione, che ha fatto chiarezza sull’utilizzo degli apparecchi approvati ma non omologati.

Ma lo stallo attuale tra Mit e sindaci, unito all’assenza di regole condivise, rischia di lasciare gli automobilisti e gli enti locali in balìa di un sistema incerto e frammentato.

Salvini apre al dialogo

Nonostante lo scontro, il ministro Salvini ha rinnovato la disponibilità del Mit a collaborare con l’Anci per superare l’impasse e garantire regole chiare e trasparenti sull’uso degli autovelox, tutelando tanto la sicurezza quanto i diritti dei cittadini.

 

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Economia

Il Pil accelera a +0,3%. Giorgetti: noi meglio di altri

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L’economia italiana cammina. Non ancora a passo svelto, ma con un movimento che c’è e si vede, tanto da sorpassare anche i principali partner economici europei. Nei primi tre mesi dell’anno, ancora immuni dall’effetto panico scatenato dai dazi a livello globale all’inizio di aprile, il Pil è cresciuto dello 0,3%. Un buon inizio, considerando gli abituali ritmi di crescita italiani. L’accelerazione del primo trimestre 2025 rispetto al +0,2% di fine 2024 ha permesso all’Italia di superare la crescita più modesta di Germania e Francia, rispettivamente +0,2% e +0,1%, e di piazzarsi appena sotto la media dell’Eurozona, che nello stesso periodo ha messo a segno un +0,4%.

La Spagna continua a registrare percentuali invidiabili (+0,6% trimestre su trimestre), ma aver scavalcato Berlino e Parigi non ha lasciato indifferenti gli esponenti del governo. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è stato il primo a rivendicare il risultato, sottolineando “la crescita migliore rispetto ad altri paesi europei”, oltre che “la correttezza delle previsioni e l’efficacia delle politiche economiche del governo”. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, lo ha seguito a ruota evidenziando la crescita dei comparti produttivi, ovvero industria e agricoltura. La maggioranza ha poi fatto eco, parlando di dati incoraggianti e di successo del governo Meloni. Ma per l’opposizione la chiave di lettura è ribaltata: il M5S definisce la crescita “misera”, mentre il Pd torna a puntare il dito sui bassi salari.

A soffiare sul fuoco arrivano infatti i dati dell’Ocse sul cuneo fiscale: per i single senza figli ha raggiunto in Italia il 47,1% del costo del lavoro, confermandosi largamente sopra la media del 34,9%. Rispetto al 2023, il 2024 ha registrato un aumento di 1,61 punti, il più significativo tra i Paesi aderenti all’organizzazione. I salari italiani, al centro proprio in questi giorni dell’attenzione anche di Sergio Mattarella, devono peraltro fare i conti anche con un’inflazione che torna a farsi sentire. La prima fotografia dell’Istat sul mese di aprile vede infatti un rialzo dell’indice generale dall’1,9% al 2% e un ancora più marcato aumento del cosidetto carrello della spesa dal 2,1% al 2,6%, trascinato dai prezzi degli alimentari. Sul piano macro, l’inflazione potrebbe in realtà aiutare la riduzione del debito ma più di tutto, per tenere sotto controllo i conti, è la crescita che serve.

Grazie alla mini-spinta del 2024 e al risultato del primo trimestre, il Pil acquisito per il 2025 si attesta allo 0,4%, percentuale poco al di sotto il +0,6% delle previsioni del Documento di finanza pubblica presentato dall’esecutivo a metà aprile. Mantenendo la via ufficiale della prudenza, d’obbligo considerata l’incertezza geopolitica, commerciale e finanziaria a livello internazionale, Giorgetti ha aperto pochi giorni fa uno spiraglio di fiducia, non escludendo la possibilità di una revisione addirittura al rialzo delle stime. Ma le incognite restano, a partire dall’effetto dazi, che per ora risulta evidente solo sull’economia americana, e dalle spese per la difesa. Il governo italiano ha chiarito più volte che per il momento non intende attivare la clausola di salvaguardia Ue per aumentare la spesa in armamenti.

Ma la Bce già avverte sui potenziali rischi. Nei Paesi Ue ad alto debito, fra cui l’Italia, in caso di attivazione di una maggiore flessibilità, il calo del rapporto fra debito e Pil, previsto a partire dal 2027-2028 in base alle stime della Commissione europea, slitterebbe di quattro anni al 2031. Complessivamente, secondo la Banca centrale “la messa in pratica della nuova governance economica è circondata da significativa incertezza”, che rende “fondamentale” una piena realizzazione degli impegni presi nei Psb nazionali e in particolare “l’effettiva implementazione delle riforme e degli investimenti” previsti per rilanciare la crescita.

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Politica

Meloni rilancia con Erdogan, interscambio a 35 miliardi

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Il partenariato fra Italia e Turchia ha un nuovo obiettivo, 40 miliardi di dollari (35 miliardi di euro) di interscambio commerciale nel medio periodo. È il principale traguardo fissato dal quarto vertice intergovernativo, in cui Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdogan hanno rilanciato l’asse fra i due Paesi, con posizioni allineate sulla difesa dell’integrità dell’Ucraina, per la spinta a una soluzione della crisi a Gaza, e a rafforzare l’autonomia industriale europea e mediterranea. E nella dichiarazione finale c’è anche un capitolo, più delicato diplomaticamente, in cui Roma e Ankara si dicono “impegnate a sostenere i tre pilastri del sistema delle Nazioni Unite, ovvero pace e sicurezza, sviluppo e diritti umani”.

Sullo sfondo c’è anche il caso dell’arresto per corruzione del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, principale oppositore di Erdogan in vista delle prossime presidenziali. Una vicenda che le opposizioni in Italia hanno chiesto a più voci alla premier di sollevare. E su cui, soprattutto, Bruxelles ha espresso segnali di preoccupazione e che certo non aiuta a sbloccare i negoziati di adesione all’Ue ormai congelati dal 2018. Sviluppare le relazioni fra Turchia e Ue è uno degli impegni stretti a Villa Pamphilj, dove Erdogan, ringraziando la padrona di casa per il suo “approccio coraggioso”, si è detto certo che Roma riconosca il “contributo” della Turchia “alla sicurezza dell’Europa e del Mediterraneo”, e che “continuerà” a sostenere il processo di adesione all’Unione europea”.

Nonché a sostenere “l’aggiornamento” delle regole doganali Ue che “ostacolano” gli imprenditori turchi. Il vertice conferma l’intenzione della Turchia di trovare spazio nei piani per la sicurezza europea, tanto che c’è la convinzione condivisa sulla “importanza del più ampio coinvolgimento possibile degli alleati non Ue negli sforzi di difesa dell’Ue”. Non a caso, è in materia di Difesa, uno dei principali accordi commerciali esibiti, assieme a 9 memorandum di intesa fra i due governi, dallo spazio alle infrastrutture. Ossia quello recente fra Leonardo e BayKar, per una joint venture per i droni. Beko sostiene le esportazioni delle filiere italiane, inclusa la fornitura di macchinari industriali. E fra i memorandum di intesa, anche quelli di Sace con Limak Group e Yapi Merkezi, per progetti infrastrutturali Turchia e Africa.

Dall’accordo fra Sparkle e Turkcell, dice Meloni, nascerà “una dorsale digitale all’avanguardia lunga circa 4mila chilometri che attraverserà il Mediterraneo e migliorerà la connettività tra Europa, Medio Oriente e Asia”. Si rafforza anche la collaborazione energetica, non solo sull’approvvigionamento di gas naturale via Tap ma anche su rinnovabili e idrogeno. La premier ha ringraziato il suo ospite per gli sforzi con cui sono state “sostanzialmente azzerate” le partenze di migranti irregolari dalle coste turche. E ha ricevuto un invito in Turchia, esteso da Erdogan anche a Sergio Mattarella, da cui si è recato nel pomeriggio, fra la fine del vertice e il business forum con oltre 500 aziende.

Un cambio di programma in cui è entrata anche la visita in Vaticano per incontrare il camerlengo, il cardinale Farrell, e porgere le condoglianze per la morte di Papa Francesco. Ankara aveva inviato il presidente del Parlamento sabato al funerale, che è stato anche l’occasione per l’incontro fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Meloni è sicura che “abbia avuto un significato enorme”, auspica che sia “un punto di svolta” e ribadendo il “pieno sostegno agli sforzi” del presidente Usa, è scettica sulla tregua di tre giorni annunciata “unilateralmente” da Mosca: “La Russia deve dimostrare la volontà di perseguire la pace come ha saputo fare l’Ucraina”. Con la premier Erdogan assicura di condividere “il sostegno all’integrità territoriale” di Kiev, e rilancia gli sforzi per “una soluzione anche a Gaza”. Dove, nota Meloni, “la situazione è sempre più tragica”. Nello scacchiere geopolitico i due Paesi hanno visioni convergenti anche sulla stabilizzazione della Libia e sulla transizione in Siria. Lotta al terrorismo e contrasto alle migrazioni irregolari sono altri due dossier su cui c’è l’impegno a rafforzare la cooperazione internazionale. E gli Europei di calcio del 2032 saranno organizzati in tandem. “Una grande sfida – ha sottolineato Meloni – per entrambi i nostri Paesi”.

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