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Mattarella: Russia rientri nel diritto internazionale

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“Il mondo che noi vorremmo è quello che rispetta il diritto internazionale”. Sergio Mattarella scandisce le parole rispondendo ad una domanda dei giornalisti sul doppio attacco personale arrivatogli da Mosca attraverso le parole della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Nessuna polemica diretta con Vladimir Putin, toni diplomatici ma fermi e soprattutto un’orgogliosa rivendicazione delle scelte fatte a favore dell’Ucraina. In una conferenza stampa a Cettigne, antica capitale dei sovrani montenegrini, con accanto il presidente Yakov Milatovic, il presidente della Repubblica premette che è un “dovere rispondere alla libera stampa”.

E poi argomenta il suo pensiero sulla politica di Mosca: “l’auspicio è che la Russia torni a svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto della sovranità di ogni stato. E’ un auspicio che ho sempre fatto nel rispetto del diritto e della carta delle nazioni Unite”. Una frase che ben esprime le idee del Quirinale sin da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina e che si può tradurre in una chiara distinzione tra le politiche del governo e gli storici legami con il popolo e la cultura russa. Sembra quasi dire, il presidente, che se la Russia tornerà nell’alveo delle regole internazionali rispettando il diritto consolidato riavrà l’amicizia dell’Unione europea. Poi il capo dello Stato, come è suo modo, ripercorre la storia e ricorda – forse alla Zakharova ma forse non solo – che “quando l’Ucraina, con il consenso della Russia, divenne indipendente, all’inizio degli anni ’90, disponeva di una grande quantità di armi nucleari, circa un terzo di quella posseduta dall’Unione sovietica”.

E che “su sollecitazione di Usa e Russia, l’Ucraina ha consegnato quelle migliaia di testate nucleari, che l’avrebbero messa al sicuro da ogni invasione. A fronte di questo, con un trattato registrava l’impegno dei paesi a rispettare e garantire la sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale”. Per Mattarella è proprio “questo il mondo che vorremmo: quello in cui si rispettano gli impegni assunti e il diritto internazionale”. Parole che paradossalmente non inficiano quella linea del “silenzio sereno” che il Quirinale si è imposto da giorni nonostante le bordate partite da Mosca. Nessuna polemica da Mattarella ma risposte nel merito e la conferma di quale è stata e quale rimane la linea dell’Italia. “Da tre anni a questa parte la posizione dell’Italia che ho sempre espresso è nitida, limpida, chiarissima: quella del rispetto del diritto internazionale e della sovranità di ogni Stato. Questa ferma, vigorosa affermazione è stata la base del sostegno che è stato assicurato all’Ucraina. Posizione sempre accompagnata dall’auspicio che la Russia torni a svolgere il suo ruolo nella comunità internazionale”.

Parole tutto sommato di apertura che indicano la volontà di chiudere le polemiche pur nella fermezza delle proprie posizioni. Tanto è vero che il presidente ci tiene ad una sottolineatura dedicata proprio ai primi colloqui di pace che si stanno tenendo con la clamorosa esclusione dell’Unione europea: “l’auspicio è che si raggiunga una pace giusta in Ucraina e che non sia fittizia o fragile”. Una pace cioè che non sia a danno degli Ucraini e, soprattutto, che non risponda a logiche spartitorie del momento e non dimostri fiato corto nel tempo. Per questo Mattarella – che incassa anche la solidarietà del presidente Ignazio La Russa e quella bipartisan dall’Aula del Senato, dopo gli attacchi di Mosca – si trova in Montenegro, “esempio virtuoso”, uno dei candidati più avanti nel percorso di avvicinamento all’Unione europea. Perchè l’Europa è sempre più sola e Sergio Mattarella sa bene che solo un suo rafforzamento politico, economico e militare potrà garantirgli di reggere l’urto di un’America sempre più sovranista e isolazionista. E l’allargamento significa rafforzamento soprattutto quando i Paesi dei Balcani occidentali sono nel mirino della sempre più potente Russia e sempre meno negli interessi geopolitici degli Usa. “Il sostegno dell’Italia all’allargamento a tutti i Paesi dei Balcani occidentali è incommensurabile”, ha chiosato il presidente montenegrino Yakov Milatovic dopo i colloqui con il presidente italiano.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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