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Mattarella vuole conti in ordine e sicurezza sociale, Di Maio: la manovra fa interessi degli italiani

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Dicono che avrebbe convinto il ministro del Tesoro Giovanni Tria a non dimettersi. Perchè, dicono, che Tria, schiacciato da Lega e Cinque Stelle che gli hanno imposto il rapporto tra debito e Pil al 2,4 per cento, si sarebbe dimesso già. E però Tria dice che non ha mai pensato di dimettersi. Lo fa in una intervista al quotidiano di Confindustria, il Sole 24 ore. Sergio Mattarella è certamente il regista delle istituzioni, l’istituzione neutra che controlla che tutti quelli che “giocano” lo fanno seguendo le regole. E in questa fase politica delicata prova a tenere la barra dritta e a chiedere a tutti di giocare per il Paese.

Mattarella in questi giorni ha osservato la Borsa scendere, lo spread salire, le polemiche aumentare, certe forze politiche agitare la piazza e allora ha provato a fare da elemento di moderazione. Ha sentito il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e poi ha deciso di mandare un segnale a tutti, anche se i giornali che dipingono Mattarella come contraltare del Governo spiegano che è  un monito al governo gialloverde e al suo Def che sfida l’Europa.
Durante un’iniziativa pubblica, il Capo dello Stato ha ricordato (anche a Matteo Salvini e Luigi Di Maio” che la “Costituzione chiede equilibrio di bilancio”. E ha fatto dei numeri della manovra una questione costituzionale. “La Carta – ha detto – rappresenta la base e la garanzia della nostra libertà, della nostra democrazia e all’articolo 97 dispone che occorre assicurare l’ equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico”. Una necessità, sostiene Mattarella. Che insiste sullo stesso concetto: “Avere conti pubblici solidi e in ordine è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e per il loro futuro”. Parole che non potevano lasciare indifferenti i partiti di governo. La reazione di Mattei Salvini è ferma ma rispettosa: “Stia tranquillo il presidente, dopo anni di manovre economiche imposte dall’Europa che hanno fatto esplodere il debito pubblico finalmente si cambia rotta e si scommette sul futuro e sulla crescita”. Sul rischio di entrare in contrasto con l’Europa, Salvini dice che “se a Bruxelles mi dicono che non lo posso fare, me ne frego e lo faccio lo stesso”.
In serata arriva anche la risposta del Movimento Cinque Stelle. Pacata, tranquilla, la reazione del Movimento 5 Stelle è nelle parole moderate di Luigi Di Maio: “Il Presidente Mattarella non deve preoccuparsi. Questa ‘manovra del popolo’ ha proprio la finalità di creare le condizioni per poi poter ridurre questo debito. Non voglio scontri con nessuno. Facciamo solo gli interessi degli italiani”. Di Maio chiede anche alla Lega di tenere toni più pacati. In questa difficile in tanti vogliono alimentare uno scontro con il Quirinale che non c’è. Salvini pronuncia infatti parole molto più concilianti da un comizio a Latina: “Condivido il richiamo di Mattarella, ma tra cinque anni vogliamo finire con i conti pubblici a posto”. Cauto, as usual, il governatore della Banca d’ Italia Ignazio Visco. “Non si possono dare valutazioni adesso che sono tecniche e non politiche perchè non conosciamo ancora abbastanza – dice – non mancheremo di farlo nelle sedi istituzionali”. Ha poi comunque ribadito quanto già sostenuto recentemente: “L’ Italia ha bisogno di favorire l’ investimento pubblico e privato e di contenere e ridurre il debito pubblico.
Non si può non avere una traiettoria di sua riduzione”.

Sergio Mattarella. Capo dello Stato chiede conti pubblici in ordine

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Bertinotti: a Meloni avrei tirato un libro. Ira FdI

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Nuova polemica, ma questa volta sulle parole dell’ex presidente della Camera e ex leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti. Se fosse stato seduto ancora fra i banchi di Montecitorio avrebbe reagito alle parole di Giorgia Meloni su Ventotene “tirandole un libro”. Un atto per cui poi “si sarebbe condannato” – è la consapevolezza – e che lo avrebbe fatto espellere dall’emiciclo ma “a trasgressione” si risponde con “trasgressione”, dice intervistato su LA7. Fratelli d’Italia, già insorta per la lite fra Romano Prodi e una giornalista, protesta ancora più veementemente. Parlano in tanti, fra deputati e senatori: per il numero uno di FdI a Palazzo Madama, Lucio Malan, si tratta di un’attentato all’incolumità della presidente del Consiglio, mentre per il presidente del partito di Meloni alla Camera, Galeazzo Bignami, in questo modo “la sinistra mostra il suo volto peggiore’. Nostalgia “canaglia”, interviene il ministro Tommaso Foti: “nostalgia di una sinistra che sbaglia”.

E c’è chi, come il deputato Marco Perissa, chiede alla rete televisiva di “prendere le distanze”. Le critiche del centrodestra non dimenticano però Prodi. Incalzato sulle frasi del Manifesto di Ventotene lette dalla presidente del Consiglio, il Professore è stato protagonista di un litigio con una giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici. Che – secondo quanto sostenuto dalla stessa cronista – è arrivato a tirarle i capelli. “Solo una mano sulla spalla”, è stata la replica. Il filmato andrà in onda domani sera su Rete4, fa sapere la trasmissione: esprime solidarietà il sindacato Unirai, mentre la maggioranza continua a invocare un intervento dell’ordine dei giornalisti e della Fnsi. A distanza di 24ore dall’accaduto, a difesa dell’ex premier scendono in campo Enrico Letta e Gianni Cuperlo. Il primo lancia un hashtag: ‘IoStoConRomano”, il secondo è convinto si tratti di una “polemica sul nulla”. La speranza, aggiunge, è che “il tempo di qualche saggezza presto o tardi ritorni”. Difendono “l’indifendibile”, mette agli atti Fratelli d’Italia sui social. “Le pulsioni belliche hanno fatto perdere la testa alla sinistra”, chiosa la Lega.

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Bernini, decreto legislativo su riforma Medicina a breve in cdm

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“Ho dato 20 milioni e arriveranno altri fondi, la riforma non è a costo zero, il nostro sistema universitario ha la capacità di accogliere. Ho il decreto legislativo in canna, ho tutto pronto, la legge per ora è in vacatio e tra due settimane il decreto legislativo va in consiglio dei ministri, tutto è pronto”. Lo ha detto la ministra per l’Università e la Ricerca, Annamaria Bernini, parlando a ‘Che tempo che farà’ dei decreti di attuazione della riforma di Medicina.

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La ministra Calderone e le “lauree facili”: anomalie che mettono in discussione il suo percorso accademico

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Una laurea triennale che non risulta all’Anagrafe Nazionale degli Studenti del Ministero dell’Istruzione, esami multipli sostenuti nello stesso giorno – anche di domenica – in una università che non prevedeva corsi a distanza. È il cuore dell’inchiesta de Il Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio, che mette in discussione la regolarità del percorso universitario della ministra del Lavoro Marina Calderone (foto Imagoeconomica in evidenza).

Le dichiarazioni della ministra

«Lavoro e studio da oltre trent’anni», scrive Calderone sui social, replicando all’inchiesta pubblicata il giorno prima. E aggiunge: «Oggi un quotidiano ha trovato la prova della mia laurea, ossia il libretto universitario». Ma la ministra sorvola sul fatto che proprio Il Fatto Quotidiano, già due anni fa, aveva chiesto copia del libretto e del diploma, senza ricevere risposta né da lei né dalla Link Campus University.

Cosa emerge dai documenti ottenuti da Il Fatto

Secondo quanto ricostruito dal quotidiano, il corso triennale frequentato dalla ministra non risulta registrato all’Anagrafe Nazionale degli Studenti, l’unica banca dati ufficiale dei titoli di studio italiani. La Calderone ha dichiarato di essersi laureata il 12 novembre 2012, ma nel documento interno della Link da Il Fatto visionato, risulta «in corso al primo anno» del biennio nello stesso anno accademico. Come poteva essere iscritta a due corsi di laurea contemporaneamente?

Inoltre, la Libera Università di Malta, da cui dipendeva la Link Campus in quegli anni, non aveva ancora valore legale in Italia. Solo con un decreto firmato dall’allora ministra Gelmini il 21 settembre 2011, la Link viene riconosciuta ufficialmente.

Studente-lavoratore? Ma senza vincoli

La ministra ha giustificato la rapidità con cui ha sostenuto gli esami, anche più d’uno nello stesso giorno e durante i fine settimana, dicendo di essere una studentessa lavoratrice. Tuttavia, la Link non è un’università telematica: le lezioni e gli esami dovevano avvenire in presenza nella sede di Roma. Ma all’epoca Calderone esercitava la libera professione a Cagliari, senza orari rigidi né contratto dipendente, e ricopriva incarichi onorifici o in CdA che non le avrebbero impedito di sostenere esami nei giorni feriali.

Nel documento in possesso del giornale, inoltre, l’opzione “part-time lavoratore” risulta non selezionata.

Le incongruenze sui pagamenti

Un ulteriore punto sollevato riguarda le tasse universitarie. Dai documenti relativi al biennio magistrale risulta pagato un solo euro di bollo. Nessun’altra somma versata per rette o contributi.

Perché si iscrisse alla Link?

La ministra ricorda che è iscritta all’Ordine dei consulenti dal 1994, quando non era richiesta la laurea. Ma dal 2010l’obbligo fu esteso a tutti. E Calderone, già presidente del Consiglio Nazionale della categoria dal 2005, si iscrive alla Link proprio nel 2011. Secondo Travaglio, una decisione «comprensibile», ma non per questo immune da dubbi, soprattutto sulla regolarità del percorso formativo e sulla trasparenza dei documenti.

Le domande rimaste senza risposta

Nonostante le spiegazioni social della ministra, restano molte zone d’ombra:

  • Perché i dati della laurea triennale non sono registrati al Ministero?
  • Come ha potuto iscriversi al biennio senza un titolo formalmente riconosciuto?
  • Perché non mostra pubblicamente tutti i documenti?
  • Come è possibile che per l’intero biennio sia stato versato solo un euro?

Finché queste domande resteranno inevase, l’inchiesta del Fatto continuerà a sollevare perplessità su uno dei ministri più importanti del governo Meloni.

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