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Cronache

Maria Falcone: Giordano servitore coraggioso dello Stato

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“Le parole pronunciate da Gaspare Mutolo contro la memoria del presidente Alfonso Giordano sono inaccettabili, distorcono la verità, tentano di infangare la figura di un uomo che ha servito lo Stato con dignità e coraggio in uno dei momenti più delicati della nostra storia repubblicana”. Lo ha detto Maria Falcone, la sorella del magistrato assassinato a Capaci il 23 maggio del 1992, che presiede la fondazione Falcone, esprimendo la sua solidarietà a Stefano Giordano, avvocato, figlio del giudice Alfonso che ha presieduto il maxiprocesso alla mafia, dopo le parole del collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo, nel podcast condotto da Fedez. Mutolo aveva detto che la situazione nel maxiprocesso di Palermo era inizialmente ‘tranquilla’ a causa della presenza di un presidente ‘che veniva dal civile e non capiva niente'”.

Giordano ieri ha annunciato querele. “Alfonso Giordano – prosegue Falcone – fu chiamato a presiedere il maxiprocesso in un contesto di grande pressione, tra rischi altissimi e un’attenzione senza precedenti da parte del Paese e della comunità internazionale. Era un uomo riservato, sobrio, lontano dai riflettori, ma con un altissimo senso delle istituzioni e con equilibrio e fermezza guidò l’aula bunker durante un processo che cambiò per sempre il corso della lotta alla mafia e la storia del Paese”. “Ricordo bene – dice – il rispetto profondo che Giovanni nutriva per lui: ne apprezzava la lucidità, la compostezza e il coraggio silenzioso con cui affrontava quel compito immenso. Non era solo un giudice, era un servitore dello Stato in senso pieno”.

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Cronache

Un’assistente virtuale per spingere lavoro dei giovani

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L’intelligenza artificiale che non toglie lavoro agli esseri umani, ma aiuta a trovarlo. A partire dalle persone più fragili, un milione e quattrocentomila ragazzi tra i 15 e i 29 anni fuori dal mondo della formazione e da quello del lavoro. È questa la scommessa di AppLi, – Assistente personale per il lavoro in Italia, un progetto digitale promosso dal ministero del Lavoro che partirà da settembre per i primi 120 mila giovani Neet (Not in education, employment o training). Il link per accedere andrà richiesto nei centri per l’impiego. Dove non sono riusciti famiglie, amici o professori, tenta ora un “virtual coach” che punta a avvicinare questi ragazzi al mondo del lavoro guidandoli verso i percorsi formativi e occupazionali richiesti dal mercato. Offre un orientamento su misura e aiuto per scrivere curriculum e lettere di presentazione, oltre alla possibilità di simulare colloqui di lavoro e accedere a corsi di micro-apprendimento e quiz.

Le prime sperimentazioni del progetto hanno coinvolto 2 mila ragazzi che hanno interagito con la chatbox con ia generativa “cuore” della piattaforma, una specie di ChatGpt per i Neet, attiva in sei lingue. “Ciao, sono Appli, il tuo coach virtuale. Sono qui per aiutarti a trovare il tuo posto nel mondo del lavoro e a definire un percorso su misura per te”, è il messaggio di benvenuto apparso in una simulazione. Un’utente, Anastasia, ha raccontato durante la conferenza di presentazione: “Mi ha aiutato davvero tanto”, a preparare curriculum mirati e simulare i colloqui per posti specifici. “Ormai è un grande lavoro cercare lavoro”, ha detto. “AppLi prende questi ragazzi per mano. Cerchiamo di fare in modo che che salgano a bordo, non secondo le nostre regole, ma tenendo in considerazione i loro desiderata e i loro talenti”, ha dichiarato la ministra del Lavoro, Marina Calderone, presentando un’iniziativa che secondo lei “non ha eguali” in Europa e nel mondo. Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ha spiegato che “AppLi è un vero e proprio coach virtuale capace di parlare il linguaggio degli utenti e così colmare, non solo il divario tecnologico, ma anche quello di fiducia tra istituzioni e cittadini”. Scettici i sindacati. “Per affrontare un fenomeno così delicato come quello dei Neet, non basta un’assistenza virtuale”, ha osservato il segretario generale della Fp Cgil, Federico Bozzanca.

La presa in carico di questi ragazzi va fatta da persone “in carne ed ossa”. La segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese, e la segretaria generale della Uil Fpl, Rita Longobardi, hanno chiesto l’apertura immediata di un tavolo di confronto. “L’innovazione – hanno detto – deve essere partecipata, trasparente e costruita insieme a chi lavora ogni giorno per garantire l’inclusione sociale e lavorativa dei giovani”.

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Cronache

Eni frena meno delle attese, “risultati eccellenti”

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Risultati dei primi sei mesi dell’anno in calo per Eni ma “eccellenti”, come evidenzia la società comunicandoli al mercato, perchè raggiunti “nonostante lo sfavorevole scenario prezzi e valutario”. In particolare sul secondo trimestre pesano il calo dei prezzi del petrolio e la svalutazione del dollaro, ma i conti battono le attese degli analisti finanziari. L’ad Claudio Descalzi, illustrando risultati e prospettive, guarda avanti mostrando piena fiducia: “Sulla base di questi risultati, del nostro slancio operativo, e con la chiusura dei deal in corso – dice -, possiamo aspettarci una seconda metà dell’anno positiva ed un 2026 ancora più promettente”. Il primo semestre si chiude con un utile netto adjusted di 2,546 miliardi, -18%; nel secondo trimestre l’utile netto adjiusted è di 1,134 miliardi, -25%. L’utile netto è di 1,715 miliardi nei primi sei mesi (-8%) e di 543 milioni nel secondo trimestre (-18%). Il titolo del gruppo sale in Borsa e chiude con un rialzo dell’1,82% a 14,662 euro per azione.

“La costante attenzione con la quale Eni continua ad attuare la propria strategia ha determinato gli eccellenti risultati del secondo trimestre 2025. Nonostante uno scenario di mercato sfidante, il modello di business Eni conferma robustezza e flessibilità”, evidenzia Descalzi. Risultati che permettono alla società di rivedere al rialzo le previsioni di generazione di cassa per il 2025 e di confermare il piano di ritorni agli azionisti che vede un aumento del dividendo del 5% a 1,05 euro per azione e l’esecuzione di un programma di riacquisto azioni da almeno 1,5 miliardi. Nei prossimi potrà essere valutato se aumentare il buyback, indica l’ad. Che spiega anche: “Abbiamo identificato ulteriori iniziative di cassa che nel complesso ci consentiranno di generare circa 3 miliardi di contributo alla nostra posizione finanziaria”. Tra le intese, l’accordo finale per la jv con Petronas arriverà entro l’ultimo trimestre del 2025, dice Descalzi che la considera “uno dei migliori deal” degli ultimi anni per Eni nel mondo: oggi il modello di azione di Eni – rileva, più in generale – è quello “avviato tre anni che offre maggiore focalizzazione, più velocità.

Dobbiamo agire velocemente: non vogliamo perdere nè soldi nè tempo. Quando ci sono risorse, cerchiamo il partner giusto, per un ritorno il più rapidamente possibile” Nel trimestre – indica ancora Descalzi – “abbiamo continuato a generare crescita e valore in tutti i nostri business. Nell’ambito dei satelliti della transizione, abbiamo definito i termini per un investimento del 20% da parte di Ares in Plenitude come pure per costituire una nuova entità congiunta con Gip”, il fondo Global Infrastructure Partners parte di BlackRock, “che gestirà il business della carbon capture, utilization and storage”. C’è poi l’accordo con Petronas “che sarà focalizzato sulla valorizzazione delle risorse gas dei due partner in Indonesia e Malesia”; e “l’attesa decisione finale di investimento del progetto Argentina Lng rappresenta un passo significativo nell’espansione del business del Gnl”. E “guardando al futuro – indica – riteniamo che la nostra solida posizione finanziaria, la strategia distintiva e differenziata e la capacità di rimanere flessibili e rapidi, continueranno a concorrere al nostro posizionamento ottimale per affrontare la volatilità di questa fase di mercato e per continuare ad assicurare competitivi ritorni ai nostri azionisti”. Descalzi è al quarto mandato come a.d. dell’Eni, una durata record: gli chiedono se andrà avanti al rinnovo dei vertici nel 2026. “Quello che posso dire è che la forza di Eni non è il Ceo da solo, è il team”, che “è competente e forte”. “Abbiamo costruito insieme una strategia fantastica, molto resiliente, che ha permesso di navigare in un mare molto agitato”, su una eventuale successione “non ci sono preoccupazioni. Penso che Eni sia forte perché è Eni”.

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Cestello del montacarichi si ribalta, tre morti a Napoli

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Lavoravano su un montacarichi, a venti metri d’altezza, quando il cestello su cui si trovavano si è ribaltato e sono precipitati nel vuoto: sono morti così, stamattina, a Napoli, tre operai di una ditta che stava effettuando dei lavori di rifacimento del tetto di un edificio di sette piani. Si allunga la scia di sangue di una strage continua, che oggi conta anche un’altra vittima, nel Bresciano, e contro la quale ha tuonato il cardinale di Napoli, don Mimmo Battaglia, secondo cui è arrivato il momento di urlare ‘Basta! Perché “è inaccettabile uscire di casa per guadagnarsi il pane e non fare ritorno. Il lavoro non può diventare una condanna, un pericolo, un rischio mortale. E che nessuno – ha avvertito – le chiami più morti bianche, perché sporcano le nostre coscienze”.

Per i tre operai morti oggi – Vincenzo del Grosso, 54 anni, di Napoli, Ciro Pierro, 62 anni e Luigi Romano, 67, di Calvizzano e Arzano, due grossi centri della provincia – il caffè al bar vicino al cantiere era diventato un rito che ripetevano tutte le mattine, prima di cominciare il turno. E anche stamani due di loro si erano incontrati lì, scambiando qualche parola con il gestore. Che ora non riesce a credere a quello che poi è successo: “Non è possibile… Parlavamo, scherzavamo… e adesso…”. In zona, nel quartiere collinare dell’Arenella, a ridosso del Vomero, il ‘salotto buono’ di Napoli, sono tutti sgomenti. Un commerciante – che ha sentito “il tonfo e poi le urla” provenienti dal condominio, intorno alle 9:25, e che è stato tra i primi ad accorrere – parla di una scena “straziante”.

Le tre vittime erano all’altezza del settimo piano, dove la cabina-cestello del montacarichi che avrebbe dovuto portarli sul tetto dell’edificio si è inclinata e i tre sono finiti nel vuoto, schiantandosi sul selciato di una chiostrina interna all’edificio. Qualcuno ha provato a soccorrerli. E’ stata chiamata subito un’ambulanza, ma per loro non c’era più nulla da fare. Sul posto, con i soccorritori, la Polizia e i pm della procura di Napoli – Antonio Ricci, coordinatore della sezione “lavoro e colpe professionali” e Stella Castaldo – che hanno aperto un fascicolo sull’incidente. Nel mirino il montacarichi e in particolare la struttura sulla quale si arrampica il cestello-cabina: l’ultimo tratto di questa struttura di ferro, come si può vedere sul posto, ha ceduto e la cabina si è ribaltata facendo precipitare gli operai.

Gli inquirenti valuteranno tra l’altro se la struttura era idonea a sostenere il peso del cestello – su cui c’erano i tre operai e un rotolo di bitume – e se le misure di sicurezza sono state tutte adottate. “É una tragedia per le famiglie, per Napoli. I lavoratori che entrano nei cantieri devono uscirne vivi. Ora basta”, dice Gennaro Di Caprio, responsabile della Filca Cisl di Napoli, il sindacato al quale le tre vittime erano iscritte. Di Caprio è corso sul posto, insieme ai colleghi degli altri sindacati, per dare voce alla rabbia dei lavoratori. “La sicurezza non deve e non può essere considerata un optional, servono più controlli”, dice Giuseppe Mele della Fillea Cgil, mentre per Giovanni Sgambati, della Uil Campania “non si stratta di incidenti, ma della infame ingordigia del profitto a discapito della sicurezza”.

Per il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, “è un giorno di dolore”, ma “non possiamo e non dobbiamo rassegnarci. Al mondo dell’impresa, a tutte le istituzioni e alle organizzazioni sindacali ribadisco l’impegno concreto per fermare le morti sul lavoro. Servono più sicurezza, più controlli e più formazione. Siamo pronti a fare tutto ciò che è necessario e doveroso”. Più sicurezza, più controlli, più formazione: è quello che chiedono trasversalmente tutte le forze politiche, in una giornata in cui la “strage silenziosa” non si ferma ai tre morti di Napoli. A Bagnolo Mella, in provincia di Brescia, un uomo di 69 anni è morto schiacciato da un muletto. È accaduto all’interno di un cantiere. Ancora da ricostruire la dinamica dell’incidente, ma secondo i primi accertamenti l’uomo è stato travolto dal muletto che era su un camion e che avrebbe dovuto utilizzare per consegnare un carico di legna in un’abitazione privata.

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