Dalla Chinatown di Milano ai porti di La Spezia e Gioia Tauro, passando per Prato, definita la “capitale” della mafia cinese in Italia. La criminalità organizzata cinese si espande e stringe alleanze con le mafie italiane, come conferma il procuratore Luca Tescaroli (foto Imagoeconomica in evidenza), che da quasi un anno è impegnato nella lotta contro questo fenomeno.
“La mafia cinese è un pericolo concreto e non da oggi”, afferma il magistrato, ricordando che già negli anni ’80, nelle indagini condotte da Falcone e Borsellino, appariva la pista del traffico di droga tra Bangkok, Roma e Palermo.
Un giro d’affari miliardario tra falsi e riciclaggio
Uno dei settori più redditizi per la mafia cinese è il commercio di prodotti contraffatti. Il procuratore riporta cifre impressionanti:
- Il giro d’affari globale del mercato del falso è stimato tra il 2 e il 7% del commercio mondiale.
- In Italia, vale oltre 5 miliardi di euro, pari al 2,5% del totale delle entrate tributarie.
Le mafie cinesi operano con un sistema ben rodato:
- Importano materie prime dalla Cina attraverso scali strategici come il Pireo, i porti balcanici e Gioia Tauro.
- Trasferiscono le merci in Ungheria, evitando il pagamento dell’IVA grazie a società di comodo.
- Riciclano i capitali, reinvestendo i profitti illeciti in attività apparentemente legali.
Collusione con altre mafie e la corruzione delle istituzioni
Secondo Tescaroli, la mafia cinese ha consolidato rapporti con le mafie italiane, in particolare con ’ndrangheta, camorra e sacra corona unita, e si relaziona anche con gruppi criminali albanesi.
Uno degli aspetti più inquietanti riguarda la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni:
“Purtroppo sì, un colonnello dei carabinieri è stato arrestato per collusione con la mafia cinese a Prato”, conferma il procuratore, sottolineando l’elevato livello di corruzione che caratterizza queste organizzazioni.
Verso una Direzione Distrettuale Antimafia a Prato?
La mafia cinese è ormai così radicata in Italia che due parlamentari di Fratelli d’Italia, Chiara La Porta e Francesco Michelotti, hanno proposto di istituire una Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) proprio a Prato.
“Mi sento di condividere questa proposta”, dichiara Tescaroli, che evidenzia come la criminalità cinese operi con modalità sofisticate e transnazionali, rendendo necessaria una risposta giudiziaria più incisiva.
Collaboratori di giustizia: norme diverse per gli stranieri
Un’altra questione aperta è quella dei collaboratori di giustizia. Tescaroli evidenzia un paradosso normativo: “Anche tra i cinesi esistono collaboratori, ma le norme a tutela di chi denuncia valgono solo per gli italiani”.
Una disparità che, se non colmata, potrebbe limitare la possibilità di smantellare le reti mafiose cinesi, che si basano su omertà e ricatti per mantenere il controllo delle proprie attività illecite.
Una sfida per l’Italia e l’Europa
La mafia cinese non è un problema solo italiano, ma un fenomeno che interessa tutta l’Unione Europea, data la sua capacità di muovere merci e denaro attraverso Paesi con legislazioni fiscali più favorevoli.
Con un volume di affari miliardario e alleanze con le mafie locali, il rischio è che questa organizzazione diventi sempre più pervasiva, infiltrandosi nelle economie europee attraverso il mercato del falso e il riciclaggio finanziario.
Il contrasto a questa rete criminale richiede un’azione coordinata tra forze dell’ordine, magistratura e istituzioni politiche, per impedire che il potere della mafia cinese continui a espandersi indisturbato.