L’Unione europea porge le scuse ufficiali all’Italia, promette solidarieta’, ma non compie ancora nessun passo verso la definizione del fondo per la ripresa possibilmente finanziato dagli Eurobond come vuole Roma. Oggi e’ stato il presidente francese Emmanuel Macron ad incalzare i colleghi: serve un fondo comune o l’Ue come progetto politico crollera’ e vinceranno i populisti “oggi, domani e dopodomani”. Ma l’attenzione delle istituzioni europee e’ sempre piu’ concentrata sul prossimo bilancio pluriennale, dal quale i vertici di Commissione e Consiglio vorrebbero attingere per far arrivare all’economia europea la pioggia di miliardi necessaria al rilancio. Sebbene sia chiaro a tutti che un bilancio come quello discusso e rigettato gia’ a febbraio, cioe’ poco sopra l’1% del reddito nazionale lordo, non potra’ mai essere sufficiente a finanziare sia il funzionamento dell’Unione che la ripresa. Il dilemma resta quindi dove trovare i nuovi fondi, e nell’Ecofin informale di oggi Italia, Spagna, Francia e Portogallo hanno ribadito che servono emissioni comuni di titoli. “E’ vero che molti erano assenti quando l’Italia ha avuto bisogno di aiuto all’inizio di questa pandemia. Ed e’ vero, l’Ue ora deve presentare scuse sentite all’Italia, e lo fa. Ma le scuse valgono solo se si cambia comportamento.
Palazzo Parlamento europeo
C’e’ voluto molto tempo perche’ tutti capissero che dobbiamo proteggerci a vicenda”, ha ammesso la presidente Ursula von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento europeo. Scuse accettate dal Governo italiano: “Le sue parole rappresentano un importante atto di verita’, che fa bene all’Europa e alla nostra comunita’”, ha commentato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ricordando pero’ che “serve un’Europa piu’ solidale” adesso che “in corso c’e’ una delle trattative piu’ importanti della nostra storia”. Sul negoziato che si svolgera’ tutto al vertice europeo di giovedi’ prossimo, l’Italia continua a fare sponda con Francia, Spagna e Portogallo. Durante l’Ecofin, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, assieme ai colleghi alleati, ha ribadito l’importanza di creare il Recovery Fund da finanziare attraverso l’emissione di titoli comuni. L’obiettivo resta lo stesso: sostenere la ripresa, garantendo le stesse condizioni a tutti gli Stati membri. L’unico modo per farlo e’ condividere il costo degli stimoli, che necessariamente saranno diversi da Paese a Paese, perche’ diversa e’ la loro situazione di partenza. Macron, in un’intervista al Financial Times, e’ andato dritto al punto: serve un fondo che “possa emettere debito comune con una garanzia comune” per finanziare gli Stati membri in base alle loro necessita’. Il rischio e’, invece, che utilizzando il bilancio europeo i fondi vengano distribuiti in base ai contributi dei Paesi, e non a seconda di quanto malmesse sono le loro economie. Ma e’ presto per gridare all’ingiustizia, perche’ per ora le idee cominciano solo ad affluire. Matureranno forse in tempo per il vertice Ue. Per la von der Leyen e’ chiaro che “il bilancio pluriennale europeo sara’ la guida della ripresa”, e bisognera’ usarne “la potenza per fare leva per investimenti massicci”. E’ piu’ o meno la formula che si uso’ per il piano Juncker per gli investimenti: una base comune di garanzie prese dal bilancio (21 miliardi), che con un effetto leva (ed emissioni comuni) hanno mosso in sette anni oltre 300 miliardi di euro. Ma una parte veniva comunque co-finanziata dagli Stati. La von der Leyen parla di anticipo dei fondi per far partire subito gli investimenti, ma senza un aumento consistente delle poste dei Paesi – al quale l’Olanda si opponeva gia’ a febbraio – non risolvera’ il problema di un Continente da far ripartire a diverse velocita’. Intanto il Parlamento Ue ha dato un primo via libera alla proposta di istituire i Recovery bond garantiti dal bilancio Ue. La prima parte del paragrafo 17 della risoluzione sull’azione coordinata a livello europeo per contrastare il Covid-19, che includeva la proposta sui Recovery bond, e’ passata in plenaria con 547 voti a favore, 92 contrari e 44 astensioni. Il testo finale della risoluzione – presentata da Ppe, S&D e Verdi – sara’ votato domani.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà quanto tempo gli Stati Uniti dedicheranno alla risoluzione del conflitto ucraino, quindi una svolta nei negoziati “è necessaria molto presto”. Lo ha affermato a Fox News il segretario di Stato americano Marco Rubio. Le posizioni di Russia e Ucraina “si sono già avvicinate, ma sono ancora lontane l’una dall’altra – ha ricordato – ed è necessaria una svolta molto presto. Allo stesso tempo, ha proseguito Rubio, è necessario accettare il fatto che “l’Ucraina non sarà in grado di riportare la Russia alle posizioni che occupava nel 2014”. La portavoce del Dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, ha dichiarato durante un briefing che gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare per risolvere il conflitto, “ma non voleremo in giro per il mondo per mediare negli incontri che si stanno attualmente svolgendo tra le due parti. Ora – ha sottolineato – è il momento per le parti di presentare e sviluppare idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Dipenderà da loro”.
Le Nazioni Unite stanno valutando una radicale ristrutturazione con la fusione dei team chiave e la ridistribuzione delle risorse. Lo riporta la Reuters sul suo sito, citando un memorandum riservato preparato da un gruppo di lavoro del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Il documento propone di indirizzare le decine di agenzie in quattro direzioni principali: pace e sicurezza, questioni umanitarie, sviluppo sostenibile e diritti umani. Tra le misure specifiche figura la fusione delle agenzie operative del Programma Alimentare Mondiale (Wfp), dell’Unicef, dell’Oms e dell’Unhcr in un’unica agenzia umanitaria.
La riforma prevede inoltre la riduzione delle duplicazioni di funzioni e la razionalizzazione del personale, incluso il trasferimento di una parte del personale da Ginevra e New York a città con costi inferiori. L’iniziativa è legata alla crisi finanziaria dell’ONU. Le proposte definitive di ristrutturazione dovranno essere presentate entro il 16 maggio.
L’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato la zona del palazzo presidenziale a Damasco, dopo aver minacciato il governo siriano di rappresaglie se non avesse protetto la minoranza drusa. “Gli aerei da guerra hanno colpito la zona intorno al palazzo”, ha scritto l’esercito israeliano su Telegram.