Collegati con noi

Esteri

L’Ue ammonisce Orban ma non prende misure

Pubblicato

del

Il giorno del giudizio è arrivato. Ed è pure passato. Budapest è finita sulla graticola al Coreper – ovvero il Comitato che riunisce i rappresentanti permanenti presso l’Unione Europea – per i viaggi spericolati del premier Viktor Orban ed è stata ‘bacchettata’ da 25 Stati membri, praticamente all’unanimità. Un messaggio chiaro – un cartellino giallo, è stato definito – che però non comporta nessuna misura pratica. “Non sono a conoscenza di nessuna proposta per abbreviare la nostra presidenza”, ha assicurato il ministro ungherese per gli Affari Europei Janos Boka commentando con i giornalisti i gossip della vigilia. Molto rumore per nulla, vien da pensare. Eppure nel lessico diplomatico dell’Ue già si tratta di roba forte. Tant’è vero che l’udienza si è tenuta a porte chiuse – solo gli ambasciatori ammessi nella sala, una procedura inusuale – appositamente per ridurre le fughe di notizie. D’altra parte a quello serve la presidenza di turno: stilare l’agenda. L’Ungheria, nel corso della discussione, ha sostenuto che le visite di Orban erano “strettamente bilaterali” e solo per “sondare la fattibilità e le condizioni per un cessate il fuoco”.

Ma ben 25 ambasciatori – a quanto si apprende solo la Slovacchia non ha preso la parola – hanno detto molto chiaramente che tale argomentazione “non era credibile”, visti “i tempi, la sequenza degli incontri, l’uso degli hashtag della Presidenza di turno nelle comunicazioni ufficiali” e, non ultima, la reazione di Vladimir Putin. “I confini erano chiaramente e deliberatamente confusi, Orban è andato contro la lettera e lo spirito delle conclusioni del Consiglio Europeo danneggiando così l’unità dell’Ue”, confida una fonte diplomatica. “Come primo ministro ungherese è libero di fare i viaggi che ritiene opportuno, però prestando attenzione anche a non indebolire l’unità, che rappresenta il punto di forza dell’Occidente, dell’Europa e della Nato”, ha argomentato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Washington – come il premier magiaro – per prendere parte al vertice dell’Alleanza Atlantica. Il ministro Boka ha però indossato le vesti dell’avvocato difensore, respingendo punto per punto le accuse. Orban, ha assicurato, oltre ad aver informato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel sul contenuto dei suoi scambi ha contattato “altri leader europei”. “Ora – ha evidenziato – tocca agli Stati membri e alle istituzioni dell’Ue decidere cosa farne di queste informazioni”. Boka, incalzato dai giornalisti, ha sostenuto che non c’è un “protocollo concordato” su come gestire le comunicazioni di viaggi così sensibili e che Orban si è mosso con “spirito di servizio”, consapevole delle proprie “responsabilità”, e non ha mai voluto parlare a “nome dell’Ue”. Dunque si procede così, su due pianeti distinti: l’universo Orban e il resto dell’Ue. Sì, la nostra è una presidenza “peculiare”, si è limitato a concedere Boka. In realtà nel corso del Coreper il servizio giuridico ha presentato una valutazione “chiara e forte” sul fatto che tutti gli Stati membri sono vincolati dal principio della “cooperazione sincera” e che la Presidenza di turno ha solo un ruolo “limitato” nella rappresentanza esterna dell’Ue. Come dire, basta così. Che Orban comprenda il suggerimento, è tutto da vedere. Nessuno, per ora, “ha sollevato la questione della fine o della riduzione della durata della presidenza”, conferma un diplomatico. C’è chi fa notare però che al primo consiglio informale organizzato in Ungheria i ministri scarseggiavano. Per Budapest è solo una casualità.

Advertisement

Esteri

Airyn, figlia di Robert De Niro fa outing: sono trans

Pubblicato

del

Airyn De Niro fa outing: a 29 anni la figlia di Robert De Niro e della ex compagna Toukie Smith ha confessato alla rivista Them di aver cominciato il processo da cui emergerà come donna transgender. Airyn si è definita una “late bloomer”, una persona cioè che ha scoperto tardi un aspetto di sé importante come l’identità di genere. “Credo che una parte importante della mia transizione sia stata l’influenza delle donne nere su di me”, ha detto Airyn, la cui mamma, che è stata al fianco di De Niro dal 1988 al 1996, è afro-americana. “Credo che entrare in questa nuova identità, e al tempo stesso sentirmi più orgogliosa del mio essere nera, mi faccia sentire in qualche modo più vicina a loro”. Airyn ha raccontato di aver espresso un’identità femminile attraverso abiti, acconciature e comportamenti dalla scuola media, ma di aver iniziato la terapia ormonale solo nel novembre 2024.

“Una parte di me teme che possa ancora vedermi come la persona che ero prima della transizione”, ha detto parlando delle preoccupazioni per come la famiglia prenderà la transizione. Modelli di riferimento, come ha spiegato alla rivista che nel titolo “loro” ha adottato il pronome di chi non si identifica con maschile o femminile, sono state figure come Laverne Cox, Michaela Jaé Rodriguez e Jools Lebron. Airyn, che ha un fratello gemello di nome Julian, ha parlato anche della sua vita come una dei sette figli del leggendario attore hollywoodiano. “C’è una differenza tra essere visibili ed essere visti”, ha dichiarato: “Io sono stata visibile. Ma non credo di essere mai stata veramente vista”. La transizione di Airyn, che ora spera di poter intraprendere una carriera come consulente per la salute mentale, era stata anticipata in marzo dal Daily Mail che, dopo averla fotografata a New York, l’aveva definita “il figlio nepo baby di Robert De Niro”. Niente di più lontano dalla realta’, secondo Airyn: “Non sono cresciuta avendo una piccola parte nei film di papà o andando a riunioni d’affari o alle prime cinematografiche. Mio padre teneva molto al fatto che ciascuno di noi trovasse la propria strada. Vorrei che il mio successo arrivasse per merito mio”.

Continua a leggere

Esteri

‘Trump a Zelensky a S.Pietro, solo Usa riconosceranno la Crimea’

Pubblicato

del

Nel faccia a faccia in Vaticano il giorno dei funerali di Papa Francesco Volodymyr Zelensky avrebbe ribadito che non riconoscerà la Crimea come russa e Trump avrebbe chiarito che non glielo chiederà perché il piano è il riconoscimento della Crimea come russa da parte degli Usa, non dell’Ucraina. Lo riporta Axios che ricostruisce l’incontro. Zelensky avrebbe anche detto a Trump di non aver paura di fare concessioni per porre fine alla guerra, ma di aver bisogno di garanzie di sicurezza sufficientemente forti per farlo. Il leader ucraino avrebbe ribadito che Putin non si sarebbe mosso a meno che Trump non avesse fatto più pressione.

Una fonte avrebbe riferito che Trump ha risposto che avrebbe potuto dover cambiare il suo approccio nei confronti di Putin, come ha poi affermato nel suo post su Truth Social. Zelensky ha anche spinto a tornare alla sua proposta iniziale di un cessate il fuoco incondizionato come punto di partenza per i colloqui di pace, accettata dall’Ucraina ma respinta dalla Russia. Trump sembrava essere d’accordo. La Casa Bianca non ha confermato né smentito. Un portavoce di Zelensky ha rifiutato di commentare i contenuti dell’incontro.

Continua a leggere

Esteri

Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

Pubblicato

del

Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto