Sono al momento 23 gli indagati per omicidio volontario e rissa aggravata nell’inchiesta milanese sugli scontri tra ultras interisti e napoletani del 26 dicembre che hanno provocato la morte di Daniele Belardinelli (nella foto). L’ipotesi di reato è quella di omicidio volontario, contestata a tutti e 23 gli identificati. Come abbiamo ricordato più e più volte, la contestazione del reato non è una sentenza di condanna ma un passaggio giuridico e tecnico per svolgere tutti gli accertamenti relativi alla perizia necroscopica sul cadavere di Belardinelli, per ispezionare le vetture presuntivamente coinvolte negli scontri e presumibilmente quelle che avrebbero investito e ucciso l’ultras varesino che si trovava in quel posto dove è morto perchè anche lui partecipava “all’agguato organizzato” ai danni dei naapoletani.
Il combattimento. Ecco alcuni fotogrammi dell’agguato degli interisti ai napoletani
Nel frattempo, sulla seconda auto bloccata a Napoli, sarebbero state riscontrate ammaccature, da verificare se compatibili con l’investimento. Insomma inchiesta non facile, certo non velocissima visto che parliamo di uno scontro, “un combattimento” (usiamo parole del Gip) tra 150 circa ultras interisti e una 40ina di napoletani che dovevano arrivare allo stadio San Siro per il match del 26 dicembre tra Inter e Napoli. Per ora le uniche novità di rilievo dell’inchiesta della procura di Milano sono la non collaborazione di Marco Piovella, l’architetto dalla doppia vita, imprenditore bravo e capo della curva nord di San Siro, accusato di essere stato l’organizzatore dell’agguato ai napoletani. Lui è rimasto in cella dopo l’interrogatorio di garanzia. E poi c’è la scarcerazione di Luca Da Ros, altro ultras interista, che però si è distinto per la sua collaborazione con l’autorità giudiziaria. Resta indagato ma è stato scarcerato e sottoposto ai domiciliari.
Il numero degli indagati nell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri e condotta dalla Digos, è comunque destinato a salire, anche perchè le indagini per individuare tutti gli ultras che hanno preso parte alla rissa (oltre 100 tra interisti e ultras gemellati di Varese e Nizza e un’ottantina di napoletani) nella quale è morto Belardinelli stanno andando avanti. Nelle prossime ore, da quanto si è saputo, gli inquirenti notificheranno informazioni di garanzia con le contestazioni di omicidio volontario e rissa aggravata dalla morte a tutti gli indagati, affinchè con i loro legali e i loro consulenti possano partecipare agli accertamenti, anche irripetibili, come l’autopsia sul cadavere dell’ultra’ del Varese e le analisi scientifiche sulle vetture (la Volvo gia’ sequestrata e l’altra auto bloccata e che verra’ sequestrata). L’ipotesi al momento e’ che Belardinelli sia stato prima investito da una macchina della carovana dei tifosi napoletani e poi un’altra auto gli sia passata sopra, ma dato che allo stato non ci sono certezze investigative sulla dinamica dell’investimento e che ‘Dede’ e’ arrivato in ospedale ancora vivo, gli inquirenti a garanzia hanno iscritto tutti i partecipanti agli scontri anche per omicidio. Tra i 23 indagati, ci sono anche gli otto napoletani che erano sulle due macchine. Quella bloccata nelle scorse ore, tra l’altro, presenterebbe delle ammaccature, ma e’ da accertare il fatto che siano riferibili ad un investimento. Gli investigatori, infine, stanno ancora lavorando per identificare gli ultras napoletani che avrebbero sollevato il corpo di Belardinelli dopo l’investimento, alla fine degli scontri, consegnandolo, poi, ai tifosi interisti. Questi ultimi, che hanno preso il corpo per poi caricarlo su un’auto e portarlo in ospedale, invece, sono stati individuati. Lo stesso Marco Piovella, capo curva interista arrestato, ha messo a verbale di aver caricato il corpo su una macchina.
«Perché candidarsi solo come capolista alla Regione? Intanto sono in concorrenza con Trump per il papato, poi verifichiamo se è possibile». Così, con la consueta ironia, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha risposto ai giornalisti durante la presentazione del Festival di Ravello.
De Luca ha commentato con tono sarcastico l’ipotesi di un ruolo da capolista alle prossime elezioni regionali, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, che gli impedisce di candidarsi per la terza volta consecutiva alla presidenza della Campania.
In attesa delle motivazioni della Consulta
«Stiamo aspettando la motivazione della sentenza dell’altissima Corte», ha affermato De Luca. «Ciò che è certo è che il programma di questo governo regionale sarà completato». Alla domanda se stia pensando a un possibile successore come candidato governatore, ha lasciato la sala sorridendo e replicando con un laconico: «De Luca».
Nessuna apertura al “campo largo”
Sulle tensioni tra Pd e Movimento 5 Stelle in vista delle amministrative nei comuni del napoletano, De Luca ha tagliato corto: «Campo largo? Non conosco il significato di questa espressione oscena. Non mi pare che abbia avuto grande consenso da parte del popolo lavoratore».
La ‘cronaca’ del vissuto dai cittadini di Pompei al momento dell’eruzione del 79 d.C. attraverso la ‘fotografia’ fissata dai resti trovati in una stanza. E’ quella raccontata da un articolo dell’E-journal degli scavi di Pompei che contiene i risultati di recenti indagini. Il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio, i resti di alcune vittime e gli oggetti quotidiani della casa di Elle e Frisso lungo via del Vesuvio, sono segnali di una vita bruscamente interrotta. La domus deve il suo nome al quadro mitologico rinvenuto in uno degli ambienti, ed e’ vicina alla Casa di Leda e il cigno, gia’ documentata nel 2018.
Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra l’area scavata e non dell’antica citta’ imperiale, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, con successivi interventi di restauro e di valorizzazione che ne consentiranno presto la fruizione al pubblico. I principali ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate, e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione, e da cui le vittime avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo e’ stato possibile riprodurre il calco in gesso, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti lasciati dalla decomposizione organica del legno.
Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo ritrovata, l’amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’eta’ adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti ,anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa, e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuo’ ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsene, trovando qui la morte.
“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarieta’ della vita di tutti noi – spiega il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel – gli abitanti di questa casa non ce l’hanno fatta. Alla fine e’ arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente. Le scosse sismiche avevano gia’ prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpi’ questa citta’, di cui ancora oggi troviamo le tracce”. Il quadro mitologico che da’ il nome alla casa era nel pannello centrale di una parete del triclinio. Raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa a un montone dal vello d’oro ma, durante il tragitto, Elle cadde nel mare che cosi’ prese il nome di Ellesponto. Nell’affresco e’ raffigurato il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto.
E’ stata interrogata in Belgio ieri per sette ore Lucia Simeone, la segretaria dell’eurodeputato di Forza Italia Fulvio Martusciello indagata nel caso delle presunte tangenti pagate da lobbisti Huawei per favorire gli interessi del colosso cinese delle telecomunicazioni. Lo scrivono Repubblica Napoli e Il Mattino. Il faccia a faccia si è svolto prima davanti agli investigatori e, poi, davanti al giudice istruttore. “Alla fine della lunga istruttoria – scrive Repubblica – il magistrato ha dichiarato decadute le principali accuse contestate a Simeone, dall’associazione per delinquere alla corruzione. Resta in piedi solo un’ipotesi di riciclaggio.
La donna (per la quale era stato revocato il mandato di arresto internazionale in base alla disponibilità a rendere interrogatorio in Belgio) è tornata in libertà come richiesto dagli avvocati”. Ma con alcune prescrizioni: dovrà rimanere a Bruxelles fino al 10 maggio, non avere contatti non Martusciello (che non risulta indagato) né con soggetti coinvolti nelle indagini e non allontanarsi senza autorizzazione del giudice dall’area Schengen fino a luglio. Al centro delle indagini della magistratura belga c’è una presunta tangente di poco meno di 46mila euro che sarebbe stata pagata da lobbisti vicini a Huawei per la lettera del 10 febbraio 2021, firmata da otto eurodeputati fra i quali Martusciello, diretta a tre commissari europei ed avente ad oggetto la implementazione della tecnologia 5G nella Ue. “I mille euro che ho ricevuto? Avevo anticipato soldi per una scatola di sigari a un lobbista, che me li ha restituiti. Non mi occupo di leggi o di vertenze politiche”, questa la versione di Simeone, scrive Il Mattino.