Collegati con noi

Cronache

L’omicidio di Paolo Stasi, il killer un minorenne

Pubblicato

del

Ucciso per un debito di appena 5mila euro. Ammazzato a 19 anni per non aver pagato la droga che custodiva in casa, confezionata in dosi per lo spaccio assieme al presunto killer, minorenne all’epoca dei fatti. L’amico, ritenuto dagli investigatori ai vertici di una rete di spacciatori, due ore prima dell’omicidio era andato a trovare Paolo a casa. Dagli atti dell’indagine emerge che, dopo aver ucciso Paolo, pensava di assassinare anche sua madre, Annunziata D’Errico, per eliminare un testimone scomodo. È quanto hanno ricostruito i carabinieri di Brindisi indagando sull’omicidio del 19enne Paolo Stasi, compiuto il 9 novembre scorso a Francavilla Fontana, e per il quale questa mattina sono state arrestate tre persone: Luigi Borracino, oggi 18enne, ma minorenne all’epoca dei fatti, Cristian Candita, di 21 anni, e la 24enne Marirosa Mascia. Solo Borracino e Candita sono accusati del delitto, della detenzione dell’arma e di spaccio di droga. Sono entrambi in carcere. Mascia, invece, risponde di spaccio di droga ed è ai domiciliari. Anche Annunziata D’Errico, 52 anni, madre di Stasi, è coinvolta nell’inchiesta, indagata per detenzione di sostanza stupefacente, ma la sua posizione appare sfumata. Il gip di Brindisi ha disposto anche due obblighi di dimora per spaccio di droga a carico del 20enne Pasquale Moldavio e Sara Canovari di 20 anni.

Secondo l’accusa sarebbe stato Boraccino l’esecutore materiale dell’omicidio premeditato di Stasi. Lo chiamò, lo fece scendere con un pretesto davanti al portone di casa, in via Occhi Bianchi, e lo uccise con due colpi di pistola, di cui il primo fatale che lo ferì al polmone sinistro e poi al cuore. Candita guidava l’auto sulla quale si trovava Borracino. I messaggi estrapolati dalla chat tra il 19enne e la madre dimostrano, precisa il gip, “che la D’Errico consumasse le sostanze stupefacenti che le venivano fornite dal figlio, ma non emerge da alcun elemento che la stessa abbia aiutato il figlio o Borracino in quella attività illecita”. La donna avrebbe tratto solo un “beneficio rappresentato dalla possibilità di avere piccole dosi di marijuana da destinare al proprio uso personale”. Come emerge dagli atti e parlando dei rapporti con Stasi e la madre, il 18enne ascoltato il 3 dicembre dai carabinieri ha riferito che “mi hanno fregato 50mila euro e lei lo sa bene (riferendosi alla D’Errico ndr) perchè partecipava insieme a noi. Sono stato io e non mi pento di quello che ho fatto. La pistola l’ho buttata nel cassonetto della spazzatura in campagna.

Ho fatto tutto da solo”. Queste dichiarazioni rese da Borracino, non assumono “rilevanza” secondo il Gip, “sia perchè proferite da un individuo che nutriva profondi sentimenti di rancore nei confonti della D’Errico, ritenendola erroneamente responsabile di aver accusato alla polizia giudiziaria”, ma anche perchè “disancorate dalla realtà”. Luigi Borracino e Cristian Candita scrive inoltre il gip hanno “palesato nel corso di alcune conversazioni l’intenzione di uccidere anche la madre” della giovane vittima. L’intercettazione, definita dal gip “emblematica”, risale al 14 gennaio 2013. Secondo l’accusa i due ritenevano che la donna “fosse l’unica che avrebbe potuto far emergere il coinvolgimento di Borracino nell’omicidio del figlio”. È Borracino – secondo il giudice – a sostenere che sia necessario eliminare la donna, mentre Candita cerca di dissuaderlo “solo – annota il gip – con riguardo alla tempistica”.

Advertisement

Cronache

Carmela Quaranta, strangolata in casa la sera di Pasqua: indagato il compagno per omicidio volontario

Pubblicato

del

È stata un’amica preoccupata, che non riusciva a contattarla da ore, a dare l’allarme: Carmela Quaranta, 42 anni, operatrice sanitaria e madre di due figlie, è stata trovata senza vita sul pavimento della sua camera da letto, la sera di Pasqua, nella sua abitazione di via Trieste a Mercato San Severino, piccolo centro in provincia di Salerno.

I primi sospetti e il cambio di accusa

Inizialmente si era ipotizzato un malore o un’overdose, ipotesi che aveva portato a una prima contestazione al compagno, un uomo di 56 anni, per morte come conseguenza di altro reato. Ma un esame più attento del medico legale ha svelato segni di strangolamento sul collo della vittima, e questo ha portato alla modifica dell’imputazione: ora l’uomo è indagato per omicidio volontario, furto (il cellulare di Carmela è scomparso) e detenzione di stupefacenti (sono stati trovati alcuni grammi di droga in casa).

Le indagini e i sospetti

L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore. I carabinieri del Ris stanno passando al setaccio l’abitazione, palmo a palmo, per raccogliere tracce, impronte, elementi biologici e ogni dettaglio utile a chiarire cosa sia accaduto nelle ultime ore di vita di Carmela. Una seconda ispezione tecnica dell’abitazione è prevista per domani.

Il cerchio degli investigatori si è stretto attorno alle persone più vicine alla donna: l’ex marito e il compagno, con cui aveva una relazione da circa un anno, sono stati entrambi interrogati. Le risposte fornite e le discrepanze negli alibihanno portato gli inquirenti ad approfondire in particolare la posizione del 56enne.

Il profilo della vittima

Carmela viene descritta da amici e conoscenti come una donna solare, legatissima alle sue figlie, piena di energia e voglia di vivere. Lavorava in più ambiti, collaborava con un’azienda del settore nutrizionale, la stessa in cui operava anche il compagno indagato.

All’inizio la relazione sembrava felice: nel giugno 2024 Carmela aveva pubblicato una foto con lui sui social. Ma col passare dei mesi, i rapporti si erano incrinati. In particolare, un post pubblicato da lui a febbraio — una frase volgare accompagnata da un teschio e tibie incrociate — oggi assume una luce inquietante.

La ricerca della verità

Carmela si era trasferita da poco a Mercato San Severino, dopo aver vissuto a lungo a Nocera Inferiore. Domani, nella sua casa, torneranno ancora una volta i carabinieri del Ris di Roma. Gli investigatori lavorano per ricostruire le ultime ore di Carmela, cercando riscontri oggettivi che possano dare una svolta al caso. Il mistero della mamma trovata senza vita nel giorno di Pasqua attende ancora risposte.

Continua a leggere

Cronache

Misterbianco, madre lancia la figlia dal terrazzo: arrestata per omicidio aggravato

Pubblicato

del

Una tragedia sconvolgente ha colpito la comunità di Misterbianco, nell’hinterland di Catania. Anna (nome di fantasia), 40 anni, ha lanciato nel vuoto la figlia di appena sette mesi, Maria Rosa, dal terzo piano della palazzina in cui viveva con la famiglia. La bimba è morta sul colpo, sotto gli occhi disperati del padre, che ha tentato il suicidio subito dopo aver visto la scena.

Una madre fragile, ma mai violenta

Secondo i familiari, Anna era affetta da una profonda depressione post-parto. Dopo la nascita di Maria Rosa, non era mai riuscita ad accettarla, a differenza del primogenito di 7 anni, verso cui nutriva un legame totalizzante. Eppure, nonostante l’evidente disagio psicologico, non era mai stata violenta con la piccola.

Una tragedia inaspettata

Al momento del gesto, in casa erano presenti il marito, la suocera e il figlio maggiore. Nessuno, raccontano, si aspettava una simile esplosione di follia. «A volte era nervosa, ma mai avremmo immaginato che potesse fare una cosa simile», ha dichiarato una cugina. Anche il sindaco di Misterbianco, Marco Corsaro, ha espresso sgomento: «Siamo senza parole. Il compagno è una persona perbene, le è sempre stato accanto».

Il tentativo di suicidio del padre e l’arresto della donna

Dopo aver assistito alla caduta della figlia, l’uomo si è lanciato dalla stessa terrazza nel tentativo di togliersi la vita. Trasportato in ospedale in stato di choc, è ora ricoverato ma fuori pericolo. La donna è stata arrestata dai carabinieridella Tenenza di Misterbianco con l’accusa di omicidio aggravato.

Le fragilità psichiche e il vuoto della prevenzione

Anna era sotto amministrazione di sostegno, decisione presa dal Tribunale di Catania, ed era seguita dai servizi di salute mentale dell’Asp etnea. In passato era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Tre mesi fa aveva partecipato a un’udienza davanti al giudice, accompagnata da un legale amico di famiglia. Aveva risposto “in modo impeccabile”, riuscendo a nascondere lo stato di alterazione, tanto che nessun provvedimento fu adottato.

Il padre della donna, un medico molto noto che vive fuori dalla Sicilia, era stato nominato come amministratore di sostegno. Tuttavia, nessuno tra i familiari aveva percepito segnali chiari del crollo psichico in corso. Per precauzione, la suocera si era trasferita in casa per stare vicino alla nuora e ai nipotini.

Una comunità sotto choc

La morte della piccola Maria Rosa ha lasciato sgomenta un’intera comunità. Le indagini proseguono per ricostruire ogni dettaglio e chiarire le responsabilità della rete di supporto. In attesa dell’esito degli esami e delle valutazioni psichiatriche, resta il dolore immenso per una vita spezzata e il peso di domande a cui, forse, sarà difficile dare risposte.

Continua a leggere

Cronache

Oppido Mamertina, denuncia gli stupri subiti da minorenne: la zia la frusta per mesi. Arrestata

Pubblicato

del

Ha trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali di gruppo subite quando era ancora minorenne, indicando i suoi aggressori: giovani legati alle cosche di Seminara, in provincia di Reggio Calabria. Ma la scelta di rompere il silenzio ha scatenato contro di lei la rabbia della sua stessa famiglia.

Una giovane di Oppido Mamertina, oggi maggiorenne, è stata punita con frustate per mesi dalla zia 78enne, ora agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Palmi. La donna l’ha segregata in una stanza, tappandole la bocca con un foulard per impedirle di urlare, e l’ha colpita con una corda, come forma di “punizione” per aver denunciato.

La denuncia “inimica” la ’ndrangheta

Dalle intercettazioni ambientali emerge che la zia avrebbe voluto punirla perché la sua testimonianza aveva compromesso i rapporti con le famiglie di ’ndrangheta del territorio. La Procura aveva chiesto anche l’arresto del cugino 47enne, figlio dell’anziana, ma il giudice ha disposto solo il divieto di avvicinamento.

Sei condanne e un nuovo processo

La ragazza è una delle due minorenni abusate dal branco. A marzo scorso, sei dei responsabili sono stati condannati a pene comprese tra 5 e 13 anni. Un secondo processo per altri imputati, all’epoca minorenni, inizierà il 15 maggio davanti al Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria.

I tentativi di zittirla: psichiatra compiacente e istigazione al suicidio

Dopo la denuncia, la famiglia ha fatto di tutto per farla ritrattare. Avevano persino fissato un incontro con uno psichiatra per farla dichiarare incapace. Due suoi fratelli, oggi in carcere, l’avevano addirittura spinta, insieme alla madre che la difendeva, a buttarsi dalla finestra per “lavare la vergogna” inflitta alla famiglia.

La verità emersa dalle intercettazioni

Le indagini sono partite per caso, grazie a intercettazioni telefoniche legate ad altri reati commessi dagli stessi aggressori. La prima vittima identificata aveva denunciato, dando forza e ispirazione anche alla seconda ragazza, che oggi lotta non solo contro i suoi aggressori, ma anche contro chi avrebbe dovuto proteggerla.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto