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Cronache

L’esaltazione delle balle scritte su Virginia Raggi e il silenzio sulle porcherie fatte a de Magistris

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Quello che segue è un florilegio di titoli di prime pagine, editoriali, articolesse, pamphlet usciti dalle penne di alcuni importanti (l’importanza è legata al ruolo che occupano e allo stipendio che percepiscono non alla professionalità che dimostrano) giornalisti italiani in questi due anni di inchiesta e poi processo a Virginia Raggi, sindaca di Roma. Hanno (pardon, abbiamo perchè faccio parte della categoria) scritto tutto quello che avete letto. La Raggi ha correttamente atteso che fosse processata. Era accusata di falso nell’inchiesta sulla nomina del capo del Dipartimento turismo di Roma. Cioè la sindaca Raggi, la signora Raggi, la donna Raggi, la mamma Raggi rispondeva di questo reato. Davanti al giudice non doveva difendersi da accuse di corruzione, prostituzione, concussione, subornazione di testimoni, tradimento del marito. Dunque, se i giornalisti si occupano di fatti, i fatti erano quelli che abbiamo detto: Virginia Raggi indagata per falso, imputata di falso, prosciolta dall’accusa di falso “perché il fatto non costituisce reato”. 
Tutto quello che leggerete dopo è materiale giornalistico (?) che ha raccolto Marco Travaglio e ce l’ ha offerto oggi sulla prima pagina de Il Fatto Quotidiano.  C’è dell’altro ma tutto quello che scrive Travaglio già basta e avanza. 
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“Hanno perso la Virginità” (Il Tempo, 19.12.2016).
“Il bivio di Raggi: ammettere la bugia col patteggiamento o rischiare il posto”, “L’ ultima spinta che avvicina di un’ altra spanna Virginia Raggi al suo abisso insieme giudiziario e politico è arrivata dalla testimonianza dell’ assessore Meloni” (Carlo Bonini, Repubblica, 26.1.2017).
“La Raggi teme l’ arresto. C’ è aria di autosospensione” (il Giornale, 27.1.2017).
“Mutande verdi di Virginia” (Libero, 31.1.2017).
“La fatina e la menzogna”, “mesto déjà vu di una stagione lontana, quella della Milano di Mani Pulite”, “la Raggi è inseguita dallo schianto dell’ ennesimo, miserabile segreto, custodito dai ‘quattro amici al bar’: una polizza sulla vita”, “Romeo ha un legame privato, privatissimo con la Raggi, in pieno conflitto d’ interesse”, “Quelle polizze potrebbero avere un’ origine non privata, ma politica una ‘fiche’ puntata su una delle anime del M5S romano, quella ‘nero fumo’”, “il rebus della provenienza dei fondi”, “Soldi di chi? Per garantirsi quale ritorno?”, “tesoretti segreti e ricatti” per “garantire un serbatoio di voti a destra” (Repubblica, 3.2.2017).
“Spunta la pista dei fondi elettorali”, “Fondi coperti”, “L’ ombra dei voti comprati”, “I pm a caccia dei contributi privati inferiori a 5mila euro e mai registrati” (Messaggero, 3.2.2017).
“La pista che porta alla compravendita di voti”, “Romeo potrebbe aver agito per conto di altri Il sospetto di finanziamenti occulti giunti al Movimento 5Stelle” (Corriere della sera, 3.2.2017).
“Come in House of Cards”, “L’ accusa di corruzione è vicina”, anzi “potrebbe emergere” (La Stampa, 3.2.2017).
“Patata bollente. La vita agrodolce della Raggi nell’ occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia riguarda l’ epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo” (Libero, prima pagina, 10.2.2017).
“Dopo via Almirante, via Raggi” (Il Foglio, 16.6.2018).
“Sindaca sempre più sola.
Quei consiglieri tentati di toglierle la fiducia. L’ idea dell’ addio prima del giudizio per falso” (Repubblica, 19.6.2018).
“La Raggi fa perdere voti.
M5S vuole cacciarla” (Libero, 20.6.2018).
“Al Campidoglio il piacere dell’ omertà” (Repubblica, 15.7.2018).
“Virginia, la paura della condanna e l’ ipotesi dell’ auto-sospensione” (Messaggero, 22.9.2018).
“L’ archiviazione per il reato di abuso può fornire nuovi elementi all’ accusa del pm” (Messaggero, 6.10).
“Processo Raggi, la funzionaria di polizia contraddice la linea difensiva della sindaca” (Corriere della sera, 20.10).
“‘Marra decise per il fratello’.
Altro colpo alla difesa Raggi”, “L’ exit strategy se arriva la condanna. Abbandonare, autosospendersi o provare a tirare avanti senza simbolo” (Repubblica, 20.10).
“Assist di Marra a Raggi, ma Meloni lo smentisce” (Messaggero, 23.10).
“L’ Opa leghista su Roma” (Il Foglio, 25.10).
“Se condannata, la carta Rousseau. ‘Voto web per andare avanti'” (Messaggero, 26.10).
“Raggi-Raineri, colpo di scena al processo” (Repubblica, 26.10).
“I partiti si preparano alla caduta”, “Il gioco di Salvini in Campidoglio”, “La sindaca nel suo labirinto. Nel momento più difficile, Virginia Raggi è sola e sembra non poter contare più nemmeno su Di Maio È come scomparsa” (Il Foglio, 1.11).
“Sindaca a rischio condanna” (il Giornale, 2.11).
“L’ ultima tentazione dei 5S : crisi pilotata per non votare” (Repubblica, 8.11).
“La Lega e la corsa per il Campidoglio. Parte l’ offensiva social e nei municipi” (Messaggero, 8.11).
“Passo indietro o giunta ‘no logo’, le vie per Virginia in caso di sconfitta. No al perdono web” (Corriere della sera, 10.11).
“Raggi in bilico, un guaio per il M5S “, “La crisi in Campidoglio e gli effetti sul governo” (La Stampa, 10.11).
“Raggi, chiesti 10 mesi. Il M5S la molla” (il Giornale, 10.11).
“Pure Di Maio si prepara a scaricare la Raggi inguaiata dai giudici. Anche lei non vede l’ ora di levare le tende” (Libero, 10.11).
“La Capitale, il malgoverno da cancellare”, “Con Virginia Raggi la situazione è precipitata. Ora che la conosciamo possiamo dire che in realtà tutto la predisponeva a questo esito.
Giovane piccolo-borghese romana dall’ abbigliamento e dalle maniere che ‘fanno tanto perbene’ nel quartiere Appio Latino dove è cresciuta, è centaura provetta e con l’ aria sempre annoiata e il tratto vagamente indolente che ricorda la protagonista di un racconto di Moravia” (Ernesto Galli della Loggia, Corriere della sera, 10.11).
“L’ esperimento romano può dichiararsi concluso con un sostanziale fallimento. Il tramonto di Virginia Raggi può intrecciarsi con un colpo al populismo municipale. Comunque vada, la sindaca è già fuori gioco” (Stefano Folli, Repubblica, 10.11).
“La Raggi è riunita con i suoi legali per l’ ultimo disperato tentativo di salvarsi” (SkyTg24, 10.11).
“Il Tribunale di Roma assolve l’ imputata Raggi Virginia perché il fatto non costituisce reato” (il giudice Roberto Ranazzi, 10.11.2018, ore 15.10).
Ps. Subito dopo il verdetto, quelli di SkyTg24 informano che la Raggi “è scoppiata a piangere perché non si aspettava una sentenza del genere” e il giudice ha stabilito che “la sindaca non si rendeva conto di quel che succedeva in Campidoglio”. Vergogniamoci (anche) per loro.
Marco Travaglio

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Davanti a questo spettacolo miserabile che tutto è tranne che giornalismo, possiamo vergognarci anche noi che facciamo parte della categoria? O tutto quello che scriviamo va bene perché siamo unti dal signore? E poi, da quale signore siamo unti? E con che cosa siamo unti? Oggi, esattamente nello stesso giorno in cui la signora Raggi è stata prosciolta da una accusa di falso, un altro sindaco di un’altra grande città d’Italia, la terza metropoli d’Italia, si è visto dare ragione dalla Corte di Appello di Salerno su una vicenda ancora più inquietante, sconvolgente, sconcertante. Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, qualche anno fa faceva il magistrato a Catanzaro. Luigi de Magistris qualche anno fa aveva iniziato due inchieste (Why Not? e Poseidone) che illuminavano per la prima volta alcune delle trame più oscure di questo Paese. Luigi de Magistris stava per dimostrare, come magistrato, che in Italia anni fa (e oggi?) mafia, apparati deviati dello Stato, massoneria e cuore nero dell’economia del Belpaese sedevano nella stanza dei bottoni e gestivano la vita degli italiani a loro piacimento. Il magistrato Luigi de Magistris per anni è stato vilipeso, vituperato, insultato, ricoperto di fango, bugie, messo alla berlina anche dai media italiani che non si sono mai premurati di fare una inchiesta seria su quello che stava subendo quel magistrato, quell’uomo, quel marito, quel padre di famiglia. Ieri la Corte di Appello di Salerno in una sentenza (passata quasi sotto silenzio) ha scritto che effettivamente a de Magistris furono scippate quelle due inchieste da una serie di persone (da altri magistrati suoi superiori, politici, uomini di governo e imprenditori) condannate dai magistrati giudicanti salernitani. Condannati a quale pena? Nessuna, perché il reato che hanno commesso è prescritto. Nel frattempo, però, in Italia qualcuno ha costretto un pm a lasciare la toga (perchè de Magistris se ne fotteva di fare la politica, il suo sogno era la toga) e due inchieste sono finite là dove dovevano finire. E noi in silenzio. Oggi non abbiamo dato alcuno spazio a questa vicenda inquietante che tocca Luigi de Magistris. Siamo tutti preoccupati dei vaffanculo di Di Maio. Siamo tutti focalizzati su Virginia Raggi. 

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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Rifiuta nutrizione artificiale,”ok a suicidio assistito”

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Si è sbloccato l’iter per l’accesso al suicidio medicalmente assistito della 54enne toscana, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva, che aveva rifiutato la nutrizione artificiale: la Asl Toscana nord ovest ha dato parere favorevole. “E’ la prima applicazione della nuova sentenza della Consulta che ha esteso il concetto di ‘trattamento di sostegno vitale'”, afferma l’associazione Luca Coscioni a cui si era rivolta tempo fa la donna e che ne aveva reso noto il caso un mese fa. L’Azienda sanitaria, spiega oggi l’associazione, “ha comunicato il suo parere favorevole: la donna possiede tutti e 4 i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo) per poter accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia. Da oggi se confermerà la sua volontà, potrà procedere a porre fine alle sue sofferenze. La Commissione medica della azienda sanitaria ora aspetta di sapere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna, in modo da assicurare ‘il rispetto della dignità della persona’”. La donna aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni il 20 marzo e a causa del diniego opposto aveva diffidato l’Asl, il successivo 29 giugno, alla revisione della relazione finale con particolare riferimento alla sussistenza del requisito del trattamento di sostegno vitale, essendo totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone e avendo rifiutato la nutrizione artificiale con la Peg ritenendola un accanimento terapeutico.

Ora la revisione del parere della Asl “è avvenuta – rileva l’associazione – alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024 che ha esteso l’interpretazione del concetto di ‘trattamento di sostegno vitale'”: fino a quest’ultima sentenza l’Azienda sanitaria “non riconosceva la presenza di questo requisito, in quanto equiparava il rifiuto della nutrizione artificiale all’assenza del ‘trattamento di sostegno vitale'”. I giudici della Consulta però “hanno chiarito che ‘non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali'”. “È la prima applicazione diretta della sentenza 135” della Consulta “che interpreta in modo estensivo e non discriminatorio il requisito del trattamento di sostegno vitale – dichiara l’avvocato Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio legale della 54enne -. La signora dopo mesi di attesa e sofferenze, con il rischio di morire in modo atroce per soffocamento anche solo bevendo, potrà decidere con il medico di fiducia quando procedere, comunicando all’Azienda sanitaria tempi e modalità di autosomministrazione del farmaco al fine di ricevere assistenza e quanto necessario. Le decisioni della Consulta, che hanno valore di legge, colmano il vuoto in materia dettando le procedure da seguire per chi vuole procedere con il suicidio medicalmente assistito”.

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