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Le sanzioni colpiscono Putin e Lavrov, il nodo Swift

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Congelati gli asset di Vladimir Putin e Serghei Lavrov. Lo scatto dell’Occidente nella strategia anti-russa si concretizza in una misura dall’impatto economico tutto da valutare, ma dall’alto valore simbolico. Lo zar e il potentissimo ministro degli Esteri russo finiscono nella black list europea, cosi’ come in quelle di Usa e Gran Bretagna. “Ne’ Putin ne’ Lavrov hanno conti ne’ in Gran Bretagna ne’ altrove all’estero”, fanno spallucce da Mosca ostentando indifferenza. Ma colpire un capo di Stato con sanzioni personali e’ l’anticamera per trasformarlo in “un paria sulla scena internazionale”, per usare le parole di Biden. A Bruxelles l’ipotesi inizialmente era di puntare al bersaglio piu’ alto in un terzo pacchetto di sanzioni, ma con Kiev sotto assedio l’Ue ha deciso di accelerare. “E non ci fermiamo”, ha assicurato l’Alto Rappresentante Josep Borrell. All’orizzonte cresce infatti l’ipotesi di una sanzione che potrebbe essere un vero e proprio ‘big bang’ finanziario, l’esclusione di Mosca dal sistema Swift. Alla Commissione ma anche alla Bce stanno gia’ lavorando su una mossa che avrebbe un impatto senza precedenti, sulla Russia e sull’Europa. Stanno lavorando, soprattutto, sulle contromisure energetiche, industriali e finanziarie. “Si tratta di scegliere, l’esclusione dal sistema Swift significa, in linea di principio, azzerare gli scambi con la Russia. E se sei dipendente dal gas, ci vuole cautela”, spiegava poco prima del Consiglio Affari Esteri un alto funzionario Ue. Alla riunione dei titolari delle diplomazie europee, oltre al secondo pacchetto di sanzioni, e’ stato tuttavia proprio il sistema Swift uno dei protagonisti del dibattito. L’ipotesi continua a dividere e, per dirla con Borrell, “al momento manca ancora l’unanimita’”. Ma il fronte dei Paesi perplessi, capitanato da Germania e Italia, ha cominciato ad ammorbidirsi. Il ministro delle Finanze di Berlino Christian Lindner ha spiegato che l’opzione “e’ sul tavolo”. La titolare degli Esteri, Annalena Baerbock, parlando ai suoi omologhi non ha chiuso, ma ha spiegato che quando la sanzione e’ stata imposta all’Iran non tutto e’ andato per il meglio. Il pressing diplomatico di chi vuole la Russia fuori da tutto e’ salito sensibilmente anche sull’Italia. E allora Roma ha provato a fare chiarezza. Fonti di Palazzo Chigi hanno rimarcato come “non sia stata chiesta alcuna eccezione” sulla sanzioni. A Bruxelles il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha aggiunto che l’Italia “non pone veti, ha sempre votato in maniera compatta con gli altri membri Ue le proposte della Commissione e continuera’ a farlo”. E ha assicurato all’omologo ucraino Dmytro Kuleba che, sull’opzione Swift, Roma ci sara’. Eppure, restano diversi pero’. Ed e’ stato il ministro dell’Economia Daniele Franco, all’Ecofin di Parigi, a metterlo in chiaro: con l’esclusione di Mosca, Roma e altri capitali non potrebbero pagare il gas russo. E “interrompere i flussi, per un Paese come l’Italia che utilizza quel gas per circa il 43% del suo fabbisogno potrebbe essere un problema”. Non certo solo per Roma. Berlino, Helsinki, Vienna ma anche Budapest avrebbero conseguenze serie. E poi c’e’ il nodo del coordinamento internazionale: se l’Ue esclude la Russia da Swift e la Cina non lo fa, l’impatto per Mosca sarebbe di certo meno devastante. Ma la voglia di punire il “nazista Putin” – copyright della Commissione Ue – cresce di ora in ora. La Francia, ad esempio, si e’ gia’ detta favorevole ad escludere Mosca dal sistema di pagamenti, come la Spagna e come aveva gia’ fatto la Gran Bretagna. La presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola si e’ esposta in prima persona mentre il presidente del Ppe, il polacco Donald Tusk, ha attaccato Italia e Germania dicendo che, sulle sanzioni, “hanno perso l’onore”. Di certo, dopo il vertice dei leader europei terminato nella notte non tutti erano soddisfatti. Bruxelles si e’ risvegliata con la sensazione di chi sapeva di poter fare di piu’. Alla riunione degli ambasciatori Ue della mattina, su spinta di Parigi, Putin e Lavrov sono entrati nella black list. E sono state confermate tutte le sanzioni sull’export, sulle banche e sui visti gia’ annunciate. “Dobbiamo isolare Mosca politicamente e diplomaticamente”, ha sentenziato Di Maio. Kiev combatte e in Europa sale la consapevolezza che nel rapporto con Mosca, ormai, e’ entrata in una nuova era.

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Esteri

Stoltenberg visita Kiev, raid russi su Odessa

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“Un maggior sostegno è in arrivo, gli alleati hanno ascoltato il tuo appello”. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si è rivolto con parole rassicuranti a Volodymyr Zelensky durante una visita a sorpresa a Kiev. Il capo dell’Alleanza ha garantito che i Paesi occidentali forniranno più aiuti militari, e più rapidamente, come chiede il presidente ucraino. E, mentre nell’est del Paese le forze russe continuano ad avanzare, si è dichiarato convinto che “non è troppo tardi perché l’Ucraina vinca”.

Per garantire la sua sicurezza, tuttavia, Kiev punta ora anche ad un accordo bilaterale con gli Stati Uniti, che recentemente hanno sbloccato un nuovo pacchetto di assistenza militare dal valore di 61 miliardi di dollari dopo mesi di diatribe nel Congresso. “Stiamo già lavorando su un testo specifico, il nostro obiettivo è rendere questo accordo il più forte di tutti”, ha annunciato Zelensky. Il riferimento è ad altre intese simili siglate negli ultimi mesi dall’Ucraina con diversi Paesi europei tra cui l’Italia lo scorso febbraio. Tuttavia il patto con Roma, come chiarito dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, “non è vincolante dal punto di vista giuridico” e non prevede “garanzie automatiche di sostegno politico o militare a Kiev”.

Con Washington, invece, “l’accordo dovrebbe essere davvero esemplare e riflettere la forza della leadership americana”, ha assicurato Zelensky. Con gli Usa ha insistito il presidente, l’Ucraina sta “discutendo le basi concrete di sicurezza e cooperazione” e “per fissare livelli specifici di sostegno per quest’anno e per i prossimi 10 anni”.

Ciò dovrebbe includere “il sostegno militare, finanziario, politico e la produzione congiunta di armi”. Durante la conferenza stampa con Stoltenberg, Zelensky ha insistito sulla richiesta che “la consegna degli aiuti militari sia più rapida”. Un’urgenza dettata per Kiev dalle drammatiche difficoltà con cui deve confrontarsi sul terreno, dove si trova a corto non solo di munizioni ma anche di uomini. Il capo di Stato maggiore, Oleksandr Syrsky, ha lanciato ieri l’allarme per una situazione che è “peggiorata”, con la Russia che “sta attaccando lungo tutta la linea del fronte”. Mentre il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che “fra gli ucraini al fronte sta crescendo il panico”. Per il momento l’avanzata russa, ancora limitata, si concentra nell’area del Donbass, nell’est dell’Ucraina. Le forze di Kiev hanno detto di aver respinto nelle ultime ore “55 tentativi di attacco” nella regione di Donetsk, dove nei giorni scorsi i russi si sono impadroniti di tre villaggi nell’area di Avdiivka, cittadina caduta nelle mani delle truppe di Mosca a febbraio. E il ministero della Difesa russo ha detto che oggi è stata conquistato un altro insediamento, quello di Semenivka.

Raid sono stati segnalati anche a Odessa, con frammenti di missile russo caduti sul Castello di Kivalov, dove si è sviluppato un incendio. Il bilancio è di almeno 5 morti. Stoltenberg ha ammesso che Kiev si trova in questa situazione perché negli ultimi tempi “gli Alleati non hanno mantenuto ciò che avevano promesso”, e “gli ucraini ne stanno pagando il prezzo”. Ma con Zelensky il segretario generale ha anche parlato del possibile ingresso di Kiev nel Patto Atlantico.

“Sto lavorando duramente per garantire che l’Ucraina diventi membro della Nato, abbiamo bisogno che tutti gli alleati siano d’accordo”, ha detto Stoltenberg. Per poi ammettere che anche in questo caso rimangono delle difficoltà. “Non mi aspetto che raggiungeremo tale accordo entro il vertice di luglio” a Washington, ha dichiarato. Ma per Zelensky il futuro del suo Paese è nella Nato, perché, ha affermato, “è impossibile immaginare la sicurezza dell’Europa e della comunità euro-atlantica senza l’effettiva partecipazione dell’Ucraina”.

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Ucraina, Blinken: ci saremo se Mosca vuole negoziare

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Se la Russia mostrerà un sincero desiderio di negoziare per porre fine alla guerra in Ucraina, gli Stati Uniti saranno sicuramente presenti: lo ha detto il segretario di Stato americano Anthony Blinken in una conversazione con il presidente del World Economic Forum, Borge Brende, a Riad, secondo quanto riporta Radio Liberty. La fine della guerra dipende dal presidente russo Vladimir Putin, ha affermato Blinken: “Non appena la Russia dimostrerà di voler sinceramente negoziare, noi saremo sicuramente lì, e credo che anche gli ucraini saranno lì”, ha aggiunto.

“Essa (la fine della guerra, ndr) dipende in gran parte da Vladimir Putin e da ciò che deciderà… Spero che Putin capirà il messaggio e dimostrerà la sua disponibilità a negoziati sinceri in conformità con i principi fondamentali che sono alla base della comunità internazionale e della Carta delle Nazioni Unite: sovranità, integrità territoriale, indipendenza”, ha affermato Blinken.

Secondo il segretario di Stato americano l’aggressione della Russia si è trasformata in un fiasco strategico per Mosca, che ha dovuto compiere enormi sforzi per eludere i controlli e le sanzioni sulle esportazioni ed è stata costretta a riorientare la propria economia: una situazione che non può essere sostenuta a lungo termine. In generale, quindi, il Paese adesso è più debole economicamente e militarmente. Gli ucraini, intanto, sono uniti “come mai prima d’ora” contro la Russia, ha aggiunto Blinken e “la Nato è più forte e più grande”.

L’Europa nel frattempo “si è liberata della dipendenza dalle risorse energetiche russe in modo straordinario in soli due anni. Tutto ciò, a mio avviso, rappresenta un enorme fallimento strategico per la Russia. Spero che questo venga riconosciuto. Non appena la Russia dimostrerà di voler sinceramente negoziare, noi saremo sicuramente lì, e credo che anche gli ucraini saranno lì”.

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Naufraga barca di migranti alle Canarie, decine i dispersi

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Naufraga un’imbarcazione con migranti a bordo al largo de El Hierro, una delle isole Canarie, lasciando decine di dispersi in mare. Stando a quanto si apprende da diverse fonti, 9 persone sono state soccorse con un elicottero e portate sull’isola per fornite loro assistenza sanitaria e alcuni di essi, scrive l’agenzia Efe, hanno raccontato ai soccorritori che la barca si è ribaltata due giorni fa, e che in quel momento a bordo c’erano circa “60 persone”. In seguito, alcune di loro sarebbero riuscite a rigirarla e tornarvici sopra.

L’incidente, avvenuto a circa 60 miglia nautiche a sud de La Restinga (El Hierro), è stato notificato dall’equipaggio di una nave mercantile di passaggio, chiamata Beskidy. Secondo questa segnalazione, la barca dei migranti era in situazione di “semi-affondamento”. Il servizio di salvataggio marittimo spagnolo, che per ora non conferma cifre di morti e dispersi in questo naufragio, ha mobilitato per i soccorsi, oltre all’elicottero, anche un’imbarcazione di emergenza.

(la foto in evidenza è di archivio e non ha a che vedere con la vicenda narrata)

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