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Cronache

Le mani della ‘ndrangheta sul porto di Livorno: l’allarme della Fondazione Caponnetto

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Nella maxi operazione contro la ‘ndrangheta le indagini hanno dimostrato la rete di connivenze e di complicità di cui potevano godere i capi delle cosche, in particolare della cosca Molè. Nel blitz sono stati arrestati anche tre portuali di Livorno che avrebbero avuto proprio il compito di facilitare l’accesso dei criminali calabresi al porto toscano. Le indagini erano partite nei primi mesi del 2019, quando era stata segnalata la presenza a Livorno di presunti esponenti di vertice delle ‘ndrine calabresi. Secondo gli investigatori della polizia, i sequestri di droga fatti nel porto di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche, in particolare la cosca Molè, a reindirizzare il traffico di stupefacenti verso i porti di Livorno e Vado Ligure (Savona).

Salvatore Calleri, presidente Fondazione Caponnetto

“La brillante operazione contro la ‘ndrangheta di ieri ha toccato anche la Toscana: l’indagine  – ha dichiarato Salvatore Calleri presidente Fondazione Antonino Caponnetto- ha dimostrato che il porto di Livorno è in asse con quello di Gioia Tauro e che le cosche hanno dei riferimenti tra chi lavora all’interno, anche se non è una novità. Quello che la Fondazione Antonino Caponnetto dice da tempo è quindi confermato dai fatti: la ‘ndrangheta controlla parte del porto di Livorno alla stregua di quanto accade con i porti del nord Europa. Se ne prenda atto e si adottino le contromisure necessarie”.

 

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È annegato il bimbo di 4 anni scomparso, trovato corpo nel fiume

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È morto annegato nel fiume Adigetto il bambino di 4 anni del quale si erano perse le tracce nel pomeriggio di ieri, a Villanova del Ghebbo (Rovigo). I vigili del fuoco, che hanno proseguito nelle ricerche anche dopo l’arrivo del buio, hanno individuato il corpicino poco prima della mezzanotte, mentre in gommone compivano l’ennesima perlustrazione del tratto di fiume. Il piccolo era in galleggio a circa 700 metri dal punto in stava giocando sulla riva quado è scomparso. Ancora da accertare la dinamica della tragedia.

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Cronache

Ordigno esplode sull’auto dell’ufficiale della Finanza, militare salvo per miracolo a Bacoli

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Dai primi rilievi degli artificieri sembrerebbe che ignoti avessero collocato un ordigno sull’auto privata, una Lancia, di un ufficiale della Guardia di Finanza esplosa – causando, per fortuna, solo danni alla vettura – ieri sera a Bacoli, in provincia di Napoli. Il finanziere è uscito illeso dalla deflagrazione e, secondo quanto si apprende, utilizzava raramente quell’automobile. Giovane, 35 anni, emiliano di nascita, residente da tempo per ragioni di lavoro a Bellavista, viene descritto come un brillante ufficiale in servizio alla Caserma Zanzur di Napoli. Nella sua attività investigativa si concentrava esclusivamente di verifiche e non di indagini sulla criminalità organizzata. È il comandante della sezione “Accise sugli oli minerali”. Significa che nel suo lavoro ha a che fare purtroppo spesso con evasioni milionarie. Accertamenti sono in corso da parte dei carabinieri di Pozzuoli e di Napoli, coadiuvati dalle fiamme gialle e anche dagli artificieri, per fare luce sul movente del grave gesto che, al momento, non appare collegato all’attività inquirente dell’ufficiale. Insomma una situazione molto pesante perchè se l’uomo delle Fiamme Gialle non fosse stato lesto dall’uscire in tempo dall’auto, oggi saremmo qui a parlare di un omicidio con modalità spettacolari, un una località tra le più tranquille della Campania, nel giorno in cui si celebravano le vittime della mafia.

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Superbonus, maxi truffa miliardaria: indagati tra Avellino, Salerno, Milano, Torino e altre città

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Una rete di truffatori che, utilizzando prevalentemente prestanome, tra cui senza fissa dimora, percettori di reddito di cittadinanza, persone decedute o con precedenti penali, aveva creato un numero imprecisato di imprese inesistenti per riscuotere crediti di imposta fittizi per “Ecobonus” e “Bonus Facciate” per 1,7 miliardi di euro. A fare luce sulla truffa è stata la Guardia di Finanza di Avellino e di Napoli, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Avellino. Si tratta del sequestro di crediti d’imposta più alto di sempre e che ha portato a perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato. “Non si può parlare di imprenditori, dato che le società esistevano soltanto sulla carta e in qualche caso erano da tempo non operative”, sottolinea il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, Salvatore Minale, che insieme alle Fiamme Gialle di Napoli, ha disarticolato l’organizzazione che nel corso degli ultimi mesi e su base quotidiana ha inviato alla Agenzia delle Entrate un elevatissimo numero di comunicazioni di cessione del credito di imposta. Nei confronti degli indagati si ipotizzano i reati di associazione a delinquere, truffa, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Gli investigatori escludono il loro collegamento con organizzazioni criminali, ma evidenziano la rodata ‘specializzazione’ raggiunta dagli indagati: in molti casi, le particelle catastali corrispondevano ad immobili inesistenti e a turno, gli stessi soggetti si scambiavano i ruoli di cedenti e cessionario dei crediti. Ad innescare l’indagine è stata un’analisi di rischio del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate. Sono state inoltrate istanze anche per immobili inesistenti, senza fatture oppure riportanti importi “incoerenti”. In duemila casi, è stato accertato, i lavori si sarebbero dovuti realizzare addirittura in comuni inesistenti. I lavori dichiarati per i quali sono stati inoltrate richieste di bonus avrebbero avuto un costo di circa 2,8 miliardi di euro. I sequestri eseguiti oggi – uno preventivo emesso dal gip e un altro d’urgenza della Procura di Avellino – hanno di fatto impedito che i crediti possano essere utilizzati in compensazione o monetizzati presso gli intermediari finanziari. In corso anche indagini per verificare la posizione di una persona, residente in Irpinia ma non indagata, finita nell’operazione portata a termine stamattina dalla Guardia di Finanza di Asti che in diverse regioni, per gli stessi reati, ha portato al sequestro di 1,5 miliardi e all’emissione di un’ordinanze di custodia cautelare per dieci persone.

Gli sviluppi delle indagini hanno permesso di accertare un ammontare di crediti fittizi per circa 1,7 miliardi di euro, parte dei quali usati in compensazione.

Gli interventi edilizi dai quali sarebbero sorti i crediti (per un importo complessivo di lavori dichiarati di circa 2,8 miliardi di euro) erano riferibili a immobili inesistenti, con indicazione nelle comunicazioni di cessione, in oltre 2.000 casi, di comuni anch’essi inesistenti.

Contestualmente al sequestro sono in corso perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 soggetti indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.

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