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Economia

Le Borse europee avanzano, Milano ai massimi da 13 anni

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Le Borse volano spinte dalle trimestrali e dall’ottimismo sulla ripresa economica. Le pizze finanziarie europee chiudono tutte in positivo: lo Stoxx 600 sfiora i 479 punti e segna un nuovo record, mentre Milano archivia la seduta in rialzo dell’1,23% ai massimi da 13 anni. Avanza anche Wall Street dove il Dow Jones corre per la prima volta sopra i 36.000 punti e Tesla prosegue la sua corsa al rialzo con l’avvio dei lavori di Cop26. L’attenzione degli investitori e’ ora sulla Fed che rendera’ note le prossime mosse di politica monetaria mercoledi’ e un annuncio sulla riduzioen degli acquisti di asset e’ dato ormai per scontato. La banca centrale americana appare di fronte a un dilemma: stabilire se le strozzature alle catene di approvvigionamento sono un rischio per l’inflazione e quindi richiedono un’azione sotto forma di stretta monetaria oppure se il rialzo dei prezzi e’ un fenomeno temporaneo che svanira’ con il ritorno alla normalita’ dell’economia. Per la Fed e Jerome Powell si tratta di un test non facile da superare e la posta in gioco e’ alta soprattutto per il presidente della banca centrale americana, sul cui destino – ovvero una conferma o una sua sostituzione – Joe Biden e’ chiamato a decidere a breve. Al balzo delle borse europee si contrappongono le tensioni sui mercati del debito. La Bce non sembra aver convinto i mercati sulle prossime mosse. E cosi’ a fronte di un’inflazione che appare sempre meno temporanea e, complice anche una giornata festiva di bassi scambi e attivita’, lo spread fra il Btp italiano e il Bund tedesco e’ tornato ad allargarsi a 130 punti per chiudere a 131 con un rendimento del decennale all’1,21%. Il movimento si era gia’ visto venerdi’ all’indomani della riunione di Francoforte quando il differenziale aveva raggiunto la soglia dei 130 per poi perdere terreno. Nella stessa giornata peraltro, con la diffusione dei dati sul Pil italiano, fonti del Mef si erano dette fiduciose di chiudere il 2021 a oltre il 6% con riflessi positivi anche sui mercati. Certo il rialzo dei rendimenti e’ un fenomeno che non investe solo il debito italiano ma un po’ tutti i titoli di stato. Il mercato si attende delle mosse di contrasto all’aumento generale dei prezzi da parte della Federal Reserve e dalla Boe che terranno le riunioni questa settimana alle quali la Bce dovra’ poi adeguarsi. Credit Suisse rileva come “il 2022 sara’ l’anno del tapering per USA, Eurozona, Regno Unito e Australia. Non solo, probabilmente portera’ i primi aumenti dei tassi in Canada e Regno Unito”. Per quanto riguarda i Btp cosi’, secondo dei report diffusi da Goldman Sachs e Citigroup, la forbice continuera’ ad allargarsi anche nei prossimi giorni in attesa della riunione della Bce di dicembre e nell’ambito di un generale riflusso dai titoli piu’ rischiosi. Per Citigroup e’ inoltre probabile che lo spread possa toccare i 150 punti. Secondo l’investitore professionale ed editorialista Mario Seminerio e’ in corso un braccio di ferro fra i mercati e la Bce. “I mercati hanno iniziato a “provocare”” le banche centrali, “con pressioni al rialzo dei rendimenti tali da configurare l’inizio del rialzo dei tassi ufficiali entro la fine del prossimo anno, ponendosi cioe’ in aperto contrasto con la posizione ufficiale della Bce, i cui modelli econometrici vedono l’inflazione ancora sotto la soglia del 2% nel 2022”. “Quanto alla ripresa dello spread italiano, e’ proprio da mettere in relazione alla fragilita’ del nostro paese causata dall’alto indebitamento. Ogni volta che i rendimenti di mercato risalgono, noi soffriamo sottolinea. Fino al vertice di dicembre della Bce quindi, sottolineano dalle sale operative, quando si capiranno meglio i piani sugli acquisti di attivi, dovremmo aspettarci volatilita’ sul mercato dei titoli di stato. (

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Economia

Trump: non rimuoverò Powell prima della scadenza

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Donald Trump ha dichiarato in un’intervista a Nbc che non rimuoverà Jerome Powell (foto in evidenza Imagoeconomica) dalla carica di presidente della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026, definendo il banchiere centrale una persona “completamente rigida” e ripetendo gli appelli alla Fed ad abbassare i tassi di interesse.

rump ha affermato che Powell non è un suo fan, ma si aspetta che la Fed abbassi i tassi di interesse a un certo punto. “Beh, dovrebbe abbassarli. E a un certo punto lo farà. Preferirebbe di no perché non è un mio fan”, ha detto, sostenendo di non piacere a Powell perché lo ritiene una persona totalmente rigida e incapace. Alla domanda se avrebbe rimosso Powell prima della fine del suo mandato come presidente nel 2026, Trump ha rilasciato la sua smentita più decisa, dicendo: “No, no, no… perché dovrei farlo? Potrò sostituire quella persona tra poco tempo”.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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Economia

L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

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Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

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