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Lavoro

Lavoro, le imprese tornano ad assumere a tempo indeterminato

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Assunzioni in crescita nei primi sei mesi dell’anno. Il saldo dei contratti stabili, cioè assunzioni e trasformazioni meno cessazioni, è risultato positivo di 140 mila unità. Un dato positivo che frena a giugno e comunque è inferiore al dato del corrispondente periodo del 2017.  La nota positiva è che sono in aumento, quasi una fuga in avanti, le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato che registrano un forte incremento rispetto al periodo gennaio-giugno 2017. Il balzo è stato del 58,7%. Una crescita dovuta, secondo l’Inps, alla scadenza del triennio degli apprendisti assunti nel 2015. “Un aumento – spiega Pietro Garibaldi, professore di economia politica all’Università di Torino – dovuto anche all’effetto che il ddl dignità avrebbe avuto sui contratti a termine, poi diventati infatti più costosi. Chi voleva assumere lo ha fatto”.

Lavoro. Dati Inps parlano di una ripresa delle assunzioni

I dati sono dell’Osservatorio dell’Inps sul precariato. Vanno dunque presi con prudenza essendo dati di flusso. Sarà l’Istat a fotografare la situazione, che però, da qui ai prossimi mesi, si fa più incerta. Ne sono convinti un po’ tutti, sindacati in primis, tanto che la Cgil segnala come questi dati siano indicativi di una ripresa molto fragile e di una crescita inferiore alla media dei Paesi europei. Come dire, pronti a prepararsi al peggio.  Precipita a luglio anche il ricorso alla cassa integrazione, ordinaria e in deroga. Il numero di ore di Cigs è stato pari a 6,9 milioni, di cui 3 milioni per solidarietà. La diminuzione è stata pari al 72,2% (da luglio a luglio dello stesso anno). E vanno giù anche anche le ore di cassa in deroga. Un dato che secondo la Cgil è tutt’altro che una buona notizia. « Il calo costante non deve trarre in inganno – sostiene Tania Sacchetti, segretario confederale Cgil – e non può infatti essere interpretato come la fine delle difficoltà del sistema produttivo perché le modifiche agli ammortizzatori sociali ( dalla Fornero al Job Act), hanno introdotto restrizioni per durata e possibilità». Un’ analisi sulla quale non tutti concordano. C’ è chi sostiene il contrario. « È un buon segnale – per Emilio Reyneri – a meno che non sia dovuto alle cessazioni di impresa. E poi se è vero che gli ammortizzatori sociali sono stati cambiati – aggiunge – è vero anche che il governo precedente li ha trasformati nel segno dell’equità. Ora tutti hanno diritto a un sussidio se perdono il posto di lavoro ». In aumento tutte le tipologie: tempo indeterminato +1,7%, determinato + 5,9%, stagionali + 2,8%, somministrazione +16,3%.

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Lavoro

Il 2023 parte bene, creati 100mila posti in due mesi 

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 Il lavoro torna a crescere, ed è stabile. E cresce tanto anche l’occupazione femminile, pur restando più precaria di quella maschile. Nei primi due mesi del 2023, infatti, si è registrato un saldo positivo tra attivazioni e cessazioni di oltre 100mila posti. Si tratta di un aumento superiore al doppio di quello del bimestre precedente, e maggiore di circa un terzo rispetto agli stessi mesi del 2019, prima della pandemia. Soddisfatta la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha parlato di “un’ottima notizia che ci spinge a far sempre meglio”. Mentre la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha sottolineato come questi dati rappresentino un “segnale di fiducia per la nostra economia, anche se molto resta da fare”. Perchè “da diversi settori – ha spiegato – intercettiamo una carenza di manodopera”. Dunque, nei primi due mesi dell’anno – si legge nell’indagine di Bankitalia, Anpal e ministero del Lavoro – sono stati attivati nel complesso nel settore privato non agricolo oltre un milione di nuovi posti, con un saldo positivo rispetto alle cessazioni di 106mila unità. Quasi la metà del saldo positivo del primo bimestre arriva dai servizi (52mila posti, 22mila dei quali solo dal turismo), mentre il commercio registra 18mila posti in più, l’industria in senso stretto 23mila e le costruzioni 13mila. Il saldo positivo ha riguardato solo il tempo indeterminato (+107mila unità), mentre l’apprendistato è arretrato e il saldo per i contratti a termine è stato positivo per sole 6mila unità. Dopo essere state più penalizzate rispetto agli uomini durante la crisi pandemica, dalla fine del 2021 l’occupazione femminile è cresciuta fino a raggiungere livelli storicamente elevati.

A questa dinamica – si legge nell’indagine – ha contribuito l’alta incidenza nel biennio 2021-22 della domanda di lavoro nei settori del commercio, del turismo e dei servizi alla persona, dove la quota di donne impiegate è maggiore. Negli ultimi due anni le donne hanno però occupato solo un terzo dei posti a tempo indeterminato, confermando la tendenza all’occupazione di posti più precari. Nei primi due mesi il saldo dei contratti per le donne è di 55mila unità a fronte dei 51mila per gli uomini. Il saldo positivo ha riguardato per 82mila unità il Centro Nord e per 24mila unità il Sud e le Isole. Nel 2022, secondo la ricerca, il numero di disoccupati misurato dalle dichiarazioni di immediata disponibilità, si è ridotto di 80mila unità, meno rispetto al calo del 2021 (-300mila) che però ha visto una veloce ripresa economica dopo la parte più difficile della pandemia. “Sono stati creati in questi mesi più posti di lavoro in Italia – ha detto il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso – che in Francia e in Germania. Anche questi dati ci confermano che il nostro sistema produttivo è più resiliente, più capace di adattarsi e quindi di reagire alle grandi crisi che abbiamo subito, in Italia più che altrove”. La Cgil commenta la ricerca parlando di qualche luce ma di “molte ombre” ancora a partire dal consolidamento delle differenze territoriali.

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Cronache

Manager napoletano perse il lavoro, ora a Milano lo trova agli altri

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Nel 2008 perde il lavoro di Account manager di un’importante azienda e da lì a pochi mesi nasce la sua seconda figlia e perde il lavoro anche la moglie. Ma Gennaro Izzo, napoletano di origine e residente a Milano, non si perde d’animo e inizia a lavorare come magazziniere e cameriere. Fino al 2016, quando insieme al Centro Siloe, fonda la cooperativa ‘Tutto è per grazia’, con lo scopo di inserire nuovamente le persone nel mondo del lavoro: da giugno 2022 a febbraio 2023 su 100 persone che hanno chiesto aiuto alla cooperativa, 70 sono state ricollocate e tra questi ci sono anche due clochard.

“Noi siamo provvidenza per il prossimo e questo avviene dentro un processo gratuito e non sottostando alle logiche dello scambio e del clientelismo”, commenta Izzo che cita come punto di svolta anche l’incontro con don Walter Magnoni della Curia di Milano. “Mi portò in Caritas – racconta – e da quel giorno cambiò il mio sguardo sulla vita e sul lavoro”. Oggi la cooperativa “è un’oasi dove rinfrescarsi” e “chi passa da noi inizia a lavorare”.

Ma è anche “un luogo che assicura tranquillità psicologica ed economica. La nostra mission – spiega – è dare il lavoro giusto alla persona giusta, attraverso una mansione adatta, in linea con le attitudini del richiedente. Di solito chi è rimasto a terra accetta qualunque lavoro, noi abbiamo ribaltato il modello”.

La Cooperativa si occupa di facchinaggio, pulizie, sgomberi, attività di multi servizi che rientrano nel contratto nazionale e ha iniziato ad occuparsi anche di ristrutturazioni edili, di restauri di quadri antichi, affreschi e palazzine liberty. Tra i servizi offerti c’è anche quello dedicato al segretariato da remoto, creato per aiutare ragazze madri che avrebbero difficoltà ad andare in ufficio. “Ho incontrato Gennaro perché all’epoca ero responsabile della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Milano. Tutte le questioni collegate al lavoro passavano dal mio ufficio e lui – dice don Magnoni – è stato uno di quelli che si è presentato ponendomi da un lato una situazione che si era andata a complicare, ma dall’altro l’idea di creare qualcosa che permettesse di lavorare a lui ma anche di dar lavoro ad altri. L’intuizione mi era sembrata promettente ma chiedeva di essere accompagnata. Mi fa piacere vedere che questa cosa inizia ad avere una sua sostenibilità” .

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Economia

In ufficio 4 giorni, anche in Italia inizia dibattito

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I sindacati iniziano a chiedere che anche in Italia, dove già alcune grandi aziende hanno iniziato a farlo, si sperimenti la settimana lavorativa di quattro giorni. Una sperimentazione positiva, testimoniata dagli ultimi dati in arrivo dal Regno Unito, che per il segretario della Fim Cisl, Roberto Benaglia, impone di “aprire un confronto tra le parti sociali per andare nella stessa direzione”. “E’ tempo di regolare il lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero, in modo più sostenibile, libero e produttivo. E’ possibile ripensare gli orari aziendali e ridurli non contro la competitività aziendale – spiega Benaglia – ma ricercando nuovi equilibri e migliori risultati”.

“La Fim Cisl già lo scorso anno ha proposto di negoziare, soprattutto a livello aziendale, una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e 1/5 di riduzione d’orario, che possa essere dedicata anche alla formazione o ai carichi di cura”. Secondo uno studio inglese diffuso nei giorni scorsi la sperimentazione ha messo in eveidenza dipendenti meno esauriti e stressati, meno giorni di malattia e dimissioni, lieve aumento dei ricavi Dai risultati è emerso come circa il 71% dei lavoratori abbia dichiarato livelli inferiori di “burnout” e il 39% ha riferito di essere meno stressato rispetto all’inizio dello studio. Questo si è tradotto in una riduzione del 65% dei giorni di malattia e in un calo del 57% delle dimissioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma il dato più eloquente è l’elevato livello di consenso delle aziende: circa il 92% (56 su 61) ha affermato di voler continuare con la settimana corta e 18 imprese hanno confermato il cambiamento come permanente. Più facile, per i dipendenti, conciliare il lavoro con gli impegni familiari e sociali, con livelli autodichiarati di ansia e affaticamento diminuiti e un miglioramento della salute mentale e fisica.

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