Quando ha toccato il pallone e lo ha fatto scivolare sotto il corpo di Mbappè, lo stadio San Paolo è esploso in un applauso fragoroso: Kalidou Koulibaly ora fa parte ufficialmente della rosa ristretta di calciatori candidati al Pallone d’Oro africano. E Mabppè sarebbe uno dei candidati quale miglior giocatore d’Europa. Una sfida di alto livello vissuta durante la partita di ritorno fra Napoli e PSG. La lista dei 5 migliori giocatori d’Africa è stata resa nota dalla BBC. Per Koulibaly il gigante buono vestito d’azzurro è un riconoscimento importante e lo vede correre al fianco di Benatia, Mane, Partey e Salah. Il presidente del Napoli ha già detto di no a sirene che offrivano molti zeri, per Ancelotti è insostituibile, per i compagni di squadra un caro amico, per i napoletani è un concittadino ormai.
Un rapporto d’affetto che si consolidò quando Kalidou fu oggetto, per l’ennesima volta, di insulti razzisti: allo stadio, i napoletani dopo quel brutto episodio, indossarono una maschera di cartone con la foto del forte difensore e issarono manifesti con sopra scritto #siamotuttKoulibaly. Un amore ricambiato: il numero 26 del Napoli e 3 del Senegal non perde occasione per dichiarare l’affetto per Napoli e per i Napoletani. Su Twitter, su Instagram, con amici e colleghi. Il gigante franco – senegalese buono lo è per davvero: spesso si impegna in opere di solidarietà e di beneficenza verso i deboli, i bisognosi, gli extracomunitari. Quei fratelli senegalesi più sfortunati di lui che è nato in Francia, ma con i quali sente un legame antico che lo fa spesso tornare all eroghino, all’Africa dei suoi genitori pure se lui è nato a Saint-Dié-des-Vosges, una località vicina a Metz, non lontano dal confine cola Germania.
Ebbene chi crede che Kalidou Koulibaly è pronto per vincere il pallone d’oro d’Africa, chi tifa per lui, può votarlo sul sito della BBC, questo è il link, basta copiarlo e incollarlo nella barra
Alcune centinaia di persone nella sede della Protezione civile di Monteruscello (Pozzuoli), quasi cinquemila collegate per seguire la diretta streaming. Il nuovo sciame sismico che ha colpito nelle ultime ore l’area dei Campi Flegrei, con quasi 600 scosse, di cui sei con magnitudo maggiore di tre, ha riacceso paure e perplessita’ tra gli abitanti della cosiddetta zona rossa. L’incontro pubblico convocato per oggi ha proprio l’obiettivo di fare chiarezza e fugare il piu’ possibile dubbi e timori. “Alla luce del monitoraggio costante – rassicura subito Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano – possiamo dire che non sta per avvenire un’eruzione, nonostante lo sciame sismico in corso dallo scorso 15 febbraio. Parliamo di una caldera con una dinamica bradisismica in atto dal 2005, con deformazione crostale, che diventa deformazione del suolo”.
Di Vito si affretta a rimarcare che le 108 persone che lavorano nella sede napoletana dell’Ingv “sono al lavoro 24 ore su 24 per raccogliere, analizzare e comunicare i dati disponibili”. Il capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile, Fabio Ciciliano, rimarca che si e’ di fronte una “sequenza normale dal punto di vista geologico”. “Ci sono stati questi 4-5 eventi particolarmente importanti – argomenta – molto avvertiti soprattutto di notte, quando ovviamente la sensazione e la percezione e’ maggiore, che fanno parte della natura geologica di queste terre. Sono fenomeni geologici che esistono da migliaia di anni e che rimarranno presenti su questo terreno per altre migliaia di anni”. Per Ciciliano “bisogna convivere con la realta’ geologica del territorio”. “Se qualcuno vuole evitare di sentire le scosse – taglia corto – semplicemente deve andare via da questa zona”.
Il tono degli interventi dei cittadini lascia trasparire rabbia e incertezza, che non viene mitigata dalle parole delle istituzioni presenti, tra cui anche il prefetto di Napoli Michele Di Bari, il sindaco della Citta’ metropolitana Gaetano Manfredi e i sindaci di Pozzuoli e Bacoli, Luigi Manzoni e Josi Della Ragione. Cicilianoprova piu’ volte, con una certa difficolta’, a riportare la discussione nei binari della tranquillita’. Parlando prima con i giornalisti e poi con la popolazione, il capo della Protezione civile sottolinea che “le vie di fuga saranno pronte tra qualche anno” e ora, quindi, “c’e’ da applicare ora il piano”. “Sono stati stanziati 500 milioni di euro nelle mani del Commissario straordinario Soccodato – prosegue – di cui 200 licenziati dal Consiglio dei ministri per istituti scolastici, messa in sicurezza di edifici pubblici e vie di fuga. E’ prevista anche la realizzazione del nuovo svincolo della tangenziale per favorire l’esodo in caso di necessita’. C’e’ bisogno di tempo per realizzazione delle opere”.
Dal tavolo dei relatori partono continui tentativi di rassicurare le persone presenti e non. Sulla scia delle parole di Di Vito, anche Ciciliano ribadisce che “in questo momento non c’e’ pericolo che il magma sia in risalta. Da un punto di vista geotermico, non e’ stata registrata al momento nessuna alterazione degli indici geochimici. I gas che vengono analizzati quotidianamente dall’Ingv non mostrano al momento alcun tipo di varianza che possa far pensare a un’accelerazione del fenomeno”. Le istituzioni presenti battono piu’ volte sul concetto che i Campi Flegrei sono una delle aree piu’ monitorate al mondo. “Sappiamo in tempo reale quello che accade – fa notare Ciciliano – e si condivide con la collettivita’. Ogni singolo cittadino sa subito la scossa quando avviene, dove avviene, in che posizione e a che profondita’. E’ ovvio che dal punto di vista emotivo determina un qualcosa di negativo, ma e’ altrettanto ovvio che questo e’ l’unico meccanismo per poter essere capaci di gestire in maniera ordinaria le azioni che sono state messe in campo”.
Rassicurazioni arrivano anche da Manfredi: “Mi rendo conto che dopo questo sciame sismico ci sia apprensione – spiega – ma stiamo seguendo le procedure che abbiamo definito insieme alla Protezione civile nazionale e regionale. Non ci sono al momento motivi di allarme, stiamo verificando tutte le strutture e finora non abbiamo rilevato danni. Oggi l’emergenza e’ essenzialmente psicologica e va gestita anche con grande professionalita’ dalla Protezione civile”.
L’accelerazione chiesta da Israele per la liberazione degli ultimi sei ostaggi vivi, dei 33 previsti nella prima fase dell’accordo, è stata accolta da Hamas. Che ha confermato anche la restituzione di quattro salme di rapiti per giovedì e altrettante la prossima settimana. Il capo negoziatore di Gaza Khalil al Hayya, in un discorso registrato trasmesso da al Quds news ha annunciato che nelle bare consegnate all’Idf ci saranno anche Shiri, Kfir e Ariel Bibas, la madre e i due bambini dai capelli rossi rapiti il 7 ottobre 2023 nel kibbutz di Nir Oz. Israele aspetta il risultato dell’esame del Dna prima di qualsiasi conferma. La tv pubblica Kan ha fatto sapere che i corpi saranno identificati entro 48 ore dalla consegna ad Abu Kabir.
Le autorità esortano alla cautela per rispetto al dolore dei parenti. Ma la famiglia Bibas, pur non avendo ricevuto aggiornamenti ufficiali, ha voluto chiarire che la notizia, trasmessa da media e social palestinesi, non ha mancato di raggiungere anche loro, con quel che ne consegue. Sul fronte diplomatico, Benyamin Netanyahu ha ottenuto un risultato riducendo a una, anziché due, le liberazioni-show in cui si sono prodotti Hamas e la Jihad islamica palestinese da settimane. In cambio consentirà l’ingresso a Gaza di centinaia di roulotte per gli sfollati e i mezzi pesanti per spostare le macerie che ricoprono la Striscia e le strade di collegamento. Oltre alla liberazione di ulteriori 47 detenuti palestinesi, che si aggiungeranno agli oltre mille già tornati in libertà nelle scorse settimane. Da quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto che tutti gli ostaggi israeliani fossero liberati entro sabato scorso, scadenza trascorsa con il ritorno in patria di soli tre, Israele ha esercitato un forte pressing sui Paesi mediatori affinché almeno gli ultimi sei della prima fase siano rilasciati tutti insieme il 22 febbraio.
Avera Mengistu e Hisham al-Sayed saranno rilasciati dopo più di dieci anni in cattività a Gaza, gli altri dopo 505 giorni di prigionia: Omer Wenkert, Omer Shem Tov, Eliya Cohen, Tal Shoham. Secondo fonti di Axios, anche Hamas avrebbe spinto per concludere prima del 42mo giorno, temendo – così come Gerusalemme – che il piano potesse saltare prima di essere portato a termine. Nel mentre, non si è fatta attendere la reazione gli ayatollah dopo che Benyamin Netanyahu, durante la dichiarazione congiunta con il segretario di Stato Usa Marco Rubio di domenica, ha avvisato Teheran che “il lavoro sarà portato a termine”. Riferendosi all’attacco dei mesi scorsi in Iran in risposta alle centinaia di missili lanciati dai pasdaran in ottobre su Isrele. Il numero due dei guardiani della rivoluzione Ali Fadavi martedì ha minacciato una terza ondata di attacchi missilistici contro Israele “al momento opportuno”. Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar, nel frattempo ha superato le speculazioni degli ultimi giorni spiegando in un briefing con la stampa che nei prossimi giorni prenderanno il via i negoziati sulla seconda fase dell’accordo con Hamas, che comprenderà lo scambio dei restati ostaggi israeliani, tra cui 19 militari (in vita secondo l’inviato Usa Steve Witkoff) con altri detenuti palestinesi. Secondo le stime, altri 24 ostaggi ancora in vita saranno rilasciati.
Il ministro degli Esteri è stato poi categorico sul futuro del governo di Gaza: “Chiediamo la smilitarizzazione totale della Striscia. Non accetteremo alcuno scenario in cui i gruppi terroristici armati restino nell’enclave”, ha detto, aggiungendo poi che “Israele non appoggerà un piano che preveda il trasferimento del controllo civile di Gaza da Hamas all’Anp”. Sa’ar inoltre ha confermato che l’Idf “temporaneamente” resterà in cinque località strategiche del sud del Libano per proteggere da nuove fiammate le comunità settentrionali israeliane. Presenza condannata da Beirut che parla di ‘occupazione’, ma anche dall’Onu secondo cui “qualsiasi ritardo nel ritiro di Israele” sarebbe una “violazione della risoluzione 1701” del Consiglio di Sicurezza.
Nel 2024 le famiglie italiane con un contratto di fornitura nel mercato libero a tariffa indicizzata hanno speso, in media, 791 euro per la bolletta della luce e 1.339 euro per quella del gas. Tra luce e gas, lo scorso anno gli italiani hanno pagato, mediamente, 2.130 euro in tutto. Lo rivela un’analisi del sito Facile.it. Guardando alla sola fornitura elettrica, la Sardegna, la Sicilia e il Veneto, si confermano come le aree con le bollette più salate. Per quanto riguarda le bollette del gas 2024, si è speso di più in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e, ancora una volta, in Veneto.