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Esteri

Kim torna a casa, in valigia sei droni e un fucile

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Il treno blindato di Kim Jong Un fa rotta – lentamente – verso casa. Il dittatorissimo nordcoreano conclude così il suo viaggio in Russia (raro momento di svago all’estero) portandosi a casa la promessa di una visita di Vladimir Putin, che vale molto sul piano della propaganda interna ed esterna, dato che Mosca ha il veto all’Onu ed è da lì che passano molte delle sanzioni imposte a Pyongyang. Kim in valigia ha riposto pure qualche souvenir: una carabina, dono personale dello zar, e sei droni, raccattati dopo il giro nelle fabbriche belliche della regione di Primorye, nell’Estremo Oriente russo. La domanda, ora, è naturalmente una sola: Kim fornirà armi alla Russia per aiutarla nella sua guerra contro l’Ucraina? I media di Pyongyang riferiscono che il leader nordcoreano e il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, a Vladivostok hanno parlato di “rafforzamento tattico e strategico e degli scambi reciproci tra le forze armate nel campo della difesa e della sicurezza”.

Il ministro della Difesa nordcoreano Kang Sun Nam ha poi “espresso la disponibilità a cercare un ulteriore rafforzamento della coesione bellica e della cooperazione con l’esercito russo”. Secondo il Cremlino non sono stati firmati “accordi scritti” tra Putin e Kim ma questo non significa che la Corea del Nord non decida di aiutare lo zar in qualche modo; peraltro il suo arsenale è altamente compatibile con le esigenze delle forze russe, dato che l’Unione Sovietica è stata una delle principali fornitrici di Pyongyang. Il complesso militare-industriale nordcoreano è oggi impegnato nella produzione di lanciarazzi nonché di razzi da 107, 122, 200, 240, 300 e persino 600 millimetri. La Corea del Nord ha iniziato a ricevere i primi lanciatori mobili durante la guerra con il Sud, nella fattispecie i lanciarazzi sovietici Bm-13 Katyusha con razzi da 132 millimetri. Da allora è stato un fiume carsico di forniture, con i cinesi a contribuire pesantemente a partire dagli anni Sessanta. I famosi lanciarazzi multipli sovietici Bm-21 Grad da 122 millimetri sono arrivati a Pyongyang negli anni ’70 e sulla loro base l’industria bellica nordcoreana iniziò a creare i propri sistemi missilistici di calibro analogo.

Da allora ne è passata di acqua – e di polvere da sparo – sotto i ponti. Nel 2019, ad esempio, il Nord ha creato lanciarazzi mobili di calibro pesante (designazione non ufficiale Kn-25), sia su ruote che cingolati, con una gittata di circa 380 chilometri. Resta da vedere se questi sistemi finiranno davvero nelle mani di Mosca, rischiando un nuovo round di sanzioni. Ma sembra sospetto che proprio in agosto Kim abbia ispezionato a sorpresa alcune fabbriche chiedendo di “migliorare” la qualità dei proiettili e “aumentare” la velocità di produzione. Il dittatore ha definito inoltre la consegna di camion progettati per trasportare e sparare missili balistici “una priorità assoluta”. La data del viaggio di Putin non è stata ancora annunciata ma si sa già che a ottobre ci andrà il suo ministro degli Esteri Serghei Lavrov e che a novembre si terrà, sempre a Pyongyang, il prossimo incontro della commissione intergovernativa russo-nordcoreana. I segnali ormai paiono chiari: il conflitto si estenderà probabilmente al 2024 e nel corso della (relativa) pausa invernale entrambi gli schieramenti cercheranno di aumentare il proprio potenziale offensivo, in vista di una possibile resa dei conti nella primavera-estate del prossimo anno.

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Esteri

Aiuti in cambio di armi, parte smilitarizzazione Karabakh

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S'infiamma il Nagorno-Karabakh, Mosca pronta a intervenire

“Siamo in stretta collaborazione con le forze di pace russe che stanno portando avanti la smilitarizzazione” e stanno dando “sostegno ai civili”. Il portavoce militare azero, il colonnello Anar Eyvazov, parla dal distretto di Shusha, ai margini della roccaforte ribelle Stepanakert, mentre un convoglio umanitario della Croce Rossa attraversa per la prima volta l’enclave contesa da quando l’Azerbaigian ha lanciato l’offensiva lampo nei giorni scorsi, sviluppo possibile solo adesso che si è raggiunto l’accordo. L’impegno per il cessate il fuoco, però – parte dell’intesa – mostra già cedimenti quando Mosca ne segnala già la violazione con un soldato azero rimasto ferito in uno scontro a fuoco nel distretto di Mardakert.

L’annuncio delle forze azere segue di 24 ore quello che Mosca aveva a sua volta diramato affermando che i combattenti separatisti di etnia armena avevano iniziato a consegnare le armi sulla base dell’accordo raggiunto proprio grazie alla mediazione russa: è quindi una conferma ma anche l’intenzione da parte azera di mostrare l’arsenale ribelle adesso preso in consegna. “Abbiamo già sequestrato armi e munizioni”, ha aggiunto infatti Eyvazo, spiegando che il processo di disarmo “può richiedere tempo” perché alcuni ribelli avevano sede in remoti distretti montani. “La priorità è lo sminamento e la smilitarizzazione”, ha quini sottolineato. La politica intanto passa ancora una volta dal Palazzo di Vetro, a New York, nella coda dell’Assemblea Generale in cui interviene l’Azerbaigian, dichiarandosi “determinato a promuovere un’agenda di normalizzazione”.

Jeyhun Bayramov, ministro degli Esteri azero, tiene però soprattutto a sottolineare che “nessuno stato accetterebbe la presenza illegale di un altro stato sul suo territorio e neppure noi lo accettiamo. Ma nonostante le sfide poste dagli armeni ribadiamo la nostra volonta’ per negoziati nel rispetto dei diritti reciproci. Crediamo ci sia un’opportunita’ storica di raggiungere un accordo per far si ‘che i due paesi vivano come vicini nel rispetto reciproco”. E promette quindi di trattare gli armeni del Karabakh come “cittadini uguali”. A Bruxelles parla il presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, mentre il Paese si prepara ad affrontare l’arrivo di migliaia di profughi in fuga dall’ultima operazione militare azera nell’enclave del Nagorno-Karabakh, e si dice “preoccupato per la cooperazione militare tra Italia e Azerbaigian e per gli accordi già firmati, o previsti, che arriverebbero fino a 1,2 o 1,5 miliardi di euro”. In una video intervista Khachaturyan sottolinea che “queste armi verranno un giorno utilizzate contro il Nagorno Karabakh e contro la Repubblica di Armenia” e insiste: “Speriamo che questo accordo di cooperazione non venga firmato”, mentre rimarca il “grande potenziale per la cooperazione” tra Italia e Armenia. Poi mette in guardia sulla “minaccia di un escalation” che a suo avviso “non è scomparsa, esiste ancora, da un momento all’altro le attività militari potrebbero riprendere e l’Azerbaigian potrebbe tentare di continuare la sua politica di pulizia etnica del Nagorno Karabakh”. E spiega: “Per questo abbiamo chiesto meccanismi internazionali per la sicurezza degli armeni che vivono nella regione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. (ANSA). RP 2023-09-23 19:37 S0B QBXB EST

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Venezuela mette taglia sul leader del carcere Tocoron El Niño Guerrero

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Il Venezuela mette una taglia su Rusthenford Guerrero Flores, meglio conosciuto come El Niño Guerrero, il leader del Tren de Aragua – il gruppo criminale più temuto del Venezuela – che aveva trasformato il carcere di Tocoron, a sud est di Caracas, in un paradiso per criminali, con piscina, zoo con animali esotici, e persino una stanza per il mining di Bitcoin. “Ricompensa. “Ricercato”, si legge su un manifesto postato sui social media dal ministero dell’Interno e della Giustizia, corredato di fotografia, nome e numero della carta d’identità di Guerrero, 39 anni, condannato a più di 17 di reclusione, per omicidio. Ma nonostante la caccia all’uomo, secondo l’Osservatorio delle carceri venezuelane, i vertici della banda criminale erano stati avvisati con anticipo dell’operazione pianificata per riprendere il controllo del penitenziario, dando loro il tempo di fuggire.

“I prigionieri più violenti, e i capi, avevano già negoziato la loro uscita dal complesso” prima dell’assalto degli 11mila tra poliziotti e militari “ed hanno lasciato il Paese una settimana fa”, affermano dalla ong. Secondo Jeremy McDermott, direttore esecutivo di InSight Crime, fondazione dedicata allo studio delle principali minacce alla sicurezza in America Latina, dal bastione del Tocoron, da anni Guerrero organizzava una serie di attività che gli fruttavano circa tre milioni di dollari l’anno. Il penitenziario – spiega – si era trasformato in una roccaforte per estorsioni, sequestri, rapine, tratta di esseri umani, e traffico di droga, con ramificazioni in vari Paesi dell’America Latina, dal Perù al Cile, dall’Ecuador alla Colombia.

L’osservatore ritiene inoltre che l’operazione per riprendere il controllo della prigione, faccia parte di una strategia del governo di Nicolas Maduro per mostrare il pugno duro contro il crimine in vista delle elezioni del 2024. Stando a indiscrezioni, nel carcere sono stati trovati alcuni tunnel sotterranei che consentivano l’entrata e l’uscita a proprio piacimento. E ci sono immagini che immortalano Guerrero mentre partecipa a feste ed altri incontri mondani. Tra le informazioni circolate, quella che il capo del Tren de Aragua abbia già lasciato il Venezuela e si sia nascosto in Cile. Ma le autorità del Paese sudamericano – che negli ultimi mesi si sono trovate a gestire gravi problemi di sicurezza – negano.

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Kiev conferma, ‘sfondate difese russe nel sud, avanziamo’

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Il generale a capo della controffensiva ucraina lungo la linea del fronte sud, Oleksandr Tarnavsky, ha confermato alla Cnn che le sue forze hanno sfondato a Verbove, a est di Robotyne (Zaporizhzhia) e avanzano ulteriormente. Tarnavsky ha ammesso che le sue truppe si stanno muovendo più lentamente del previsto. “Non così velocemente come ci si aspettava, non come nei film sulla Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato: “La cosa principale è non perdere questa iniziativa (che abbiamo). E, beh, non perderla nella pratica, con le azioni”. Lo sfondamento della linea del fronte meridionale, la cosiddetta ‘linea Surovikin’, era stato riportato ieri dai media internazionali.

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