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Cronache

Juventus nel caos. Due giornate di squalifica dello Stadium per razzismo, inchiesta su minacce di morte tra bianconeri di Torino e Napoli e altre accuse a Ronaldo

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La Corte Sportiva d’Appello Nazionale, riunitasi su ricorso della Juventus contro la chiusura per un turno di squalifica della tribuna sud, non solo ha respinto l’istanza del legale della società degli Agnelli, Luigi Chiappero, ma ha anche aggravato la sanzione già inflitta. I turni di squalifica passano a due. Le gare da disputare con i settori ‘Tribuna Sud 1ø e 2ø anello’ privi di spettatori sono due, ma con sospensione dell’esecuzione della seconda gara mentre resta confermata l’ammenda di 10mila euro. In pratica, dopo la sospensione, comunque penderà sulla testa della società la spada di Damocle di una ulteriore squalifica in caso di recidiva. Cioè se le questi presunti tifosi dovessero ricaderci con i loro cori razzisti, ci sarebbero due nuove giornate di squalifica.  Il giudice sportivo aveva sanzionato il club bianconero per cori di insulto razzista di matrice territoriale nei confronti del Napoli e per un coro razzista all’indirizzo di Kalidou Koulibaly segnalato dalla terna arbitrale sul referto della gara. Ovviamente, la colpa del grande campione del Napoli, agli occhi dei razzisti coperti da prosciutto, è il colore della sua pelle. É nera.  

I referti arbitrali sono l’atto di accusa. Alcuni striscioni razzisti esposti contro Napoli e i napoletani

Il ricorso della Juventus dunque ha solo prodotto un ulteriore inasprimento della pena. E questo accade mentre nella tifoseria dei gobbi, quella più estrema, c’è molta fibrillazione. Ci sono scambi di volgarità, accuse, offese, insulti e anche qualche minaccia di morte manco tanto velata sui social tra le frange più estreme del tifo legato ad ambienti opachi anche del crimine organizzato. Motivo del contendere? I gobbi napoletani, si fanno chiamare così i tifosi bianconeri nativi di Napoli “True Boys”, hanno chiesto con toni duri agli ultras di “Tradizione” piemontesi (ma ci sono una marea di calabresi e siciliani trapiantati) di interrompere i cori razzisti contro la città di Napoli. Ci sono alcune telefonate non proprio edificanti tra questi due gruppi di tifosi in cui ci si scambiano minacce anche di morte. Ascoltare quello che si dicono via web è interessante.

Tra chi dice “basta cori contro la città di Napoli” e chi sostiene “voi napoletani non potete più entrare allo Stadium”. Diciamo che da quel che si sente c’è poco da stare allegri. E così la Digos di Napoli e quella di Torino, coordinate dalla procura piemontese, stanno indagando su queste scaramucce che promettono di evolvere in guerra. E visto il tenore delle minacce e i personaggi in causa, c’è poco da stare allegri. E forse né Allegri (l’allenatore) né Agnelli, il presidente della Juve, vogliono che si guasti l’ambiente bianconero proprio in questa fase, cioè con la squadra che va bene ma sta affrontando le difficoltà di Ronaldo nell’affaire presunto stupro della modella Kathryn Mayorga.

 

“Vesuvio lavali col fuoco” è un coro che non vogliamo più sentire allo Stadium: così la guerra tra ultras bianconeri torinesi e napoletani fa traballare la Curva Sud

“Sesso violento consenziente”, “no, fu uno stupro”: vi sveliamo le versioni di Ronaldo e di Mayorga

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Auto si ribalta e prende fuoco, morti tre ragazzi

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re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.

Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.

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Schianto in A1 dopo aver scelto casa, morti padre e bimbo

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Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.

Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.

I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.

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Il 19 giugno parte il processo per l’omicidio di Aurora

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Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.

È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.

Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.

E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.

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