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Jannik Sinner trionfa a Cincinnati: Tiafoe battuto in due set

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Jannik Sinner continua a scrivere la storia del tennis italiano con un’altra vittoria di prestigio. Nella finale del Masters 1000 di Cincinnati, il giovane talento azzurro ha dominato l’americano Frances Tiafoe, vincendo con un punteggio netto di 7-6, 6-2. Un match mai veramente in discussione, con Sinner sempre in controllo e capace di imporsi su uno degli avversari più ostici del circuito.

Il primo set ha visto i due giocatori scambiarsi colpi potenti e precisi, con Tiafoe che ha tentato in più occasioni di mettere in difficoltà l’italiano. Tuttavia, Sinner ha dimostrato ancora una volta la sua solidità mentale e fisica, portando il set al tie-break e chiudendolo con autorità.

Nel secondo set, Sinner ha alzato ulteriormente il livello del suo gioco, lasciando poco spazio alle iniziative di Tiafoe. Con un break ottenuto in apertura, l’italiano ha preso il controllo totale del match, consolidando il suo vantaggio e chiudendo con un perentorio 6-2. La vittoria conferma la straordinaria crescita di Sinner, che si sta affermando sempre più come una delle stelle emergenti del tennis mondiale.

Con questa vittoria a Cincinnati, Sinner non solo aggiunge un altro titolo prestigioso al suo palmarès, ma consolida ulteriormente la sua posizione ai vertici della classifica ATP.

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Roma-Fiorentina, Bove si commuove al giro di campo all’Olimpico

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La Roma vince 1-0 contro la Fiorentina e subito dopo il triplice fischio è il momento dell’omaggio delle due squadre e dello stadio Olimpico a Edoardo Bove. Giro di campo per il giocatore, fermo dallo scorso 2 dicembre per un malore durante l’incontro tra Fiorentina e Inter, che una volta arrivato sotto la Curva Sud si è commosso per i cori e gli applausi dei 63mila dello stadio Olimpico. In campo sono rimaste anche tutte e due le squadre, compreso Dybala, fuori dai convocati.

 

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Esteri

Missile Houthi sull’aeroporto di Tel Aviv, ira di Israele

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Poche decine di metri più in là e sarebbe stata una strage. Un missile balistico lanciato dallo Yemen alle 9.22 di domenica mattina ha colpito una delle vie di accesso al Terminal 3 dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, ferendo sei persone e lasciando a terra un vasto cratere. I sistemi di difesa Arrow e l’americano Thaad non sono stati in grado di abbattere il missile. Anzi, secondo una prima indiscrezione trapelata dall’indagine dell’Aeronautica sulla mancata intercettazione, l’antiaerea non ha individuato il missile in volo verso il territorio israeliano. Il gruppo filoiraniano Houthi ha rivendicato l’attacco sottolineando la capacità “di colpire obiettivi sensibili di Israele”.

Hamas ha esultato elogiandoli per aver beffato “i sistemi di difesa più avanzati del mondo”. Per Israele è stata una giornata di paura e rabbia, con il premier e il ministro della Difesa che hanno rilasciato dichiarazioni di fuoco. “Gli attacchi degli Houthi provengono dall’Iran”, ha affermato Benyamin Netanyahu, condividendo su X un post di marzo di Donald Trump in cui accusa Teheran di finanziare il gruppo yemenita. “Israele risponderà all’attacco contro il nostro aeroporto principale e, in un momento e luogo a nostra scelta, anche ai loro padroni del terrore iraniani”, ha minacciato il primo ministro. Israel Katz ha sintetizzato: “Chiunque ci colpisca, verrà colpito sette volte tanto”.

L’ex capo dell’Autorità per l’aviazione civile israeliana Avner Yarkoni ha ricordato che “è la prima volta che un missile colpisce direttamente l’aeroporto Ben Gurion”. Ossia, un sito strategico con alto valore simbolico per qualsiasi Paese al mondo. A novembre un razzo di Hezbollah ha centrato un parcheggio sul perimetro dello scalo ma senza il risultato drammatico ottenuto questa volta dagli Houthi. L’esplosione, avvenuta quasi in contemporanea con lo scattare delle sirene d’allarme, ha gettato nel panico i viaggiatori che non hanno fatto in tempo a raggiungere le aree protette.

“Il mio corpo è volato per aria con l’esplosione. Ho visto sabbia e fango che si alzavano”, ha raccontato uno dei feriti a Ynet. Una donna colpita dalle schegge ha descritto momenti angosciosi: “C’è un parcheggio lì, non c’è un rifugio, mi sono messa a correre. L’ho presa con un po’ di indifferenza, ‘è un missile dallo Yemen, c’è tempo’, mi sono detta. Un attimo dopo ho visto il missile cadere proprio davanti a me. Le schegge mi hanno investito. Sono finita per terra, ho sentito il panico, c’erano vetri ovunque”, ha detto.

Contrariamente alle dichiarazioni degli Houthi, gli ordigni lanciati contro Israele secondo fonti della Difesa israeliana non sono missili ipersonici (che volano fino a 8 volte la velocità del suono e non seguono una traiettoria balistica prevedibile), tuttavia perfino i sistemi si difesa Arrow 3 e Arrow 2, che hanno percentuali di intercettazione prossime al 90%, a volte subiscono fallimenti nell’intercettazione. E stavolta di fatto il fallimento ha comportato come prima reazione la cancellazione dei voli di buona parte delle compagnie internazionali, comprese Ita, Swiss Air, Lufthansa, British airways, Iberia, Wizz Air. Lasciando a terra milioni di passeggeri anche nei prossimi giorni, perlomeno fino al 7 maggio. Con una perdita anche economica per il Paese. Dal 18 marzo, quando l’Idf ha ripreso la guerra a Gaza, gli Houthi hanno sparato una trentina di missili balistici e diversi droni contro Israele.

La metà è stata abbattuta, gli altri non hanno raggiunto il bersaglio. In serata il primo ministro ha convocato il gabinetto politico e di sicurezza per decidere, tra l’altro, sull’annunciata escalation nella Striscia. Il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha reso noto che questa settimana saranno emesse decine di migliaia di ordini di mobilitazione dei riservisti. Il nuovo piano dell’esercito per aumentare la pressione su Hamas prevede un grande sfollamento dei residenti dal nord e dal centro della Striscia, la presa del controllo delle aree evacuate dove si stabiliranno avamposti dell’Idf, la realizzazione di complessi umanitari, tra il corridoio Morag e il Filadelfia, dove saranno spostati i cittadini evacuati per l’ennesima volta da quando è iniziato il conflitto. Cioè, i 576 giorni che 59 ostaggi, forse 23 ancora vivi, stanno passando sepolti nei tunnel di Gaza.

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Cronache

Roberto Saviano: “Vivo come in un ergastolo. Ho pensato anche al suicidio, ma scrivere è la mia unica salvezza”

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Roberto Saviano (le foto sono di Imagoeconomica) torna a parlare. Lo fa in una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’amore mio non muore (Einaudi). Dall’esperienza ai funerali di Papa Francesco alla memoria dolorosa della sua zia scomparsa, dal prezzo pagato per la scrittura alla condanna della solitudine, Saviano racconta senza filtri la sua vita da recluso, il senso di colpa, il peso degli attacchi e l’ossessione per la verità.

“Ho partecipato ai funerali di Francesco, come a quelli di Wojtyla. Ma lì c’era la camorra a vendere i panini”

La sua presenza in Vaticano ha destato curiosità. Ma Saviano spiega: «Ero stato anche ai funerali di Wojtyla, da cronista. Seguivo la vendita dei panini, organizzata dal clan». E sottolinea quanto la figura di Francesco, a differenza delle autorità presenti, abbia voluto essere toccata dagli ultimi.

“Mi sento in colpa. La mia famiglia ha pagato tutto. Io ho scelto, loro hanno solo perso”

Saviano ammette il dolore più intimo: la scomparsa recente della zia, vissuta in solitudine. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», confessa. «I miei genitori si sono sradicati da Caserta per proteggermi. Io ho fatto carriera, loro hanno solo pagato».

E ancora: «Pensavo di cambiare la realtà con i libri, di accendere una luce. Ma ho solo generato isolamento».

“Il simbolo è di pietra. Non puoi sbagliare, non puoi contraddirti. Non sei più uomo, ma solo rappresentazione”

La condizione di scrittore-simbolo lo opprime: «Esisto per quello che rappresento, non per quello che sono». E il suo ruolo pubblico – protetto, attaccato, giudicato – ha inciso su tutto: amicizie, amore, libertà. «Quando vuoi bene a qualcuno, quella persona deve restare fuori dalla gabbia in cui tu sei chiuso. Nessun amore sopravvive così».

“Ho pensato di farla finita. Ma il corpo ha reagito. E ho capito che la fine non era quella”

Parla anche di pensieri estremi: «Ho pensato al suicidio. Volevo mettere il punto. Poi, guardandomi allo specchio, ho capito che non era quella la soluzione». E oggi convive con crisi di panico, insonnia, ansia. «Alle 5 del mattino non respiro. E mi chiedo: dove vado adesso?».

“Rushdie è vivo solo perché l’attentatore non sapeva usare il coltello. Ma almeno ora nessuno può dire che la minaccia era inventata”

L’amicizia con Salman Rushdie è per Saviano un nodo emotivo forte. L’attacco subito dallo scrittore anglo-indiano ha svelato la verità del pericolo: «È vivo per miracolo, e ora nessuno può più dire che la fatwa era un’esagerazione. Lui almeno ha avuto una liberazione. Io no: sono ancora dentro».

“Vorrei sparire. Cambiare nome. Prendere un camion e guidare lontano. Ma so che non posso”

L’idea della fuga è ricorrente: «Vorrei una nuova identità, un’altra vita. Ho preso la patente per il camion. Sogno di fare come Erri De Luca, partire per una missione umanitaria». Ma aggiunge con amarezza: «Non ne uscirò mai. Sono un bersaglio».

ROBERTO SAVIANO

“In Italia, se non muori, ti dicono che il pericolo non era reale. La scorta diventa uno stigma, non una protezione”

Saviano riflette sull’ossessione per la scorta: «In Italia, se non ti uccidono, allora vuol dire che hai esagerato». Racconta l’episodio surreale di una signora che lo accusa in aeroporto di aver mentito sul pericolo perché era da solo.

“Con Gomorra ho illuminato l’ombra. Ora racconto Rossella, uccisa dall’amore e dalla ’ndrangheta”

Il suo nuovo libro ricostruisce la storia di Rossella Casini, ragazza fiorentina scomparsa nel 1981 perché si era innamorata del figlio di un boss. Una tragedia sommersa, raccontata con sguardo letterario e civile. «Una Giovanna d’Arco ingenua e lucida. Il suo corpo non è mai stato trovato. La sua colpa: amare dissidenti».

“Michela Murgia mi ha insegnato la libertà nei legami. E mi ha donato vita. Ora mi manca anche l’amore”

Commuove il ricordo dell’amicizia con Michela Murgia: «Mi ha insegnato a tagliare i lacci ai sentimenti». E confessa: «Mi manca l’amore. Ma come si ama, se vivi da prigioniero? L’amore ha bisogno di leggerezza. Io sono pesante, ormai».

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