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‘It takes blood and guts. Autobiografia di un’icona del rock’, autobiografia di Skin: voglio essere quello che sono

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”Ci vuole sangue, ci vuole stomaco per fare le cose perchè è sempre difficile fare quello che si vuole, per me è stato sempre difficile”. Da questo viene il titolo della sua autobiografia, ‘It takes blood and guts. Autobiografia di un’icona del rock’ pubblicata in Italia da Solferino con il titolo originale, che Skin ha presentato in un incontro online a Una Montagna di libri di Cortina D’Ampezzo, intervistata da Francesco Chiamulera. Il luogo di nascita, le difficolta’ del quartiere ”un quartiere dove si trovava un manicomio e la vita non era semplice perche’ tutto il giorno era popolato da persone in libera uscita che avevano problemi”. Brixton, South London, dove ha imparato che doveva combattere per diventare ”cool” come avrebbe voluto. Per sottrazione anche evitando il soul e il R&B, scegliendo il rock dove le donne non si erano mai viste. Siamo nella meta’ degli anni Novanta – il primo album Paranoid & Sunburnt e’ proprio del 1995 – quando arriva al successo con gli Skunk Anansie.

”Skin’ – racconta la cantante il cui vero nome e’ Deborah Anne Dyer – viene dal fatto che quando ero piccola ero magrissima, era un soprannome ero skinny ed essere magra nella cultura giamaicana era un problema. Skunk Anansie invece viene dal primo viaggio in Giamaica, ero piccola e guardavo le favole alla tv con un ragno cattivo. Il mio partner poi ha aggiunto Skunk, puzzola, che voleva dire anche maryuana perche’ tutti tranne me nel gruppo fumavano. Era un nome contro il brit pop, volevamo un nome diverso”. E lei della diversita’, come racconta anche nel libro, ha fatto il suo marchio di fabbrica. ”Sono stata cresciuta come una ragazza di chiesa, tranquilla educata e gentile e lo sono ancora, ma ad un certo punto mi sono resa conto che ero una facile preda. Non sapevo come dire no, pensavo che fosse maleducato. Sono uscita a 17 anni con un uomo di 29 ed ero come una bambina di 12 anni, poi lui mi ha colpito con un pugno perche’ volevo fare una gara con degli amici. Non faceva niente di carino ma mi chiedeva di sposarmi di avere quattro figli, di non lavorare e la mia reazione e’ stata di rabbia. Ero seduta in macchina mi stava portando in mezzo del nulla ho mantenuto la calma ma e’ stata la fine del nostro rapporto. Ed ho capito che uscire da quella situazione dipendeva solo da me. Sono andata via andando a studiare all’universita’ a 5 ore di viaggio da lui cosi’ che non mi potesse mai piu’ trovare”. ”Le donne a cui mi sono ispirata? Nessuna perche’ non ce ne erano, mi piaceva Tina Turner ma faceva pop, la prima volta che ho pensato ‘interessante’ e’ stata quando ho visto i Blondie in tv. Avevo 12 anni e la trovavo cool, poi scriveva le canzoni”.

Il primo album venne nel 1995 : ”quando Kurt Cobain era morto da poco e sono finiti i Nirvana abbiamo avuto la nostra seconda serata e doveva venire chi si occupava di loro a vederci ma non ci speravamo proprio. Invece venne, rimase strabiliato, e ci fece un contratto quella sera grazie ad un breve concerto”. Skin ha rotto gli schemi anche con la sua dichiarata omosessualita’: ora vive felicemente con una donna. ”Sta diventando una cosa molto complessa essere omosessuali, essere etereosessuali o essere altre mille cose. Semplicemente e’ bene essere umani. Le cose stanno cambiando e stanno cambiando per il meglio. Anche in Italia le cose stanno cambiando dove forse e’ piu’ difficile. C’e’ ancora tanta strada da fare, c’e’ una grossa reazione in America dove sono ora perche’ le cose si sono mosse forse con troppa fretta. Dobbiamo dare alla gente piu’ tempo per capire le cose come stanno. I gay ci sono sempre stati e ci staranno sempre”. Quanto alla sua vita di oggi dice che ”una cosa terribile del covid e’ che mi manca tantissimo andare nei club nei ristoranti, E’ una cosa che in Italia ho fatto tanto e mi manca. Fa bene per la saluta spirituale”. Il suo legame con l’Italia risale a quando nel 2015 decide di partecipare come giudice a X Factor. ”Non e’ stata facile e mi chiedevo come cazzo mi e’ venuto in mente di accettare? Una cosa e’ imparare l’italiano ma io ho iniziato quando non sapevo nemmeno ordinare un panino. Ero preoccupata perche’ mi faceva paura e mi dicevo ‘ci provo’. Ora provo semplicemente, in passato questa paura mi bloccava. E’ stato divertente ma imparare la lingua e’ stata una cosa terribile”. Le e’ rimasto qualcosa? ”Sento Elio siamo diventati proprio amici, lui e’ il mio preferito”. E poi ”ora se incontro degli italiani mi dicono ”attacca”, mi piace molto e’ molto divertente”. A proposito di peli…”la moda la bellezza stanno migliorando. Dai ragazzi ho sentito che cercano di inseguire una bellezza diversa che non e’ solo quella che vediamo in tv. Bisogna essere piu’ inclusivi. Vediamo piu’ persone di colore, gli asiatici, tutto sta cambiando. Io mi sono rasata perche’ era una cosa che mi dava liberta’. Noi diamo una sessualita’ eccessiva alle ragazze giovani, la sessualizzazione dei bambini e’ una cosa eccessiva. Non devi avere peli, io non voglio sembrare una quattordicenne io voglio essere quello che sono”. Ti vaccinerai? ” Io al 100% mi faro’ vaccinare perche’ il vaccino e’ tecnologia moderna se non avessimo i vaccini avremmo tanti bambini che muoiono. C’e’ tanta cospirazione sbagliata, certo questo e’ stato sviluppato in fretta e dobbiamo esseri certi che sia sicuro ma dobbiamo avere fiducia. Se si trovasse un vaccino per l’Aids ci sono migliaia di persone che correrebbero a farlo. Ma non bisogna avere l’idea che la scienza sta facendo qualcosa contro di noi”. C’e’ la luce alla fine del tunnel che stiamo vivendo”. Per una Montagna di libri da Cortina d’Ampezzo, dopo aver mostrato le immagini della neve che la avvolgono e le luci di Natale, online finisce con Skin che canta Secretly …

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Riccardo Muti: «Così la musica unisce l’Europa, i popoli e la memoria»

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Due bandiere sul palco del Petruzzelli di Bari: Riccardo Muti e i Berliner Philharmoniker, alla loro prima esibizione in Puglia dal 1882. Un evento storico e simbolico, trasmesso in 80 Paesi, che ha celebrato l’unità culturale dell’Europaattraverso la musica. A raccontarne il senso profondo è lo stesso Muti in una intervista concessa al Corriere della Sera.

«Questo concerto non è solo musica, è una visione d’Europa»

Per il Maestro, il “Concerto per l’Europa” va oltre la bellezza musicale: «Non è un’esibizione di forza, ma un simbolo di ciò che l’Europa potrebbe essere se fondata sulla cultura. Come la immaginava Federico II, il “Puer Apuliae”, che scelse di vivere in Puglia e la rese un centro di cultura e bellezza».

L’omaggio a Puglia e alla Scuola napoletana

Muti sottolinea il legame storico della Puglia con la musica: «Piccinni, Paisiello, Traetta, Mercadante: tutti pugliesi che hanno influenzato la Scuola napoletana. La mia prima volta al Petruzzelli? Avevo tre anni, con i miei genitori ad ascoltare Aida».

«Il San Carlo ha dimenticato il suo passato»

Parlando dei progetti futuri, Muti auspica che l’anniversario di Piccinni sia anche un’occasione di riflessione per il San Carlo: «C’è stato molto opportunismo nel ricordare Roberto De Simone. Servirebbe una memoria culturale più autentica».

Il suono dei Berliner e il peso della tradizione

«Il suono di un’orchestra cambia con il direttore, ma resta l’identità. Quello dei Berliner è ancora segnato da Karajan e Furtwängler, potente e inconfondibile. Come accade per i Wiener o per le voci di Callas e Pavarotti».

L’Europa dei cori e delle bande

Alla musica come strumento di unità Muti dedica parole sentite: «Cantare è di chi ama, diceva Sant’Agostino. A giugno, al Ravenna Festival, 1.250 coristi canteranno Verdi per imparare ad armonizzare, a cercare insieme la bellezza e il bene comune».

E sulle bande musicali: «Sono la vera voce del popolo, strumenti di cultura per la provincia dimenticata. Io stesso ho imparato ad ascoltare con loro, a Molfetta. Oggi, quando partecipo alle feste patronali, la prima cosa che faccio è ascoltare la banda. È lì che si custodisce il cuore della musica».

«Il mio sogno? Sfilare con la confraternita di Molfetta»

Muti racconta con commozione la sua recente partecipazione alla processione dei Misteri: «Mi hanno nominato membro onorario dell’Arciconfraternita di Santo Stefano. Vorrei sfilare con loro, perché lì la gente dimentica le divisioni, si unisce nel rito e nel Mistero».

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Muti a Bari con i Berliner, Europa comunione culturale

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Una mattinata di festa immersi nelle sonorità inimitabili dei Berliner Philharmoniker diretti da Riccardo Muti ma anche un’occasione per riflettere sull’unità dell’Europa fondata “sulla comunione culturale e spirituale”. E’ cominciato così il primo maggio a Bari, città scelta quest’anno dai Berliner per la tradizionale celebrazione della loro fondazione, avvenuta il primo maggio del 1882 e che ogni anno l’orchestra festeggia in una località diversa. Quest’anno è toccato al teatro Petruzzelli ospitare l’Europakonzert, “ma questo concerto – ci ha tenuto a sottolineare Muti dal podio – non è solo un omaggio alla città di Bari e alla Puglia, ma è un segnale importantissimo di cosa può e deve essere l’Europa, una comunione culturale e spirituale”. “La venuta di questa orchestra qui a Bari – ha aggiunto – è un segnale importante e questo è un progetto per l’Europa”.

Muti l’aveva detto anche il giorno prima, durante la prova generale aperta studenti e insegnanti di scuole musicali e utenti e operatori del welfare comunale, “ma – ha ribadito al concerto ufficiale – lo sto dicendo da anni e spero che tutti, non solamente in questa regione, si rendano conto di cosa significa la presenza dei Berliner Philharmoniker a Bari”. Nel teatro sold out da tempo per l’evento, con il pubblico emozionato ed entusiasta Muti ha ricordato la grande “comunione con la Germania” simboleggiata anche dalla prolungata presenza in Puglia “dell’imperatore Federico II, imperatore di Germania, che decise di vivere la maggior parte del suo tempo qui in Puglia dove veniva chiamato Puer Apuliae”.

“E questa comunione – ha detto ancora – oggi è un simbolo di cosa possa essere l’Europa come la concepiva Federico”. “Questo connubio – ha aggiunto – oggi più di ieri ha un significato profondo e deve celebrare l’Europa comune”. Non a caso, infatti, Muti ha scelto un repertorio per metà italiano, con l’overture dal Guillaume Tell di Gioacchino Rossini e Le quattro stagioni da I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, e per metà tedesco con la sinfonia n.2 in Re maggiore, op. 73 di Johannes Brahms. L’obiettivo di Muti, è trasmettere tramite la musica l’ importanza di costruire “un ponte basato su radici culturali comuni”. In sala, oltre al sindaco di Bari, Vito Leccese, e al presidente della Regione, Michele Emiliano, anche l’ambasciatore di Germania, Hans Dieter Lucas. Al termine del concerto, Emiliano ha donato il sigillo d’oro di San Nicola al maestro Muti, all’ambasciatore Dieter Lucas e alla general manager dei Berliner Andrea Zietzschmann.

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Kina, da Acerra fino alla firma con la Columbia Records

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E’ partito dalla sua cameretta di Acerra, fino alla firma con Columbia Records, dopo essere stato il primo in Italia a raggiungere il miliardo di streaming su Spotify con una traccia originale, ovvero “Get you the moon”. Parliamo di Kina, giovane artista campano presente da qualche giorno su tutte le piattaforme musicali con il nuovo EP, “Wish I Could Go Back”. “Acerra – racconta Kina – non rappresenta solo il luogo da cui provengo, è anche il cuore della mia musica. Crescere in provincia ti insegna ad avere fame, quella vera, non materiale, ma esistenziale. È un fuoco che arde silenzioso, ti accompagna ogni giorno e ti spinge a immaginare mondi più grandi, anche quando sei chiuso in una cameretta con soltanto le cuffie e un computer. Ogni suono che scelgo, ogni atmosfera che creo, porta dentro di sé un frammento di quella realtà: le strade, le voci, i silenzi della mia città. Acerra è ancora il posto dove torno ogni volta che ho bisogno di sentirmi vero. È lì che ho imparato ad ascoltare prima ancora che a produrre. Le emozioni vissute lì sono diventate canzoni, e credo che la gente riesca a connettersi con questo sentimento proprio per questo. Anche se oggi collaboro con artisti da tutto il mondo, Acerra è il mio punto zero e rimarrà sempre casa”.

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