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Israele pronto a prossime fasi della guerra, 7 i fronti

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Israele è “ancora dentro l’accordo” di tregua con Hamas, “non intende tornare immediatamente in guerra”, ma si sta preparando alle prossime fasi del conflitto “della rinascita” su sette fronti. Se da Gaza non rilasciano gli ostaggi, “pagheranno un prezzo che neanche possono immaginare”. E l’Iran non avrà mai l’arma nucleare. Questo in sintesi il messaggio trasmesso alla Knesset in seduta plenaria dal primo ministro Benyamin Netanyahu, chiamato a rispondere alle richieste di istituire una commissione statale d’inchiesta sul del 7 ottobre. A cui ha risposto respingendole al mittente. Ma prendendo fischi e urla dalle opposizioni, mentre i parenti degli ostaggi, appena riemersi da una rissa con le guardie di sicurezza che non volevano farli entrare, gli hanno voltato le spalle in aula in segno di protesta.

Il rappresentante di Hamas da Doha, Osama Hamdan, ha accusato Israele di aver lavorato per far collassare l’accordo di cessate il fuoco nella Striscia e di voler riportare la situazione al punto di partenza. Alla vigilia del vertice della Lega araba sul piano egiziano per Gaza, Channel 12 riferisce che le autorità israeliane si preparano a riprendere i combattimenti nella Striscia tra circa 10 giorni. Nel frattempo la tensione resta alta, come la paura, sia in Israele che a Gaza.

Un attacco con accoltellamento lunedì mattina alla stazione degli autobus Lev Hamifrat, nella città settentrionale di Haifa, uno dei più grandi snodi di transito del Paese, ha provocato la morte di un cittadino arabo israeliano di 62 anni. Altre quattro persone sono state ferite, tra cui un 15enne in modo grave. L’attentatore ventenne, che ha gridato “Allah akbar”, ucciso da una guardia di sicurezza, era un cittadino israeliano appartenente alla comunità drusa. L’aggressione è solo l’ultima in ordine di tempo in Israele, dopo lo speronamento a una fermata dell’autobus di giovedì e quattro bombe piazzate su tre mezzi pubblici – esplosi quando erano già in garage – vicino a Tel Aviv la settimana prima.

Senza contare i falliti tentativi di accoltellamento o di sottrarre i fucili d’ordinanza ai militari che vengono continuamente documentati dalle telecamere di sorveglianza e dai video postati sui social. Eppure, in mattinata le parole del collaboratore più stretto di Netanyahu sembravano portare un messaggio di speranza nel mezzo della catastrofica situazione che sta vivendo la regione. “Se Hamas verrà sconfitto, ci sono buone probabilità che ci incontreremo con i palestinesi sul prato della Casa Bianca per firmare un accordo di pace”, ha affermato il ministro degli Affari strategici Ron Dermer in un discorso a porte chiuse al Cda dell’Agenzia ebraica.

E detto da Dermer, che di fatto è l’inviato di Netanyahu a Washington per trattare su Gaza con l’uomo di Trump, Steve Witkoff, l’affermazione ha un peso. Invece, l’allerta per la piega che potrebbero prendere le cose è massima. In serata il ministro della Difesa Israel Katz in un discorso pubblico ha avvertito l’Egitto (che sta premendo affinché l’Idf lasci il corridoio Filadelfia sul confine della Striscia) con un messaggio dal tono inequivocabile: “Non gli permetteremo di violare l’accordo di pace”. Mentre trapela l’intenzione di Israele di fare “massima pressione su Hamas” aizzandogli contro la popolazione: prima spostando di nuovo i residenti del nord di Gaza al centro, poi interrompendo elettricità e acqua nell’enclave.

“Sospendere gli aiuti è solo l’inizio. La prossima fase sarà il taglio di elettricità e acqua”, ha minacciato il leader del partito Sionismo religioso Bezalel Smotrich, fedele di Bibi. Il quale ha ricevuto una drammatica lettera di Yarden Bibas, l’ex ostaggio i cui due bambini e la moglie sono stati uccisi a Gaza. “Signor primo ministro, lei e il suo governo non vi siete ancora assunti la responsabilità. Pochi politici chiedono perdono. Mi pento costantemente per non aver protetto meglio mia moglie e i miei figli. Mi divora dentro. Avevo solo una pistola e sono un semplice cittadino in un tranquillo kibbutz. Non sono ancora tornato nella mia casa a Nir Oz, non so cosa mi aspetta. Le chiedo di venire con me: se non guardiamo il disastro negli occhi, non saremo in grado di riprenderci”, ha scritto a Netanyahu che non è mai stato nei kibbutz bruciati da Hamas.

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Houthi annunciano nuovi attacchi contro scali israeliani

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Gli Houthi annunciano nuovi attacchi agli aeroporti israeliani e chiedono alle compagnie aeree di cancellare i voli. I ribelli Houthi dello Yemen hanno annunciato che avrebbero “preso di mira gli aeroporti israeliani” e hanno invitato le compagnie aeree a “cancellare i loro voli” per Israele, poche ore dopo che un missile lanciato dal loro territorio ha brevemente interrotto il traffico aereo presso l’aeroporto principale di Israele.

“Le forze armate yemenite prenderanno di mira gli aeroporti (israeliani), in particolare quello di Lod, chiamato Ben Gurion”, vicino a Tel Aviv, ha dichiarato in una nota il portavoce militare, Yayha Saree, invitando “tutte le compagnie aeree internazionali a prendere in considerazione questa dichiarazione dal momento in cui è stata annunciata e pubblicata, cancellando i loro voli verso gli aeroporti nemici” in Israele.

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Missile Houthi sull’aeroporto di Tel Aviv, ira di Israele

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Poche decine di metri più in là e sarebbe stata una strage. Un missile balistico lanciato dallo Yemen alle 9.22 di domenica mattina ha colpito una delle vie di accesso al Terminal 3 dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, ferendo sei persone e lasciando a terra un vasto cratere. I sistemi di difesa Arrow e l’americano Thaad non sono stati in grado di abbattere il missile. Anzi, secondo una prima indiscrezione trapelata dall’indagine dell’Aeronautica sulla mancata intercettazione, l’antiaerea non ha individuato il missile in volo verso il territorio israeliano. Il gruppo filoiraniano Houthi ha rivendicato l’attacco sottolineando la capacità “di colpire obiettivi sensibili di Israele”.

Hamas ha esultato elogiandoli per aver beffato “i sistemi di difesa più avanzati del mondo”. Per Israele è stata una giornata di paura e rabbia, con il premier e il ministro della Difesa che hanno rilasciato dichiarazioni di fuoco. “Gli attacchi degli Houthi provengono dall’Iran”, ha affermato Benyamin Netanyahu, condividendo su X un post di marzo di Donald Trump in cui accusa Teheran di finanziare il gruppo yemenita. “Israele risponderà all’attacco contro il nostro aeroporto principale e, in un momento e luogo a nostra scelta, anche ai loro padroni del terrore iraniani”, ha minacciato il primo ministro. Israel Katz ha sintetizzato: “Chiunque ci colpisca, verrà colpito sette volte tanto”.

L’ex capo dell’Autorità per l’aviazione civile israeliana Avner Yarkoni ha ricordato che “è la prima volta che un missile colpisce direttamente l’aeroporto Ben Gurion”. Ossia, un sito strategico con alto valore simbolico per qualsiasi Paese al mondo. A novembre un razzo di Hezbollah ha centrato un parcheggio sul perimetro dello scalo ma senza il risultato drammatico ottenuto questa volta dagli Houthi. L’esplosione, avvenuta quasi in contemporanea con lo scattare delle sirene d’allarme, ha gettato nel panico i viaggiatori che non hanno fatto in tempo a raggiungere le aree protette.

“Il mio corpo è volato per aria con l’esplosione. Ho visto sabbia e fango che si alzavano”, ha raccontato uno dei feriti a Ynet. Una donna colpita dalle schegge ha descritto momenti angosciosi: “C’è un parcheggio lì, non c’è un rifugio, mi sono messa a correre. L’ho presa con un po’ di indifferenza, ‘è un missile dallo Yemen, c’è tempo’, mi sono detta. Un attimo dopo ho visto il missile cadere proprio davanti a me. Le schegge mi hanno investito. Sono finita per terra, ho sentito il panico, c’erano vetri ovunque”, ha detto.

Contrariamente alle dichiarazioni degli Houthi, gli ordigni lanciati contro Israele secondo fonti della Difesa israeliana non sono missili ipersonici (che volano fino a 8 volte la velocità del suono e non seguono una traiettoria balistica prevedibile), tuttavia perfino i sistemi si difesa Arrow 3 e Arrow 2, che hanno percentuali di intercettazione prossime al 90%, a volte subiscono fallimenti nell’intercettazione. E stavolta di fatto il fallimento ha comportato come prima reazione la cancellazione dei voli di buona parte delle compagnie internazionali, comprese Ita, Swiss Air, Lufthansa, British airways, Iberia, Wizz Air. Lasciando a terra milioni di passeggeri anche nei prossimi giorni, perlomeno fino al 7 maggio. Con una perdita anche economica per il Paese. Dal 18 marzo, quando l’Idf ha ripreso la guerra a Gaza, gli Houthi hanno sparato una trentina di missili balistici e diversi droni contro Israele.

La metà è stata abbattuta, gli altri non hanno raggiunto il bersaglio. In serata il primo ministro ha convocato il gabinetto politico e di sicurezza per decidere, tra l’altro, sull’annunciata escalation nella Striscia. Il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha reso noto che questa settimana saranno emesse decine di migliaia di ordini di mobilitazione dei riservisti. Il nuovo piano dell’esercito per aumentare la pressione su Hamas prevede un grande sfollamento dei residenti dal nord e dal centro della Striscia, la presa del controllo delle aree evacuate dove si stabiliranno avamposti dell’Idf, la realizzazione di complessi umanitari, tra il corridoio Morag e il Filadelfia, dove saranno spostati i cittadini evacuati per l’ennesima volta da quando è iniziato il conflitto. Cioè, i 576 giorni che 59 ostaggi, forse 23 ancora vivi, stanno passando sepolti nei tunnel di Gaza.

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Trump avverte: forse la pace in Ucraina è impossibile, troppo odio tra Putin e Zelensky

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E’ l’odio ad alimentare la guerra che ormai devasta da oltre tre anni l’Ucraina. Un “odio tremendo” tra due uomini, Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. Tanto che “forse, la pace non è possibile”. E’ l’amara constatazione di Donald Trump che però non rinuncia alla speranza di arrivare alla fine della guerra, e nella stessa intervista evoca “ottime possibilità di farcela”. E di certo non vanno in questa direzione le parole e le azioni di Vladimir Putin, che continua a rifiutare il cessate il fuoco di 30 giorni promosso da Washington. In un documentario della tv russa, lo zar ha sottolineato come Mosca “abbia abbastanza forza e risorse” per una vittoria nell’invasione, anche senza ricorrere alle armi nucleari. Da tempo ormai il presidente Usa minaccia di sfilarsi dalla mediazione avviata sin dall’inizio del suo mandato, in mancanza di passi avanti concreti di Mosca e Kiev verso un cessate il fuoco.

La strada del negoziato ha raggiunto un punto morto da settimane, con la Russia che continua a insistere per una tregua di tre giorni, in occasione del Giorno della Vittoria del 9 maggio. Una proposta che fa gioco al Cremlino, che per gli 80 anni della vittoria sovietica nella Seconda Guerra Mondiale ha invitato a Mosca diversi leader mondiali, tra cui il cinese Xi Jinping, in visita ufficiale in Russia dal 7 al 10 maggio. Zelensky ha già messo in chiaro che per l’Ucraina non sarà possibile “garantire la sicurezza” dei partecipanti alla parata del 9 maggio. E ha sottolineato che Kiev non si fida delle proposte di Putin: “Queste non sono le prime promesse di cessate il fuoco fatte dalla Russia. Sappiamo con chi abbiamo a che fare, non ci crediamo”, ha detto nel corso di una visita a Praga, in un chiaro riferimento alla fallimentare tregua di Pasqua che ha registrato centinaia di violazioni in entrambi i lati del fronte.

La proposta di Ucraina e Usa resta quella di una tregua di almeno 30 giorni, ma finora nessun segnale in questo senso è giunto da Vladimir Putin, che nel frattempo pensa a un futuro remoto in cui, assicura, “la riconciliazione con il popolo ucraino sarà inevitabile, è solo questione di tempo”. Difficile immaginarlo ora, mentre Mosca insiste a diffondere morte e distruzione bombardando le città ucraine, compresa la capitale Kiev dove nella notte tra sabato e domenica, un raid ha provocato 11 feriti – tra cui due minori – insieme a danni e incendi in tre distretti. “I russi chiedono una tregua per il 9 maggio, mentre attaccano l’Ucraina ogni giorno: questo è cinismo di altissimo livello”, ha commentato Zelensky sostenendo che “solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe aeree guidate e 10 missili di vario tipo”.

Le forze russe martellano anche la regione di Sumy, dove da tempo Kiev denuncia l’obiettivo di Mosca di creare una zona cuscinetto: “I russi hanno colpito le strade residenziali del villaggio di Velyka Pysarivka con bombe aeree teleguidate. Un civile è stato ucciso”, ha denunciato il governatore Oleh Grigorov, dando l’ennesimo bilancio di morte nella sua regione. Con queste premesse, la priorità dell’Ucraina resta quella di ricevere sostegno militare, soprattutto dagli Stati Uniti che negli ultimi giorni si sono mostrati maggiormente disposti a rispondere alle esigenze della difesa ucraina: secondo il New York Times, che cita quattro funzionari statunitensi, un sistema di difesa aerea Patriot precedentemente basato in Israele verrà inviato in Ucraina dopo essere stato ricondizionato. E gli alleati occidentali stanno discutendo la logistica di un eventuale trasferimento anche di un’altra batteria da parte di Germania o Grecia.

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