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Cronache

Investe ed uccide un ragazzo al semaforo per “vendicare uno sgarbo”

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Arriva la svolta nelle indagini per l’omicidio di Modou Diop, il senegalese di 28 anni investito ed ucciso su viale Carlo III all’altezza della Rotonda di San Nicola la Strada lo scorso 17 febbraio. Gli agenti della Squadra Mobile di Caserta hanno arrestato il 22enne di Marcianise Giovanni Buonanno. Nei suoi confronti l’accusa è di omicidio volontario pluriaggravato.

Secondo l’accusa l’investimento di Diop non è stato accidentale. Buonanno pochi minuti prima, all’altezza del semaforo, aveva avuto un diverbio con la vittima e già in quell’occasione, aveva tentato di intimorire Diop, fingendo di investirlo. Poco dopo, aveva fatto ritorno, sempre a bordo della stessa vettura, nello stesso luogo e, attesa la luce verde, aveva puntato Diop accelerando rapidamente e travolgendolo, così provocandone la morte avvenuta a seguito dei gravissimi traumi e devastanti ferite. 

Il presunto omicida è stato individuato al termine di una complessa indagine che ha permesso di operare la ricostruzione completa della dinamica del fatto. L’esame delle immagini delle telecamere di videosorveglianza posizionate in zona hanno permesso di individuare il modello di vettura che hanno investito e travolto il pedone, nonché un’altra automobile che viaggiava nel medesimo contesto, evidentemente occupata da amici del conducente della prima. Entrambe le vetture, dopo l’investimento, si erano allontanate dal luogo senza prestare soccorso. 

Dall’analisi dei tracciati Gps di numerose autovetture che avevano interessato quell’area col traffico di cella nella zona, era possibile individuare con precisione entrare le auto ed identificare tutti i relativi occupanti, tra i quali Giovanni Buonanno che era alla guida della Fiat Tipo che aveva investito Diop. 

Buonanno è stato fermato martedì scorso ma solo ieri è arrivata la convalida da parte del gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La contestazione per la quale si procede per questo motivo è di omicidio volontario pluriaggravato, essendo state riconosciute le aggravanti dei futuri motivi (consistiti nell’aberrante intenzione di punire la vittima per l’insignificante sgarbo subito) e di aver agito con modalità insidiose, avendo impresso una forte accelerazione al veicolo che Buonanno conduceva mentre la vittima era posizionata davanti la vettura, cogliendola di sorpresa e rendendone impossibile ogni difesa. 

Investe lavavetri e scappa, incidente a pochi chilometri dalla Reggia di Caserta

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La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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