Collegati con noi

Esteri

in Germania l’ultradestra frena ma va comunque in doppia cifra

Pubblicato

del

E’ rimasta nell’angolo in questa campagna elettorale l’ultradestra tedesca: la tendenza che dava Alternative fuer Deutschland in tumultuosa crescita negli anni scorsi ha visibilmente frenato e il partito e’ dato (proiezioni Ard) all’11% (-1,5%). Ma per il candidato di punta Tino Chrupalla quello di stasera e’ comunque “un risultato solido”. Le ragioni del calo di Afd, che nel 2017 prese il 12,6% e che continua ad avere molti consensi soprattutto all’est, sono diverse. A contare e’ stato in primo luogo il ridimensionamento del tema migranti, loro cavallo di battaglia. Poi la divisione interna sulla pandemia, che ha impedito al partito di acquisire un profilo netto. Infine l’ombra calata su Alternativa per la decisione dei Servizi interni di monitorare il partito come caso sospetto. “Quattro anni fa si voto’ a ridosso della crisi migratoria del 2015”, dove quelli di Afd spararono a zero contro la politica di accoglienza di Angela Merkel, “responsabile dell’ingresso incontrollato di una massa di migranti illegali”, dice il deputato Goetz Froemming. Attualmente il tema non e’ all’ordine del giorno. E sulla pandemia, la crisi del momento, l’Alternativa non e’ riuscita ad affermarsi: “Sei mesi fa un sondaggio interno al partito sulle misure anticovid mostro’ che meta’ dei membri era a favore, l’altra contro”. Ci si divide fra chi ritiene che il coronavirus sia una sciocchezza e chi invece ne prende seriamente in considerazione i rischi, la spiegazione. La linea dettata dai candidati Alice Weidel e Tino Chrupalla e’ pero’ netta nel contestare l’inasprimento del Green pass, “un obbligo di vaccino che entra dalla finestra”, e nella richiesta che in futuro non vi siano altri lockdown, come del resto promesso dai candidati di tutti i partiti.

“Io non sono vaccinata”, ha urlato Weidel a Berlino al comizio finale di venerdi’ scorso. Froemmnig lo e’, ma come la sua leader di riferimento non prende le distanze dai ‘Querdenker’, il movimento di dissenso spesso sceso nelle piazze della Germania contro le misure anticovid che raccoglie negazionisti, scettici, no vax ed estremisti di destra. “E’ un movimento scomodo, certo, ma troppo omogeneo per poterlo demonizzare interamente”, dice Froemmig. Anche dopo l’omicidio avvenuto alla stazione di benzina bavarese, una settimana fa, quando un ventenne e’ stato ucciso da un no mask per aver ricordato l’obbligo di mascherina: “Non si puo’ colpevolizzare di un episodio del genere un movimento di protesta cosi’ grande, che vede aderire fra l’altro anche elettori dell’Spd e dei Verdi”, la replica. Afd comunque era e resta isolata nell’arco parlamentare: nessuno vuole coalizzarsi con loro. “La situazione non cambiera’ nei prossimi 4 anni credo – prevede il deputato -. In Germania la normalizzazione della percezione del partito va avanti piu’ lentamente che in altri Paesi come Francia e Italia, dove la destra e’ presente e accettata con il Front National e la Lega. Ma alla fine ci si abituera’ anche al nostro partito. E a livello comunale ci sono gia’ molte collaborazioni strutturate: non solo con la Cdu, anche con la Linke”. E’ un ostacolo lo scivolamento a destra e la presenza di elementi come il controverso Bjoern Hoecke? “Negli ultimi due-tre anni siamo andati verso sinistra, rafforzando il nostro profilo sociale”, la risposta. “E Hoecke e’ il capogruppo regionale in Turingia, appartiene allo spettro di Afd”.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

I 5 secondi che hanno messo in ginocchio la Spagna

Pubblicato

del

Cinque secondi, il tempo di un sospiro, ma lunghissimi in termini di velocità della luce. Sono stati sufficienti per mettere in ginocchio la Spagna. E’ il lasso di tempo in cui si sono verificate “due perdite di generazione di corrente successive, che il sistema non è stato in grado di assorbire”, provocando alle 12,33 di lunedì il crollo al ‘punto zero’, il collasso totale del sistema elettrico.

La causa di quei cali di tensione, con un intervallo di appena un secondo e mezzo fra loro, seguito dopo 3,5 secondi dal collasso, è il principale nodo che si cerca di sciogliere per risalire alle origini del grande buio in cui è sprofondata ieri la penisola iberica, come ha spiegato il capo delle operazioni della Rete Elettrica Spagnola (Ree), Eduardo Prieto. “Bisognerà analizzare il perché si sono prodotte le due disconnessioni, in particolare la seconda che ha portato al collasso del sistema”, ha segnalato Prieto. Si dovranno “verificare le cause, analizzare la potenza, l’ubicazione, le condizioni in cui si è prodotta la disconnessione”.

Ma ha anche riconosciuto come “molto probabile” che la fonte di generazione interessata dal calo sia quella solare, senza dare però ulteriori spiegazioni. Lunedì, in quei cinque secondi precedenti al collasso, che ha fatto “scomparire 15 gigawatt di elettricità dalla rete”, l’equivalente al 60% della domanda di energia spagnola – come aveva segnalato il premier – si era registrato un picco di produzione di energia solare nella zona del sudovest della Spagna, in Estremadura. E le rinnovabili stavano fornendo il 78% della domanda di elettricità del Paese. Il surplus di energia disponibile avrebbe provocato uno sbilanciamento della rete elettrica iberica, rendendo impossibile assicurare la stabilità del sistema, secondo quanto ha ipotizzato l’ex presidente di Rete Elettrica, Jorge Fabra, a Tve. Un primo squilibrio sarebbe stato assorbito dalla rete, mentre il secondo con un effetto domino, avrebbe superato la capacità di risposa del sistema, facendo crollare prima la rete spagnola e poi quella portoghese. E causando il distacco della interconnessione con la Francia.

Continua a leggere

Esteri

Parigi, al via il processo ai “nonnetti rapinatori” che derubarono Kim Kardashian

Pubblicato

del

È iniziato ieri, davanti al tribunale di Parigi, il processo contro i dieci imputati – nove uomini e una donna – accusati della clamorosa rapina ai danni di Kim Kardashian, avvenuta nell’autunno del 2016. Il principale indiziato, Aomar, 68 anni, si è presentato in aula con passo incerto e bastone alla mano, fedele al suo profilo di “papy braqueur”, come i media francesi hanno soprannominato la banda: i nonnetti rapinatori.

I protagonisti della rapina

Aomar, nato nel 1956 in Algeria, è un veterano del crimine, autore dei primi furti già a 14 anni. A presentargli i complici era stata la compagna Christiane Glotin, detta Cathy, oggi 78enne, che gli fece incontrare “Pierrot il grosso”, 80 anni, altra vecchia conoscenza del mondo criminale francese.

Tra gli altri protagonisti c’è Yunice Abbas, 71 anni, che tentò una fuga rocambolesca in bicicletta portando con sé una borsa che credeva piena di armi, ma che invece conteneva gioielli e perfino il cellulare di Kim Kardashian, da cui avrebbe ricevuto una chiamata della cantante Tracy Chapman.

Spicca anche Didier “occhi blu” Dubreucq, 69 anni, con 23 anni di prigione alle spalle, che avrebbe partecipato direttamente all’irruzione nella suite della star americana.

La notte del colpo milionario

La rapina avvenne la notte del 3 ottobre 2016, in una suite di lusso nascosta in rue Tronchet, vicino alla Madeleine. Kim Kardashian, sola nella stanza, fu sorpresa da due uomini travestiti da poliziotti. Le strapparono il cellulare e, sotto minaccia, la costrinsero a consegnare l’anello di fidanzamento, un diamante da quasi 19 carati, regalo del marito Kanye West, valutato circa quattro milioni di dollari. La star fu legata, imbavagliata e rinchiusa nel bagno, mentre i rapinatori fuggivano con il bottino, comprendente anche contanti, gioielli e orologi di lusso.

La banda fu individuata grazie alle tracce di Dna lasciate nella suite.

Una rapina da fumetto

Sull’incredibile vicenda sono già stati pubblicati fumetti e libri, alcuni scritti dagli stessi imputati, che hanno contribuito ad alimentare il mito dell’«impresa dei nonnetti». Kim Kardashian è attesa in aula per testimoniare il prossimo 13 maggio.

 

Continua a leggere

Esteri

Elezioni in Canada, liberali di Carney vincono legislative e preparano la guerra a Trump

Pubblicato

del

Secondo le proiezioni dei media locali, è il Partito liberale di Mark Carney a vincere le elezioni legislative canadesi. I risultati preliminari del voto non permettono però di stabilire se il premier guiderà un governo di maggioranza o di minoranza.

Il primo ministro si avvierebbe quindi a portare i Liberali verso un nuovo mandato, dopo aver convinto gli elettori che la sua esperienza nella gestione delle crisi economiche lo rende pronto ad affrontare le mire del presidente americano Donald Trump. L’emittente pubblica Cbc e Ctv News hanno entrambe previsto che il Partito liberale formerà il prossimo governo canadese. Solo pochi mesi fa la strada per il ritorno al potere dei conservatori guidati da Pierre Poilievre sembrava spianata, dopo dieci anni sotto la guida di Justin Trudeau. Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua offensiva senza precedenti contro il Canada, con dazi e minacce di annessione, hanno cambiato la situazione.

Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

A Ottawa, dove i liberali si sono radunati per la notte delle elezioni, l’annuncio di questi primi risultati ha provocato un applauso e grida di entusiasmo. “Sono felicissimo, è ancora presto ma sono fiducioso che riusciremo ad avere la maggioranza”, David Lametti, ex ministro della Giustizia. La guerra commerciale di Trump e le minacce di annettere il Canada, rinnovate in un post sui social media il giorno delle elezioni, hanno indignato i canadesi e hanno reso i rapporti con gli Stati Uniti un tema chiave della campagna elettorale.

Carney, che non aveva mai ricoperto una carica elettiva e aveva sostituito Trudeau come premier solo il mese scorso, ha basato la sua campagna su un messaggio anti-Trump. In precedenza ha ricoperto la carica di governatore della banca centrale sia nel Regno Unito che in Canada e ha convinto gli elettori che la sua esperienza finanziaria globale lo rende pronto a guidare il Paese attraverso una guerra commerciale. Ha promesso di espandere le relazioni commerciali con l’estero per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto