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In 7 milioni in viaggio per il ponte, il 18% all’estero

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Saranno 7 milioni gli italiani che per il weekend lungo dell’8 dicembre, pernotteranno almeno una notte in strutture turistico ricettive e case in affitto breve, per una spesa di circa 2,7 miliardi. Un ponte che, nel 75% dei casi, non supera i 3 giorni, con 2 pernottamenti. Numeri in linea con lo scorso anno, anche se tendenzialmente si riduce la spesa media. Le vacanze all’estero sono invece in aumento (dall’11% al 18%), soprattutto tra giovani, single e chi opta per una vacanza più lunga. Emerge dall’Osservatorio Turismo di Confcommercio sulle vacanze degli Italiani realizzato in collaborazione con Swg. In Italia spopolano città d’arte, grandi città, località di montagna e destinazioni della costa, senza dimenticare l’effetto mercatini di Natale, ormai da tempo non più appannaggio esclusivo dell’arco alpino ma diventati elemento valorizzante dell’offerta di buona parte delle città d’arte e di molte aree anche del Centro-Sud.

All’estero si scelgono grandi capitali e città di Francia, Germania, Austria e Regno Unito, se non addirittura di New York, per chi punta oltre oceano. Torna però a strizzare l’occhio agli italiani l’esotico a portata di mano del Mar Rosso o quello, un po’ più distante, dell’Oceano indiano. “Mi fa piacere leggere che sono previste performance in linea con il 2019. È sicuramente importante lasciarsi alle spalle il periodo della pandemia e tutto ciò che questo ha comportato per il settore” dice la ministra del Turismo Daniela Santanchè, che oggi “festeggia” anche l’ok definitivo alla disciplina della professione di guida turistica (“attesa da oltre 10 anni”), l’approvazione alla Camera del ddl Made in Italy (“un passo importante in attesa che passi al Senato”) e in ultimo dei due emendamenti di maggioranza al decreto anticipi sull’obbligo dei sistemi di rilevamento dei gas e degli estintori per tutti gli affitti brevi, compresi quelli turistici (“per mettere ordine al Far West”).

“Questo ci deve far guardare al futuro con fiducia e ottimismo – dice – ma dobbiamo fare di più. Dobbiamo andare oltre la filosofia della stagionalità. Dobbiamo compiere il salto di qualità verso la destagionalizzazione, un obiettivo alla portata del comparto, che è sicuramente pronto a gestire i flussi in concomitanza con festività e alta stagione, ma anche capace a distribuirli nel tempo e nello spazio”. Ottimista anche Cna Turismo e Commercio che prevede un giro d’affari di 6 miliardi di euro: i turisti italiani sono destinati a replicare la performance del 2019, gli stranieri a migliorarla, archiviando così definitivamente i difficili anni del Covid. Complessivamente i vacanzieri che pernotteranno in strutture alberghiere ed extra-alberghiere arriveranno a quota quattro milioni, di cui 2,4 milioni gli italiani e 1,6 gli stranieri.

A queste cifre vanno aggiunti i dieci milioni di vacanzieri, italiani nella quasi totalità, che limiteranno a un solo giorno la loro uscita fuori casa. Vede rosa anche l’Enit secondo cui il 29% della popolazione intervistata da Enit dichiara che sicuramente (7%) o probabilmente (22%) farà vacanza per l’8 dicembre, nel 90% dei casi in Italia. Mete prevalenti in Italia quelle della Lombardia (17%) dove anche il Santo Patrono favorisce la tradizione degli spostamenti, ma anche quelle di montagna del Trentino Alto Adige, o le località del Piemonte, del Lazio e della Campania.

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Morto omicida Gucci, si era sparato dopo aver ferito figlio

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E’ morto Benedetto Ceraulo, 63 anni, l’uomo che nel 1995 uccise l’imprenditore Maurizio Gucci e che il 22 aprile scorso ha sparato due colpi di pistola al volto contro il figlio Gaetano, 37 anni, al culmine di una lite nel giardino della casa dove abitava a Santa Maria a Monte (Pisa). Ceraulo è morto all’ospedale di Pisa dove era ricoverato in condizioni gravi: con una pistola di piccolo calibro si era sparato in testa poco dopo avere ferito il figlio per una lite nata, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, per futili motivi: a far “perdere il controllo” al 63enne sarebbe stato un graffio all’auto fatto dal figlio.

Subito dopo il ricovero in ospedale Gaetano Ceraulo, ferito al volto ma non in pericolo di vita, aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook un post nel quale si era rivolto al padre: “Ti perdono per il male che mi hai fatto ma non per il male che hai inflitto a te stesso”. Benedetto Ceraulo era stato raggiunto dal figlio, che vive a Milano, per trascorrere le festività pasquali a Santa Maria a Monte dove il 63enne si era trasferito dopo avere vissuto in precedenza ad Acciaiolo nel comune di Fauglia (Pisa). Ceraulo era stato ritenuto l’esecutore materiale dell’agguato nel 1995 ordito dall’ex moglie di Gucci, Patrizia Reggiani. Condannato in primo grado all’ergastolo nel 1998, la pena gli era stata ridotta in appello a 28 anni, 11 mesi e 20 giorni. Grazie alla buona condotta Ceraulo da un paio d’anni era uscito dal penitenziario della Gorgona dove era stato detenuto a lungo.

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Apre il gas e chiama il 112: ‘Ho ucciso mia moglie’, ma mentiva

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Allarme in tarda serata a Ozieri, comune di 9.700 abitanti in provincia di Sassari. Un uomo di 64 anni ha aperto il rubinetto del gas, ha chiuso la casa e si è allontanato chiamando il 112 e dicendo: “Ho ammazzato mia moglie”. Sul posto, rione Tramentu, si sono precipitati i Carabinieri e i Vigili del fuoco, che hanno sfondato la porta trovando l’appartamento vuoto e la casa invasa dal gas.

I pompieri hanno chiuso la valvola e messo in sicurezza i locali, mentre i carabinieri della Compagnia di Ozieri, guidati dal maggiore Gabriele Tronca, sono riusciti a rintracciare telefonicamente la moglie del 64enne, da cui è separata, accertandosi che stesse bene. I militari si sono subiti messi sulle tracce dell’uomo, che è stato intercettato e arrestato circa un’ora dopo. Il 64enne solo pochi giorni fa è stato condannato dal Tribunale di Sassari quale responsabile del danneggiamento della lapide del carabiniere Walter Frau, ucciso a Chilivani nel 1995 in uno scontro a fuoco con una banda di rapinatori che stava preparando l’assalto a un portavalori.

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In carcere tesoriere Messina Denaro, avvocato e massone

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Matteo Messina Denaro e la sua amante, Laura Bonafede, lo chiamavano Solimano, come Solimano il Magnifico, il sultano che ha guidato l’impero ottomano per quattro decenni. E, almeno nell’ultimo periodo, non gli risparmiavano critiche rimproverandogli di essere venuto meno ai patti. “Ci ha distrutto”, scriveva la Bonafede in un pizzino fatto avere al boss. Eppure, Antonio Messina, 79 anni, avvocato, massone in sonno con una sfilza di precedenti, per un ventennio aveva fatto affari con tutta la mafia trapanese e sovvenzionato la lussuosa latitanza del padrino di Castelvetrano coltivando le relazioni pericolose che oggi gli sono costate l’arresto per associazione mafiosa.

Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un’intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe frequentato e fatto affari con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell’ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.

“Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l’attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall’altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata”, scrisse di lui già anni fa, la corte d’assise di Trapani. Ma a un certo punto l’idillio con Messina Denaro era venuto meno. “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”, scriveva la Bonafede in un pizzino trovato dopo l’arresto del padrino. Ed è stata proprio la donna a svelare agli investigatori, nel corso di singolari dichiarazioni spontanee rese al suo processo, che dietro al nomignolo si celasse l’avvocato.

Dal tenore del biglietto “si comprendeva che, evidentemente, – scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina – entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità, l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che Messina aveva cercato di mettere le mani anche su un bene confiscato alla mafia e che avrebbe avuto un ruolo primario nella gestione della “cassa” della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, alimentata anche dai proventi di una delle aziende gestite da Cosa nostra: l’oleificio “Fontane d’Oro s.a.s.” del boss Franco Luppino.

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