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Corona Virus

Il virus covid rialza la testa,vaccini proteggono fino a 100%

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Il virus SarsCoV2 rialza la testa: per il terzo giorno consecutivo i nuovi casi positivi sono oltre mille e, probabilmente sotto la spinta della variante Delta, salgono tutti i valori rilevati nel monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanita’ (Iss) e ministero della Salute: l’indice di contagio Rt si alza leggermente, da 0,63 a 0,66 e l’incidenza sale da 9 a 11 casi ogni 100.000 abitanti. L’elemento positivo e’, secondo l’Iss, la protezione data dai vaccini contro ricoveri e decessi, stimata fino al 100%. L’aggiornamento quotidiano del ministero della Salute segnala che i nuovi casi sono stati 1.390, sostanzialmente stabili rispetto ai 1.394 del giorno prima. Sono stati individuati con 196.922 test fra molecolari e antigenici rapidi, contro i 174.852 delle 24 ore precedenti, e il tasso di positivita’ calcolato sul rapporto fra i casi e il totale dei test segna lo 0,7%, in lieve calo rispetto allo 0,8% dell’8 luglio. Il rapporto fra i casi e i soli tamponi molecolari indica invece il valore 1,6%, in aumento del 7%. Segna un incremento piu’ marcato il numero dei decessi, con 25 contro i 13 di 24 ore prima. Torna invece a scendere il numero dei ricoverati in terapia intensiva, con 11 unita’ in meno, per un totale di 169; i nuovi ingressi sono stati 8, gli stessi registrati ognuno dei due giorni precedenti. I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 1.167, 30 in meno in 24 ore. Fra le regioni a registrare l’incremento giornaliero maggiore di casi e’ stata la Lombardia (230), seguita da Campania (226), Sicilia (201), Lazio (135) e Veneto (106). Secondo il monitoraggio dell’Iss sono 6 le regioni e due le province autonome classificate a rischio moderato: sono Abruzzo, Campania, Marche, Veneto, Sardegna e Sicilia con le due province di Trento e Bolzano; sono invece 13 le regioni considerate a rischio basso. In nessuna, si rileva nel monitoraggio, si supera la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva o area medica. Il tasso di occupazione in terapia intensiva e’ 2%: i ricoverati passano da 240 (29/06/2021) a 187 (06/07/2021). L’occupazione in aree mediche scende ulteriormente (2%) e i ricoverati passano da 1.676 (29/06/2021) a 1.271 (06/07/2021). La variante Delta sta comunque imprimendo un cambio di passo nell’epidemia e il monitoraggio indica che “11 regioni o province autonome vedono casi in aumento negli ultimi 7 giorni”. Tuttavia, per il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, “la curva dei casi viaggia a livelli bassi ed e’ in decrescita, ma il dato va letto confrontandolo con quello della settimana precedente: la scorsa settimana c’era una decrescita si era fermata, ora vediamo piu’ regioni che hanno cominciato una lieve ricrescita”. A spingere e’ la variante Delta, la cui circolazione e’ in aumento e, si legge nel monitoraggio, potra’ essere controllata sia grazie al tracciamento, con l’aiuto dei vaccini e rispettando le misure di sicurezza. La variante sta anche ridisegnando alcune caratteristiche dell’epidemia: per esempio, ha detto Brusaferro, l’eta’ mediana dei nuovi casi e’ ora 31 anni, quella dei ricoverati nei reparti e’ di 52 anni, 63 per i ricoverati in terapia intensiva e 78 per la mortalita’. Positivi i dati sui vaccini relativi al periodo compreso fra il 21 giugno e il 4 luglio, elaborati da Iss e provenienti dall’Anagrafe nazionale vaccini e dalla sorveglianza integrata: se si sono completate le due dosi previste, e’ efficace circa all’80% nel proteggere dall’infezione e fino al 100% dalle forme piu’ gravi della malattia, per tutte le fasce di eta’.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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