Collegati con noi

Esteri

Il riarmo del Giappone e quelli che ne fanno le spese

Pubblicato

del

Tra gli effetti più marcanti della guerra russo-ucraina va annoverato il riarmo del Giappone e della Germania, le due potenze allora alleate maggiormente responsabili della genesi, dell’estensione, delle ecatombi e delle devastazioni della seconda guerra mondiale. Soggetto tabù, questo del riarmo. Al punto che in entrambi i Paesi l’opinione pubblica, in maggioranza costituita ormai da generazioni che non hanno vissuto l’esperienza di quel conflitto, sembrava accettare il contenuto armamento nazionale come la “nuova normalità”.

In entrambi i Paesi è scomparsa, almeno nel dibattito pubblico, unidea geopolitica che fu l’architrave dottrinale del bellicismo sia tedesco che nipponico. Vale a dire l’esistenza di uno “spazio destinale” nel quale, di là dallo “spazio geografico”, si sarebbe effettivamente realizzata la vocazione storica di Berlino e Tokyo.

Rompendo i vincoli della propria Costituzione pacifista, il Giappone annuncia dunque questa estate il proprio riarmo, data l’evoluzione del quadro strategico nel Pacifico orientale, dove si profilano le minacce della:

1. Russia, di cui Tokyo assume la narrativa aggressiva messa in circolo e alimentata dall’Occidente, segnatamente dal “fronte Biden”; e con la quale ha un contenzioso territoriale concernente le isole Curili, risalente al Trattato di Shimoda (1855).
2. Cina, impegnata in quella che a Pechino chiamano la “riunificazione”, riacquisendo Taiwan nel quadro della dottrina di “una sola Cina”, obiettivo al quale Washington si oppone per formale dichiarazione.
3. Corea del Nord, che negli ultimi due mesi ha voluto fare la dimostrazione della sua potenza militare lanciando almeno una cinquantina di missili, l’ultimo dei quali, il 18 novembre scorso, è caduto nel tratto di mare ricompreso nella zona economica esclusiva del Giappone.

Il primo ministro Fumio Kishida (nella foto in evidenza) annuncia dunque -il 16 dicembre scorso, da ultimo- che va a rinforzare “le capacità di difesa” del Giappone. Contro-attacchi massivi, si capisce, ma anche azioni preventive contro chiunque possa attentare alla sicurezza dell’arcipelago.  Raddoppiando il budget militare dall’’1% al 2% del PIL in 5 anni, e portandolo a 76 miliardi di $ dai meno di 40 miliardi attuali. Si parla di dotazioni importanti: 500 missili di crociera americani Tomahawk, missili ipersonici all’orizzonte 2030, sviluppo di un proprio aereo da combattimento in associazione con l’Italia e il Regno Unito.

Come verrà finanziato questo mutamento della dottrina strategica del Giappone? Si tratta della terza economia mondiale, è vero, ma altresì di un Paese che attraversa un periodo di difficoltà, anche per effetto della pandemia e dei costi del welfare, legati in specie a una popolazione sempre più vecchia. Un Paese che, oltretutto, deve sopportare il peso di un debito pubblico imponente, pari a due volte e mezzo il PIL: il più pesante del G7. F. Kishida pensa a nuove tasse (tabacco, imposta sulle imprese), ma anche allo storno di imposte speciali, finora prelevate per effettuare la ricostruzione della regione di Fukushima funestata nel 2011 da un incidente nucleare provocato da uno tsunami a sua volta generato da un sisma di magnitudo 9 al largo delle coste nord-orientali dell’arcipelago. 16.000 morti dovuti al triplice incidente, con effetti “negati” delle radiazioni in tempi successivi. E quindi 100.000 edifici distrutti o danneggiati, 160.000 persone delocalizzate, che attendono di tornare a casa. La decontaminazione dei suoli resta difficile ad oggi, mentre ci sono difficoltà di gestione delle acque di raffreddamento della centrale. Si parla di convogliare queste ultime –un milione di tonnellate, contenenti trizio e carbonio14- nell’Oceano Pacifico: ciò che provoca inquietudini profonde nell’area e in tutto il mondo.

Da dieci anni, i giapponesi pagano un’imposta specifica per Fukushima, che frutta qualcosa come 3 miliardi di $ l’anno. E’ questa risorsa per un territorio devastato e non ancora restaurato in modo accettabile, che si andrebbe a toccare –al 50% a quanto pare- per il riarmo giapponese.

Favorevoli inizialmente all’innalzamento del bilancio della difesa, sia pure con un’esigua maggioranza, i nipponici hanno cambiato rapidamente idea: il 53% oggi vi si oppone. Mentre i ¾ sono contrari a questa rapina budgetaria e molti si dicono scandalizzati. Finanziare la guerra sulla pelle degli abitanti di Fukushima e sull’integrità ecologica del loro territorio? No, grazie! Una buona lezione dall’Estremo Oriente. 

Advertisement

Esteri

Nyt, ‘piano segreto Kiev contro Russia, Mosca avverte Pentagono’

Pubblicato

del

Il ministro della Difesa russo Andriy Belousov ha chiamato il capo del Pentagono Lloyd Austin all’inizio di questo mese per avvisarlo di una “operazione segreta” che l’Ucraina stava preparando contro la Russia: lo scrive il New York Times (Nyt), che cita tre funzionari statunitensi. Il 12 luglio Austin ha ricevuto una “richiesta insolita” da Belousov, commenta il giornale. Secondo le fonti, il ministro russo ha avvertito Washington dei preparativi di Kiev per un’operazione segreta contro la Russia, che credeva avesse il nullaosta degli americani. Belousov ha chiesto ad Austin se il Pentagono fosse a conoscenza dell’operazione, avvertendolo che essa avrebbe potuto portare ad un’escalation delle tensioni tra Mosca e Washington.

I funzionari del Pentagono sono rimasti sorpresi dalle affermazioni di Belousov e non erano a conoscenza dell’operazione, scrive il Nyt aggiungendo: “Ma qualsiasi cosa abbia rivelato Belousov… è stata presa abbastanza sul serio perché gli americani hanno contattato gli ucraini e hanno detto, in sostanza, ‘se state pensando di fare qualcosa del genere, non fatelo'”. Il giornale spiega che, nonostante la profonda dipendenza dell’Ucraina dagli Stati Uniti per il sostegno militare, di intelligence e diplomatico, i funzionari ucraini “non sono sempre trasparenti” con le loro controparti americane riguardo alle loro operazioni militari, in particolare quelle dirette contro obiettivi russi dietro le linee nemiche. I funzionari ucraini e il Cremlino si sono rifiutati di commentare l’indiscrezione e il ministero della Difesa russo non ha risposto a una richiesta di commento, riporta il giornale.

Continua a leggere

Esteri

Fonti, Modi potrebbe offrire mediazione per risolvere conflitto

Pubblicato

del

Il primo ministro indiano Narendra Modi potrebbe offrire la mediazione di New Delhi per porre fine al conflitto in Ucraina durante la sua visita a Kiev prevista per agosto: lo ha detto alla Tass una fonte del Parlamento indiano, riporta l’agenzia di stampa russa. “L’India potrebbe offrire la sua mediazione per risolvere la crisi ucraina. Tale proposta può essere avanzata durante la visita di Modi in Ucraina, con la possibilità che venga discussa al momento – ha detto la fonte -. L’India ha relazioni amichevoli di lunga data con la Russia e il primo ministro ha instaurato buoni rapporti con il presidente Vladimir Putin”. “Allo stesso tempo, l’India ha buone relazioni anche con l’Ucraina. Entrambe le parti hanno fiducia nell’India”, ha sottolineato. La fonte ha poi ricordato che “l’India ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a contribuire alla risoluzione del conflitto. Tuttavia – ha osservato -, ciò è possibile solo con il consenso di entrambe le parti”.

Continua a leggere

Esteri

Gli Obama con Harris, ‘sarai una presidente fantastica’

Pubblicato

del

Last but not least: ultimo, ma non certo per importanza, a dare l’endorsement a Kamala Harris per la Casa Bianca è Barack Obama con la moglie Michelle. Un sostegno ben coreografato anche nei tempi. Quasi a serrare definitivamente le fila del partito dopo aver evitato un abbraccio immediato per apparire al di sopra delle parti e non oscurare né la nuova ribalta per Kamala né il sofferto addio di Joe Biden alla corsa. Nell’aria da giorni, l’endorsement è arrivato con un video che immortala la telefonata dell’ex coppia presidenziale alla Harris, sullo sfondo di un Suv nero. Una chiamata che evidenzia una amicizia lunga oltre 20 anni e un potenziale legame storico tra il primo presidente afroamericano e quella che potrebbe diventare la prima donna di colore alla Casa Bianca. Con uno slogan apparso tra i fan dei primi comizi che già li unisce: ‘Yes, we Kam’ (le iniziali di Kamala, ndr), un richiamo al vincente slogan obamiamo ‘Yes, we can’.

“Non posso fare questa telefonata senza dire alla mia ragazza, Kamala, che sono orgogliosa di te. Sarà storico”, ha esordito l’ex first lady. “Michelle e io non potremmo essere più orgogliosi di sostenerti e di fare tutto il possibile per farti vincere queste elezioni e arrivare allo Studio Ovale”, le ha fatto eco Barack, che poi su X si è detto sicuro che sarà “una fantastica presidente”. Kamala ha ringraziato, con malcelata sorpresa: “Oh mio Dio. Michelle, Barack, questo significa così tanto per me. Non vediamo l’ora di compiere questa impresa con voi due, Doug e io…”, ha affermato la vicepresidente Usa. “Ma più di tutto, voglio solo dirvi che le parole che avete detto e l’amicizia che ci avete dato in tutti questi anni significano più di quanto io possa esprimere, quindi grazie a entrambi… E ci divertiremo anche in questo, non è vero?” ha aggiunto. Gli Obama hanno diffuso anche una dichiarazione.

“Non potremmo essere più entusiasti ed eccitati di sostenere Kamala Harris come candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti. Siamo d’accordo con il presidente Biden: scegliere Kamala è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Ha il curriculum per dimostrarlo”, scrivono, ricordandone l’impegno come procuratrice generale in California, senatrice e vicepresidente. “Ma Kamala – sottolineano – ha più di un curriculum. Ha la visione, il carattere e la forza che questo momento critico richiede. Non abbiamo dubbi che abbia esattamente ciò che serve per vincere queste elezioni… In un momento in cui la posta in gioco non è mai stata così alta, ci dà a tutti motivo di sperare”. Quindi l’impegno a fare “tutto il possibile” per farla eleggere. Già si parla di comizi ed eventi insieme, capaci sicuramente di mobilitare grandi folle. Come quelle che Harris sta attirando sui social: il suo nuovo account su TikTok ha conquistato 100 mila follower in 30 minuti. Prosegue intanto il braccio di ferro sul duello tv tra lei e Trump.

Domenica il tycoon si era detto disponibile a mantenere il confronto del 10 settembre – concordato in precedenza con Biden – ma spostandolo dalla “fake” Abc a Fox News, l’emittente dei conservatori dove lui è di casa. Quindi martedì aveva ribadito di essere “assolutamente” pronto a dibattere con il probabile nominee dem, aggiungendo però di non aver concordato nulla, se non il duello con Biden. Giovedì l’ultima correzione di tiro: la sua campagna ha precisato che non ci sarà alcun dibattito finchè i dem non avranno nominato formalmente il candidato. “Che cosa è successo al ‘quando vuoi, dove vuoi’?”, lo ha provocato Kamala rinfacciandogli le parole che il tycoon aveva usato per sfidare Biden e accusandolo di fare marcia indietro. Probabilmente Trump sta cercando di minare la credibilità di Abc, sperando che la tv spinga il confronto a suo favore o come alibi nel caso Harris se la cavasse bene. Oppure, secondo altri, lui e il suo team hanno semplicemente paura della sua performance contro l’ex procuratrice che lo paragona a truffatori e predatori sessuali.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto