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Il pugno di Putin: schiacciamo le armi Usa come noci

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La Russia non teme l’invio di nuove armi americane all’Ucraina, perche’ “le schiaccia come noci”. Mentre le sue truppe continuano l’avanzata nel Donbass e sono sempre piu’ vicine alla presa di Severodonetsk, il presidente Vladimir Putin ostenta sicurezza e liquida in modo sprezzante il sostegno occidentale a Kiev. “I nostri sistemi antiaerei le stanno schiacciando come noci – ha detto in un’intervista a Rossiya 1 -. Ne hanno distrutte a decine”. Le parole del leader del Cremlino fanno da corollario al tentativo finora respinto di controffensiva ucraina a Severodonetsk. La battaglia e’ cruciale per la conquista della regione di Lugansk e per questo, secondo Kiev, il nemico “sta mettendo tutta la sua potenza” sul terreno. Le forze ucraine avevano rivendicato di aver ripreso il 20% della citta’, ma sarebbero state costrette a una nuova e forse definitiva ritirata verso la citta’ gemella di Lysychansk, l’unico altro centro urbano di rilievo nell’oblast ancora nelle loro mani, appena oltre il fiume Siverskij Donets, che i russi stanno cercando di isolare facendo saltare in aria i ponti. Secondo la Difesa di Mosca, alcune unita’ avrebbero fatto arretrare fino al 90% dei loro soldati, “dopo aver subito perdite critiche”. In citta’, comunque, i combattimenti sono ancora in corso e restano le truppe ucraine della 79/ma brigata aerea d’assalto e membri delle forze territoriali di difesa. Il contrattacco non e’ riuscito a rovesciare le sorti della battaglia. Ma la partita per la piena conquista del Lugansk resta aperta, con Kiev determinata a sfruttare tutte le risorse per impantanare il nemico fino all’arrivo delle nuove armi occidentali. A questo potrebbe contribuire anche la delicata situazione della fabbrica chimica Azot, nei cui bunker restano nascoste circa 800 persone, compresi bambini, e dove la Russia denuncia che sarebbero stati minati depositi di acido nitrico per “ritardare” l’offensiva. “Non saranno in grado di conquistare la regione in due settimane, come predetto dall’intelligence britannica”, ha scommesso il governatore Serhiy Gaidai. Nel Donetsk, intanto, si prepara gia’ il prossimo fronte. Le forze di Mosca stanno rafforzando le posizioni attorno a Sloviansk e in vista di una nuova offensiva, dopo alcuni attacchi senza successo, stanno schierando fino a 20 gruppi tattici nella zona. Dalla citta’, ha riferito il sindaco Vadym Lyakh, fuggono intanto centinaia di persone ogni giorno, un numero raddoppiato questa settimana. In tutto il Donbass continuano anche i raid che colpiscono civili. Tre persone, tra cui un bambino, sono rimaste uccise in due bombardamenti. E si aggrava anche il bilancio dei volontari stranieri morti in combattimento. La Legione per la Difesa dell’Ucraina ha confermato la morte di 4 suoi membri: un olandese, un australiano, un francese e un tedesco. Solo quest’ultima vittima, pero’, non risultava nota, mentre le altre erano gia’ state confermate nei rispettivi Paesi. Nei raid e’ stato colpito anche il monastero della Dormizione di Svyatohirsk Lavra, appartenente al Patriarcato di Mosca e meta di pellegrinaggi, che ha preso fuoco. Un attacco di cui le parti in conflitto si sono accusate reciprocamente. Piu’ a nord, nella regione di Kharkiv, le Forze Armate dell’Ucraina hanno invece rivendicato di aver quasi interamente distrutto la 35/ma armata russa a Izyum. Intanto, partira’ in queste ore l’esercitazione militare internazionale Baltops nel Mar Baltico, cui prenderanno parte 16 Paesi, 14 membri della Nato e gli Stati partner dell’alleanza, Svezia e Finlandia. Manovre con navi, aerei e veicoli blindati che impegneranno oltre 4.000 soldati e dureranno fino al 17 giugno per testare la preparazione alla difesa collettiva nella regione e l’attuazione della politica di deterrenza.

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‘Trump a Zelensky a S.Pietro, solo Usa riconosceranno la Crimea’

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Nel faccia a faccia in Vaticano il giorno dei funerali di Papa Francesco Volodymyr Zelensky avrebbe ribadito che non riconoscerà la Crimea come russa e Trump avrebbe chiarito che non glielo chiederà perché il piano è il riconoscimento della Crimea come russa da parte degli Usa, non dell’Ucraina. Lo riporta Axios che ricostruisce l’incontro. Zelensky avrebbe anche detto a Trump di non aver paura di fare concessioni per porre fine alla guerra, ma di aver bisogno di garanzie di sicurezza sufficientemente forti per farlo. Il leader ucraino avrebbe ribadito che Putin non si sarebbe mosso a meno che Trump non avesse fatto più pressione.

Una fonte avrebbe riferito che Trump ha risposto che avrebbe potuto dover cambiare il suo approccio nei confronti di Putin, come ha poi affermato nel suo post su Truth Social. Zelensky ha anche spinto a tornare alla sua proposta iniziale di un cessate il fuoco incondizionato come punto di partenza per i colloqui di pace, accettata dall’Ucraina ma respinta dalla Russia. Trump sembrava essere d’accordo. La Casa Bianca non ha confermato né smentito. Un portavoce di Zelensky ha rifiutato di commentare i contenuti dell’incontro.

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Maradona, nuove rivelazioni dal processo: «Luque vietò l’ingresso ai medici chiamati dalle figlie»

Il chirurgo che seguì Diego negli ultimi giorni avrebbe impedito le valutazioni cliniche dopo l’intervento alla testa.

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Durante il processo per la morte di Diego Armando Maradona, il dottor Fernando Villarejo, capo del reparto di terapia intensiva della clinica Olivos, ha rilasciato dichiarazioni importanti e potenzialmente decisive. Secondo il medico, Leopoldo Luque, il neurochirurgo a capo del team che seguì Maradona negli ultimi giorni, avrebbe impedito l’accessoad altri specialisti che volevano visitare l’ex campione dopo l’intervento alla testa del 3 novembre 2020.

Medici bloccati all’ingresso: «Chiamati dalle figlie»

Villarejo ha precisato che i medici esclusi erano stati convocati dalle figlie di Maradona, tra cui il dottor Mario Schitere una psichiatra. Il loro compito era valutare la possibilità di un trasferimento del paziente in una struttura di riabilitazione, data la complessità della sua condizione clinica.

«Luque ha vietato l’ingresso ai medici che dovevano valutare Maradona», ha dichiarato Villarejo in aula, definendo il divieto «strano e intempestivo».

Cartella clinica: «Pluripatologie di difficile controllo»

Nonostante il divieto, il dottor Villarejo è riuscito comunque a consultare la cartella clinica di Maradona, dalla quale ha tratto conclusioni preoccupanti: il paziente era ancora in condizioni critiche, affetto da patologie complesse e difficili da gestire.

«Era un paziente molto complesso», ha spiegato, «e necessitava di un monitoraggio costante e di interventi mirati, che forse non gli sono stati garantiti».

Un processo che riaccende i riflettori sulla gestione medica

Le parole di Villarejo si inseriscono in un processo delicato, che mira a chiarire eventuali responsabilità e negligenzenella gestione sanitaria del più grande calciatore argentino. Il comportamento di Luque e le decisioni prese nei giorni successivi all’intervento chirurgico saranno al centro dell’analisi dei giudici.

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La crociata di Ursula contro ‘i populisti filo-Putin’

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Lontano dalle suggestioni populiste, fermamente contro gli “estremisti di destra e di sinistra che non sono a favore della pace ma sono amici di Putin”, per usare le parole di Ursula Von der Leyen. E’ il Partito popolare europeo che si è ritrovato al Congresso di Valencia forte di una stagione di successi elettorali, a trazione sempre più tedesca, convinto di essere il motore propulsore di un’Europa che vuole rilanciarsi ed essere sempre più protagonista anche fuori dai confini dei 27. L’Europa disegnata dai popolari è un’entità politica capace di difendere i propri interessi nei confronti dell’alleato tradizionale, gli Usa, ma anche in grado di aprirsi nei confronti dei mercati emergenti, dalla Cina all’India, dall’Australia ai Paesi del Mercosur. Impegnata a voltare pagina sul fronte della difesa comune, della crescita e della lotta ai clandestini. L’asse formato da Ursula Von der Leyen, l’applauditissimo cancelliere in pectore Merz e il neo eletto presidente del partito, Manfred Weber tiene banco e dà la linea. “L’Europa è la nostra casa. E la nostra prima missione è proteggere il luogo che tutti chiamiamo casa”, ha sintetizzato Ursula Von der Leyen.

“Abbiamo vinto le ultime europee – ha detto Manfred Weber – grazie all’allargamento della famiglia del Ppe: non sono più conservatori o liberali ma stanno con noi. Il Ppe è il partito dell’Europa, dello stato di diritto. Viktor Orban se ne andrà in pensione e la nuova Ungheria sarà popolare”, ha aggiunto Weber tra gli applausi. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha concordato sulla necessità per l’Unione europea di “voltare pagina”, a partire dalla lotta contro l’eccesiva burocratizzazione legislativa. E soprattutto chiudendo quanto prima la stagione del Green Deal, lasciandosi alle spalle “quella visione di Timmermans e di Greta Thunberg che – ha osservato il leader azzurro – aveva creato una sorta di dea natura, una forma di panteismo che non teneva conto della presenza dell’uomo, facendo perdere decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Dalla pace in Ucraina, alla tensione con Trump sui dazi, dalla lotta contro l’immigrazione clandestina alla partita sulla crescita, il Ppe serra le file sulla responsabilità della leadership europea, consapevole che l’Unione, con i suoi valori e la sua storia, è destinata ad avere un ruolo centrale, in prima fila, nel mondo del futuro. L’Europa a guida popolare lancia poi un monito a Trump: “I mercati globali – ha ammonito Von der Leyen – sono scossi dall’imprevedibile politica tariffaria dell’amministrazione Usa. I loro dazi sul resto del mondo sono ai massimi da un secolo a questa parte. Le tariffe sono come le tasse. Fanno male sia ai consumatori che alle imprese. Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo accada”.

Un partito popolare e una Commissione europea che oggi può incassare la discesa in campo di una sua nuova e fondamentale supporter, la Germania a guida Merz, il cui intervento è stato quello più applaudito nella sede della Fiera di Valencia. “Se altri Paesi mettono in discussione la legittimità della difesa dei confini e della sovranità – ha ammonito Merz – noi lotteremo ancora più forte a favore di questi valori”. Molto determinato anche sul dossier difesa: “Dobbiamo lavorare insieme come mai prima, con una sola voce, soprattutto sulla difesa: dobbiamo essere pragmatici nel nuovo progetto. Tutto deve avvenire nella cornice Nato ma dobbiamo essere capaci di difenderci meglio che nel passato”, ha concluso tra gli applausi.

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