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Il decretone per rianimare l’Italia c’è, ma non c’è intesa sui poteri immensi di spesa ad Arcuri

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Il decretone per rianimare l’economia dopo lo choc coronavirus e la valanga di morti già prodotti in Italia (bilancio purtroppo destinato a salire), non è ancora pronto. Perchè la materia è complessa. Ci sono 120 articoli. Ci sono 25 miliardi di euro da investire sul futuro di un Paese che è in ginocchio quando ancora non è arrivato il picco del contagio. Un Paese che vede il suo polmone economico (Lombardia e Milano) aggredito dal virus con una virulenza inaudita. La manovra  da approvare va pensata bene. Approvarla non sarà facile anche per le difficoltà logistiche. Il governo oramai si riunisce in teleconferenza. Ci sono troppi esponenti dell’esecutivo contagiati e vanno preservato almeno i ruoli guida: Conte e Gualtieri, premier e ministro dell’Economia, vanno preservati.

Commissario emergenza coronavirus. Angelo Borrelli pronto a dimettersi se la Protezione Civile sarà “commissariata” da Arcuri 

 

 Questa mattina ci sarà, salvo fatti nuovi, il  varo del decreto legge che contiene il rafforzamento di Sanità e Protezione civile per contrastare l’emergenza sanitaria  coronavirus. Ci saranno le misure economiche per dare una prima risposta all’emergenza economica che ne è seguita.  E speriamo si risolva anche il nodo politico della nomina del nuovo commissario all’emergenza, l’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri. Nella bozza del decreto c’è  una norma che assegna eccessivi, illuminati  poteri ad Arcuri. Poteri addirittura di spesa senza limiti e senza alcun controllo preventivo e successivo della Corte dei Conti.
Ad Arcuri, almeno da quel che si legge nei lavori preparatori, vengono girate funzioni finora della Protezione civile. Oltre  al potenziamento della capienza nelle strutture ospedaliere, la riconversione di stabilimenti per la produzione dei beni necessari al contrasto dell’emergenza e tanto altro ancora. Ma poi chi è Domenico Arcuri? Chi è questo manager che da anni bazzica con passo felpato ogni forza politica e tesse rapporti eccellenti con chiunque? Chi è Arcuri, oggi tanto amato dal Pd? Chi è Arcuri, che piace anche a qualcuno nel M5S? Chi è Arcuri, il cui nome è stato fatto dal premier pugliese Giuseppe Conte? Chi è questo calabrese così in vista oramai? Nelle redazioni dei giornali cominciano ad arrivare i primi dossier. Quelli che servono ad avvelenare i pozzi. Che però vanno verificati. Sul futuro di Arcuri sappiamo tanto. E lo stabilirà il Governo quali poteri avrà. È sul passato che si sa poco. Troppo poco.

Mimì Arcuri. Il top manager calabrese dal futuro radioso senza passato

Al Dipartimento della Protezione civile non l’hanno presa bene. È una deminutio. Però da quelle parti, com’è ovvio che sia, sono abituati ad eseguire. Sono esecutori di ordini di Palazzo Chigi. Ma il rischio di far diventare uno scatolone vuoto la Protezione civile nazionale è più di un rischio. Anche perchè in Lombardia è arrivato oggi dal Sudafrica Guido Bertolaso. E lui sicuramente farà molte cose in autonomia in Lombardia.
Angelo Borrelli avrebbe minacciato anche le dimissioni davanti alla illuminata funzione e discrezionalità concesse ad Arcuri. Ma di questo il Governo se ne occuperà. Fare le sue valutazioni. Anche sulla base dei contributi delle forze politiche di maggioranza. Bisogna correre  oggi perchè  c’è la prima scadenza fiscale che viene rinviata con il decreto, il versamento dell’Iva. Gualtieri, il ministro, ha già detto che “chi può fa bene a pagare perchè l’Italia ne ha bisogno”.
Dei 20/25 miliardi la metà va al sostegno dei lavoratori, dalla cassa integrazione all’assegno da 600 euro per gli autonomi per evitare che la crisi transitoria delle attività economiche si trasformi nella scomparsa definitiva di imprese nei settori maggiormente colpiti. Per evitare che una stretta del credito, come quella del 2008, porti alla chiusura delle imprese, il governo mette a disposizione 5 miliardi e garanzie che assicurano liquidità e maggior accesso al credito per 340 miliardi di euro.
Per aprile, l’esecutivo si prepara a un nuovo decreto che conterrà altre misure per rilanciare un’economia ormai in recessione. Ma serviranno nuove risorse e per questo, dopo aver sforato il tetto del 3% nel rapporto deficit Pil, si chiede all’ Europa di sospendere il patto di Stabilità.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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