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Il ‘codice verde’, la chiave per riaprire la Cina

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Azzerati i nuovi contagi interni del Covid-19, la Cina affida la riapertura al suo ‘Health qr code’, mettendo in campo tutta la tecnologia che spazia dai big data all’intelligenza artificiale e al riconoscimento facciale. Per avere un controllo rafforzato sulla tracciabilita’ del nuovo coronavirus, le autorita’ di Pechino hanno messo a punto, partendo dalla provincia dell’Hubei e dal suo capoluogo Wuhan, il focolaio della pandemia, un complesso sistema che, grazie a una app via AliPay o WeChat assegna a ogni residente un colore sul suo stato di salute, previa scannerizzazione del documento di riconoscimento. Il rosso, naturalmente, vale un caso confermato di infezione da sottoporre a immediato trattamento medico, il giallo certifica un contatto ravvicinato con un caso di contagio (quindi obbligo di quarantena e divieto di viaggiare), mentre il verde certifica l’assenza di rischi e quindi la possibilita’ di effettuare spostamenti. I timori principali della leadership del Partito comunista sono legati all’imprevedibilita’ degli asintomatici e all’ondata dei contagi di ritorno. “La guerra di popolo” al coronavirus, come l’ha chiamata il presidente Xi Jinping, e’ stata per il momento vinta, ma la insidie che restano sono numerose. La Cina ha registrato sabato 45 nuovi casi di contagio di cui 44 importati e uno nella provincia dell’Henan. Secondo la Commissione sanitaria nazionale (Nhc), le infezioni di ritorno sono salite a 693. Mentre l’Hubei e Wuhan, aree a “nuove infezioni azzerate”, si avviano alla progressiva apertura, il bilancio dei decessi nazionale e’ salito a 3.300 (+5 casi, tutti nell’ Hubei), mentre i contagi totali si sono portati a 81.439, di cui 2.691 sotto trattamento medico e 75.448 guariti. Se il codice e’ necessario per poter viaggiare, la visita alla prima sezione della Grande Muraglia, quella popolare di Badaling appena riaperta dopo la chiusura del 25 gennaio, comporta ugualmente il possesso del ‘green code’ per l’acquisto del biglietto e l’accesso a un simbolo con flussi consentiti pari al 30% di quelli tradizionali. Proprio in serata, il Global Times ha confermato il caso di coronavirus di una persona dell’Hubei spostatasi nella provincia del Gansu una settimana fa: malgrado fosse in possesso del codice verde, e’ stato classificato come un asintomatico sfuggito alle maglie dei controlli. E sempre il Gansu ha avuto in giornata anche un’infezione importata dalla Gran Bretagna. Insomma, le due tipologie piu’ temute che mettono a rischio la vittoria finora centrata contro il coronavirus.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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