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Cultura

Il calendario della “donna indifesa”, protagoniste avvocatesse in toga che in 12 scatti dicono stop alla violenza di genere

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Gli scatti del calendario della “donna indifesa”, una idea originale dell’avvocato Sergio Pisani e delle sue colleghe che si sono prestate all’iniziativa. Le foto sono state scattate da Giancarlo Rizzo

Il 25 novembre è la “Giornata contro la violenza sulle donne”. Perché dedicare solo una giornata a questa tragedia quotidiana dell’umanità? A che cosa ci si riferisce quando si parla di violenza sulle donne? Ci sarebbero miliardi di cose da fare per rendere la nostra società migliore per le donne. Ognuno di noi ogni giorno potrebbe cominciare a farne una. Noi abbiamo scelto di prendere ad esempio una bella iniziativa di un gruppo di giovani avvocati napoletani che hanno deciso di “fare” invece di “protestare” per chiedere il rispetto dei diritti delle donne in ogni campo, compreso quello forense. Un calendario. Sì, certo, è vero non sarà originale come iniziativa ma per come l’hanno concepito e per la veste grafica che hanno scelto, ha un grande valore simbolico.

Backstage. Come la “donna indifesa” si prepara allo scatto per il calendario

Il calendario mette in risalto la figura della donna avvocato, non più soggetta alle stupide discriminazioni di un tempo ed oggi sempre più protagonista di una delle più nobili delle professioni. Oggi le donne avvocato hanno certo mille problemi in più rispetto ai loro colleghi con la toga (oltre alla professione hanno la cura della casa, dei figli, della famiglia), ma la situazione rispetto a molti anni fa è per fortuna cambiata. Forse non tutti sanno che la Corte d’Appello di Torino con sentenza dell’ 11 novembre 1883 annullò l’iscrizione all’Albo degli Avvocati e Procuratori della dottoressa  Lidia Poet, laureata in Giurisprudenza nel 1881, prima donna avvocato. Per i magistrati di allora sussisteva il rischio che “si vedessero talvolta la toga o il tocco dell’avvocato sovrapposti ad abbigliamenti strani e bizzarri, che non di rado la moda impone alle donne, e ad acconciature non meno bizzarre”. Violenze, discriminazioni, sperequazioni purtroppo restano nella nostra società.

Sergio Pisani. L’avvocato curatore dell’iniziativa

“Resta alle donne il triste primato di  vittime predestinate di taluni reati, come si è tentato di rappresentare simbolicamente negli scatti che ci accompagneranno per tutto il 2019, con l’augurio e la speranza che tali immagini possano far riflettere e ricordare che se è vero che esistono tante donne indifese, ci sono anche tantissime donne forti che hanno scelto di vestire la toga per correre loro in difesa” spiega Sergio Pisani, avvocato, curatore per diletto ed impegno sociale del calendario della “donna indifesa” che sarà presentato nei prossimi giorni assieme alle sue colleghe che si sono prestate ed hanno creduto nel progetto e a tutte le associazioni che l’hanno sostenuto e sposato. Infine ma non per ultimo c’è l’impegno, anche questo civico, del fotografo. “Un grazie speciale va a Giancarlo Rizzo, senza di lui questa iniziativa non sarebbe stata possibile” dice Pisani. Per le foto, evidentemente, occorrerà aspettare la presentazione. Sono donne in toga (sono avvocatesche vere) che con queste foto corrono in difesa di altre donne che quotidianamente subiscono violenze e vessazioni di ogni genere.

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Cultura

Museo di Capodimonte, il fotovoltaico invisibile e l’organico in aumento

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È il primo grande museo nazionale con i tetti in fotovoltaico invisibili, Capodimonte, a Napoli, ha fatto da apripista per altri siti, altri musei per avviare un progetto di efficientamento energetico: Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera ha aperto il suo giro di visite nei musei italiani proprio con Capodimonte. Con lui la commissione che sotto la guida del direttore del museo, Sylvain Bellenger, lo ha girato in lungo e in largo.

“Mostriamo vicinanza a Capodimonte, spiega Mollicone, che sta diventando anche luogo di narrazione e di diplomazia culturale con la prossima mostra al Louvre di Parigi. E’ un’eccellenza ma sappiamo anche che ci sono criticità strutturali che vengono dal passato. Con il ministro Sangiuliano e con la Commissione oggi qui il Parlamento sostiene l’indirizzo in corso che ha delle esigenze di bilancio, ad esempio sul personale e sui restauratori. C’è stato già un grande lavoro su questo e dalle prossime settimane si può rafforzare l’organico. Le criticità nei grandi musei, ha infine detto il deputato, ci sono, nonostante la passione di direttori come Bellenger e altri, ma ci sono limiti di finanza pubblica in strutture meravigliose che hanno problemi di riqualificazione e manutenzione. Il ministro ha presentato politiche attive di defiscalizzazione che estendano il bonus per portare veri sostegni strutturali, dopo il tanto che è stato già fatto con i fondi Ue”.

 

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È morta Bice Biagi, figlia di Enzo, giornalista e scrittrice

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La giornalista Bice Biagi, figlia di Enzo,  è morta: aveva 75 anni. Lo ha reso noto Articolo 21, associazione alla quale la giornalista e scrittrice nata a Bologna contribuiva nel ruolo di garante. “Ha sempre avuto come impegno – ricorda Articolo 21 – la difesa dei diritti delle donne e come baluardo di riferimento la Costituzione”, coerente con l’insegnamento di suo padre Enzo. Fin da giovane del resto era stata protagonista di battaglie di libertà.

 

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Cultura

Schiava la madre di Leonardo, trovato atto liberazione

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Un documento originale, ritrovato dallo studioso Carlo Vecce nell’Archivio di Stato di Firenze, riscrive la storia di Caterina, madre di Leonardo da Vinci: una giovane originaria dell’antica Circassia, regione del Caucaso, arrivata come schiava a Firenze e liberata con un atto scritto dal notaio Piero da Vinci, padre di Leonardo, il 2 novembre 1452. A renderlo noto lo stesso Vecce che proprio da questo atto ha fatto partire la sua ricerca che lo ha portato poi a pubblicare con Giunti ‘Il sorriso di Caterina’, biografia romanzata della madre del Genio da Vinci.

“La madre di Leonardo era una ragazza della Circassia – rivela Vecce, professore dell’Università di Napoli e studioso della civiltà del Rinascimento – che a un certo punto della sua vita è stata rapita e venduta più volte come schiava fino ad arrivare da Costantinopoli a Venezia e poi a Firenze dove ha incontrato il padre di Leonardo da Vinci”. L’ipotesi che Caterina potesse essere una schiava girava però da tempo.

“Un po’ per caso, qualche anno fa, sono venuti fuori questi documenti e ho iniziato a studiarli per dimostrare che questa Caterina schiava non fosse la madre di Leonardo, ma alla fine tutte le evidenze andavano in direzione contraria, soprattutto questo documento di liberazione”. Con le parole “filia Jacobi eius schlava sue serva de partibus Circassie”, l’atto ritrovato attesta la liberazione della schiava Caterina, figlia di Jacob, da parte della sua padrona di Firenze, monna Ginevra. Nel suo romanzo poi Vecce arriva a immaginare che Jacob fosse un principe del Caucaso, ma questo rientra tra le licenze letterarie che l’autore si concede tra un documento storico e l’altro. “Quello che c’è nel libro è reale – ha precisato l’autore .- Nel libro la fiction interviene solo per connettere le loro storie e integrare le lacune”.

Tra i punti fermi della narrazione c’è il fatto che Caterina sia arrivata a Firenze grazie a un avventuriero fiorentino di nome Donato che prima di morire, nel 1466, lascia i suoi soldi al convento di San Bartolomeo a Monte Oliveto per la realizzazione della cappella di famiglia. Il notaio che scrive il suo testamento, anch’esso custodito dall’Archivio di Firenze, è sempre Piero da Vinci. Proprio per quella chiesa Leonardo dipinse la sua prima opera, l’Annunciazione in cui, secondo Vecce si vede l’influsso della madre. “Nel dipinto ci sono una montagna e una città marina – spiega Vecce -, Caterina potrebbe avergli raccontato i luoghi della sua infanzia”. Per l’autore “Caterina ha lasciato a Leonardo una grande eredità, sicuramente lo spirito di libertà, il desiderio più grande di una schiava. Nell’opera di Leonardo, infatti, troviamo l’idea di libertà prima di ogni altra cosa”. Oltre a questo, il romanzo, anche se incentrato sulla figura della madre, cambia anche la storia dello stesso Leonardo. Il genio, ha detto Vecce, “non è italiano, lo è solo per metà. È figlio di un notaio, ma per l’altra metà Leonardo è figlio di una straniera, di una schiava, di una donna al più basso gradino sociale di quell’epoca, una donna scesa da un barcone”. Vecce infine racconta che recentemente a Milano, dietro Sant’Ambrogio, nei lavori per la nuova sede dell’Università Cattolica, sta ricomparendo la cappella dell’Immacolata Concezione, nella cui cripta sono stati trovati resti umani di antiche sepolture. Forse, ipotizza Vecce, anche i resti di Caterina, morta a Milano tra le braccia del figlio Leonardo nel 1494, e sepolta in quel luogo.

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