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Cronache

I tre fermati del Mottarone, lo sgomento dei conoscenti

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Sul Lago Maggiore lo conoscono tutti per la sua attivita’ imprenditoriale, ma pochi hanno la voglia di parlare di lui dopo che la Procura di Verbania lo ha fermato per la strage del Mottarone. Luigi Nerini, detto Gigi, 56 anni, si trova ora in carcere, in attesa di essere interrogato dal gip per la convalida. Chi ha avuto modo di incrociarlo dopo l’incidente alla funivia di domenica, in cui sono morte 14 persone, lo ha descritto come un uomo “molto provato”. “Soffro per quelle vittime come se fossero miei parenti”, avrebbe detto agli amici. Una immagine che fa a pugni con quella di chi, come ha sostenuto il procuratore Olimpia Bossi, ha compiuto un “gesto materialmente consapevole”: bloccare con un forchettone quel freno d’emergenza che rischiava di compromettere l’esercizio della funivia, che aveva ripreso a girare da appena un mese dopo lo stop per la pandemia. Domenica sera, subito dopo l’incidente, aveva raggiunto l’impianto accompagnato dal suo legale sostenendo che ”controlli e manutenzione erano a posto”. Quello stesso giorno, aveva espresso cordoglio per la tragedia e vicinanza alle famiglie coinvolte, per poi sparire sino a quando ieri sera e’ entrato nella caserma dei carabinieri di Stresa, da dove all’alba di oggi e’ uscito per essere accompagnato in carcere.

”E’ un imprenditore che ha saputo costruirsi un’attivita’ cresciuta nel tempo, dando anche lavoro. A Verbania ha anche una agenzia di viaggi, ma la funivia e’ la vera storia della sua famiglia”, spiega un amico che preferisce restare anonimo perche’ ”c’e’ un’inchiesta in corso – dice senza nascondere lo sgomento – e quindi e’ bene mantenere un basso profilo”. Sul lago Maggiore Nerini vive, con la sua famiglia, in una antica villa, eredita’ della famiglia proprio come la funivia, un giro di 200mila turisti l’anno prima del Covid. Nel 2019 l’impianto ha registrato quasi due milioni di euro di entrate, ma anche 2,6 milioni di debiti. E tra alcuni operatori turistici c’e’ chi afferma, con un po’ di malizia, che abbia ”corso troppo”. E che la sua gestione dell’impianto era troppo “intraprendente” sin dai tempi del trenino a cremagliera. “Se quello che dicono risultasse vero, sarebbe gravissimo – anche perche’ ne va dell’immagine del lago e dell’interno Verbano. Tanto piu’ che l’impianto rischia di restare fermo per anni”, si fa scappare un avventore del bar accanto alla partenza della funivia, posta sotto sequestro dalla magistratura. Figure note nel mondo degli impianti a fune, ma meno conosciuti nel mondo imprenditoriale, sono anche gli altri due fermati. Laurea al Politecnico di Torino, dal 2015 Enrico Perocchio lavora come ingegnere alla Leintner, tra le piu’ importanti societa’ al mondo nel settore degli impianti a fune. Residente nel Biellese, a Stresa e’ direttore d’esercizio, stesso incarico ricoperto anche per la funivia di Rapallo, in Liguria. Gabriele Tadini e’ invece caposervizio e responsabile del personale delle Ferrovie del Mottarone. Descritto come una persona riservata, vive a Stresa ma dei tre e’ il meno noto. Di lui si sa, pero’, che ha una grande esperienza nel settore degli impianti.

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Cronache

De Luca ironizza sulla ricandidatura: “In concorrenza con Trump per il papato, poi vediamo se posso fare il capolista”

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«Perché candidarsi solo come capolista alla Regione? Intanto sono in concorrenza con Trump per il papato, poi verifichiamo se è possibile». Così, con la consueta ironia, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha risposto ai giornalisti durante la presentazione del Festival di Ravello.

De Luca ha commentato con tono sarcastico l’ipotesi di un ruolo da capolista alle prossime elezioni regionali, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, che gli impedisce di candidarsi per la terza volta consecutiva alla presidenza della Campania.

In attesa delle motivazioni della Consulta

«Stiamo aspettando la motivazione della sentenza dell’altissima Corte», ha affermato De Luca. «Ciò che è certo è che il programma di questo governo regionale sarà completato».
Alla domanda se stia pensando a un possibile successore come candidato governatore, ha lasciato la sala sorridendo e replicando con un laconico: «De Luca».

Nessuna apertura al “campo largo”

Sulle tensioni tra Pd e Movimento 5 Stelle in vista delle amministrative nei comuni del napoletano, De Luca ha tagliato corto: «Campo largo? Non conosco il significato di questa espressione oscena. Non mi pare che abbia avuto grande consenso da parte del popolo lavoratore».

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Pompei: una domus racconta ultimi istanti vita suoi abitanti

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La ‘cronaca’ del vissuto dai cittadini di Pompei al momento dell’eruzione del 79 d.C. attraverso la ‘fotografia’ fissata dai resti trovati in una stanza. E’ quella raccontata da un articolo dell’E-journal degli scavi di Pompei che contiene i risultati di recenti indagini. Il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio, i resti di alcune vittime e gli oggetti quotidiani della casa di Elle e Frisso lungo via del Vesuvio, sono segnali di una vita bruscamente interrotta. La domus deve il suo nome al quadro mitologico rinvenuto in uno degli ambienti, ed e’ vicina alla Casa di Leda e il cigno, gia’ documentata nel 2018.

Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra l’area scavata e non dell’antica citta’ imperiale, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, con successivi interventi di restauro e di valorizzazione che ne consentiranno presto la fruizione al pubblico. I principali ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate, e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione, e da cui le vittime avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo e’ stato possibile riprodurre il calco in gesso, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti lasciati dalla decomposizione organica del legno.

Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo ritrovata, l’amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’eta’ adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti ,anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa, e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuo’ ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsene, trovando qui la morte.

“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarieta’ della vita di tutti noi – spiega il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel – gli abitanti di questa casa non ce l’hanno fatta. Alla fine e’ arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente. Le scosse sismiche avevano gia’ prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpi’ questa citta’, di cui ancora oggi troviamo le tracce”. Il quadro mitologico che da’ il nome alla casa era nel pannello centrale di una parete del triclinio. Raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa a un montone dal vello d’oro ma, durante il tragitto, Elle cadde nel mare che cosi’ prese il nome di Ellesponto. Nell’affresco e’ raffigurato il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto.

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Inchiesta Huawei: Lucia Simeone, la segretaria di Martusciello, interrogata 7 ore in Belgio

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E’ stata interrogata in Belgio ieri per sette ore Lucia Simeone, la segretaria dell’eurodeputato di Forza Italia Fulvio Martusciello indagata nel caso delle presunte tangenti pagate da lobbisti Huawei per favorire gli interessi del colosso cinese delle telecomunicazioni. Lo scrivono Repubblica Napoli e Il Mattino. Il faccia a faccia si è svolto prima davanti agli investigatori e, poi, davanti al giudice istruttore. “Alla fine della lunga istruttoria – scrive Repubblica – il magistrato ha dichiarato decadute le principali accuse contestate a Simeone, dall’associazione per delinquere alla corruzione. Resta in piedi solo un’ipotesi di riciclaggio.

La donna (per la quale era stato revocato il mandato di arresto internazionale in base alla disponibilità a rendere interrogatorio in Belgio) è tornata in libertà come richiesto dagli avvocati”. Ma con alcune prescrizioni: dovrà rimanere a Bruxelles fino al 10 maggio, non avere contatti non Martusciello (che non risulta indagato) né con soggetti coinvolti nelle indagini e non allontanarsi senza autorizzazione del giudice dall’area Schengen fino a luglio. Al centro delle indagini della magistratura belga c’è una presunta tangente di poco meno di 46mila euro che sarebbe stata pagata da lobbisti vicini a Huawei per la lettera del 10 febbraio 2021, firmata da otto eurodeputati fra i quali Martusciello, diretta a tre commissari europei ed avente ad oggetto la implementazione della tecnologia 5G nella Ue. “I mille euro che ho ricevuto? Avevo anticipato soldi per una scatola di sigari a un lobbista, che me li ha restituiti. Non mi occupo di leggi o di vertenze politiche”, questa la versione di Simeone, scrive Il Mattino.

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