Draghi, alla fine delle consultazioni con sindacati e organizzazioni datoriali, ha ora un quadro di insieme preciso. Potrebbe già decidere ma Draghi non è fesso. Non intendere interferire con lo psicodramma del Movimento 5 Stelle. Farà il governo dopo il voto su Rousseau. Ma è davvero un atto formale. Qualunque cosa decidano sulla piattaforma gli iscritti, Draghi farà un Governo. E nel Governo ci sarà una persona di area Cinquestelle. Anche in caso di astensione da parte di M5S. È un segnale. Sta a loro coglierlo. Beppe Grillo sperava nelle parole di Draghi per aiutarlo a convincere la base grillino ma è stata la presidente del Wwf, Donatella Bianchi, a dire quel qualcosa che i governisti del M5S speravano di sentire dalla bocca di Mr Bce.
CI sarà un ministero della Transizione ecologica. E sarà un dicastero “dove le competenze ambientali saranno ulteriormente rafforzate”. Nella tarda mattinata di ieri, ci sarebbe stato un contatto che ha sbloccato la trattativa tra il premier incaricato e il fondatore del Movimento 5 Stelle. Che cos’è questa roba del ministero della transizione ecologica, al quale si è candidata Vladimir Luxuria (con ironia)?
È un ministero che dovrebbe tenere insieme le deleghe di Sviluppo economico (senza la Comunicazione, scorporata), Infrastrutture e Ambiente. Di sicuro è finita la carriera politica del ministro dell’ambiente del M5S Sergio Costa. Ci sarà un super tecnico, non inviso al M5S.
Oggi ci sarà una giornata di lavoro e di riflessione, in attesa dei risultati del voto su Rousseau. Appena
dopo il voto di Rousseau, Draghi farà il governo. Anche se ci fosse il No degli iscritti del M5S. In caso di No degli iscritti, infatti, i Cinque Stelle potrebbero astenersi. Il premier incaricato potrebbe andare in Parlamento a inizio settimana per chiedere la fiducia. Poi a lavoro. I partiti ragionano, si leccano le ferite. Il Pd ha cercato di far passare all’ ex presidente della Bce il proprio disagio rispetto a un esecutivo insieme alla Lega. Ma Salvini ci sarà. E allora i dem inseriscono principi di sostanza nel futuro programma.
“Noi a Draghi abbiamo detto che se si allarga di più il perimetro, non mettiamo veti, ma vanno precisati meglio i punti e chiariti meglio gli obiettivi e il cronoprogramma sulle cose che vogliamo fare”, ha ribadito ieri il vice segretario del Pd Andrea Orlando a Porta a Porta. Ma diceva cose che servivano più per fini interni o per i militanti Dem che per convincere Draghi di qualcosa.
Oggi Zingaretti riunisce la direzione del Pd: vuole un voto sulla linea. Zingaretti teme mezzo Pd che lo critica su tutta la linea, compresa la gestione della crisi. Mezza classe dirigente che chiede un congresso e mette in discussione l’amalgama, ovvero l’alleanza strutturale con M5S .
Chi dei Dem andrà al Governo? In lizza Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Al Nazareno in ogni caso non chiedono ministeri e non fanno nomi ufficialmente. Dicono solo che Salvini non può entrare in Esecutivo.