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Grillo si prende la scena al vertice con Draghi ma qualunque sia la scelta sarà dolorosa per il M5S

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Un lungo monologo davanti a Giuseppe Conte, ai ministri uscenti e ai “big” dei gruppi parlamentari del M5S,tutti i riuniti in sala Tatarella: Beppe Grillo ha fatto sentire la sua voce al Movimento, puntando sui “temi identitari” dei pentastellati e sul futuro stesso della prima forza in Parlamento, nonostante le quasi 60 defezioni tra Camera e Senato. Ad un certo punto la voce di Grillo si e’ sentta anche in strada, nella via che sottosta alle finestre della sala Tattarella. Si sono sentite le urla dell’ex comico ma anche i suoi applausi. Al vertice si e’ collegato via Zoom anche il presidente della Camera Roberto Fico. Tema cardine della riunione – spiegano alcune fonti pentastellati – è stato quello dell’ “unita’” del Movimento. Al termine del vertice, durata oltre un’ora, Grillo e la delegazione del M5S (composta da Vito Crimi, dai capigruppo e dai vicecapigruppo) si sono recati alle consultazioni con il premier incaricato Mario Draghi.  All’uscita e prima di lasciare Roma, il comico ha postato la goto delle consultazioni con Draghi e una frase epitaffio delle giornata o delle giornate difficili del M5S. “Non conosco una via infallibile per il successo, ma una per l’insuccesso sicuro: voler accontentare tutti”. (Platone)

La situazione interna al Movimento resta difficilissima. Come resta difficile, dolorosa la scelta di partecipare al Governo Draghi o comunque dare la fiducia al Governo del premier incaricato da Mattarella. “Oggi su alcuni organi di stampa vengono riportati alcuni virgolettati del ministro Di Maio totalmente falsi e privi di fondamento. Ancora un volta c’e’ chi prova a mettere in contrapposizione Di Maio e Conte, con il tentativo di indebolire il Movimento. Cosi’ come questi retroscena strumentali mirano a creare tensioni con Paola Taverna, Gianluca Perilli e Gianluca Castaldi, a cui il ministro Di Maio rinnova il suo sentimento di amicizia e di stima. Chiediamo massima serietà in una fase cosi’ delicata per il Paese”. E’ quanto sottolinea lo staff del ministro degli Esteri uscente Luigi Di Maio.

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Sinner parte forte alle Atp Finals di Torino: battuto Auger-Aliassime in due set

Esordio perfetto per Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino. Il numero due al mondo batte Felix Auger-Aliassime in due set e apre nel migliore dei modi il torneo più prestigioso della stagione

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Parte con il piede giusto Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino. Nel match d’esordio all’Inalpi Arena, il numero due del ranking mondiale ha superato Felix Auger-Aliassime (numero 8) con un netto 7-5 6-1, in un’ora e 40 minuti di gioco. Una prestazione solida e autoritaria, soprattutto nel secondo set, dopo un primo parziale combattuto in cui Sinner ha mostrato grande lucidità nei momenti decisivi.

Le parole di Sinner dopo il match

“Sono molto contento di rigiocare qua, è un torneo e un posto speciale. È un anno diverso, mi sono sentito abbastanza bene. Il primo set è stato molto tosto, poi lui ha avuto un piccolo problema fisico, però il livello era molto alto”, ha dichiarato Sinner subito dopo la vittoria.

Il tennista altoatesino ha poi espresso soddisfazione per l’atmosfera: “È molto speciale, c’è tanta Italia qui in Italia. Mi porto a casa il feeling di giocare qui, ogni anno il campo è un po’ diverso ma ci siamo adattati bene”.

Un gruppo difficile e avversari temibili

Sinner è consapevole delle insidie del suo girone: “Ho un gruppo molto difficile e tosto, con gente che serve molto forte. Devi restare concentrato per tutta la partita, perché appena concedi un attimo rischi di andare un break sotto e poi diventa complicato recuperare. Oggi ero molto concentrato, sono molto contento. Ora vediamo come andrà il prossimo match”.

L’Italia del tennis può sorridere: alle Finals, oltre a Sinner, sono presenti anche Lorenzo Musetti e la coppia di doppio Bolelli/Vavassori, segno di una generazione azzurra sempre più protagonista nel tennis mondiale.

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Delusione ad “Affari tuoi”: Charlotte si ferma a 15mila euro dopo un finale al cardiopalma

Finale amaro per Charlotte, concorrente lombarda di “Affari tuoi”: dopo un cambio e un gioco emozionante, perde l’occasione del premio da 75mila euro e chiude la puntata con 15mila euro.

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Nella sessantaquattresima puntata di “Affari tuoi”, condotta da Stefano De Martino, protagonista è stata Charlotte, rappresentante della Lombardia, accompagnata in studio dal compagno e collega Antonio. La coppia ha giocato con il pacco numero 10, che ha conservato fino alle battute finali di una serata ricca di tensione e colpi di scena.

Il cambio con il Molise e la sorpresa di Gennarino

Con ancora quattro pacchi da scartare, il “dottore” propone a Charlotte un cambio, offerta che la concorrente accetta. Decide così di scambiare il pacco 10 con il pacco numero 2 del Molise. Poco dopo apre il suo vecchio pacco, scoprendo Gennarino, il pupazzo che fa guadagnare mille euro di bonus. La festa in studio è immediata, ma la partita è ancora tutta da giocare.

Il rifiuto dell’offerta e l’ultimo tiro decisivo

Il dottore rilancia con un’offerta di 15mila euro, ma Charlotte decide di continuare. Al tiro successivo apre il pacco numero 11, trovando quello da un euro, lasciando in gioco solo due importi: 15mila e 75mila euro.

A quel punto, il dottore prova un’ultima mossa: tramite Stefano De Martino offre 45 euro per giocare alle carte invece dei 45mila chiesti da Charlotte. La concorrente perde il gioco delle carte, ma sceglie comunque di non cambiare pacco e di arrivare al finale.

Il sogno sfuma: nel pacco 2 solo 15mila euro

La decisione si rivela però sfortunata: nel pacco scelto, il numero 2, c’erano solo 15mila euro. Il premio da 75mila era rimasto nel pacco scambiato. Un finale dal sapore amaro per Charlotte, che tuttavia ha mostrato grande determinazione e sangue freddo fino all’ultimo.

Una puntata intensa e piena di emozioni, chiusa tra applausi e sorrisi dal conduttore Stefano De Martino, che ha sottolineato come “Affari tuoi” resti un gioco dove il coraggio può valere tanto quanto la fortuna.

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Kushner torna in Medio Oriente mentre resta fragile la fase uno del piano di pace

A un mese dal cessate il fuoco, Jared Kushner torna in Israele per spingere la fase due del piano di pace Usa. Restano aperti nodi su ostaggi, miliziani nei tunnel di Rafah e composizione della forza di stabilizzazione internazionale.

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A un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza, l’inviato statunitense Jared Kushner è tornato in Israele per confrontarsi con il governo sullo stato di attuazione del piano di pace Usa e per premere sul passaggio alla cosiddetta fase due dell’accordo. Washington spinge per accelerare la transizione politica e di sicurezza, ma sul terreno permangono nodi sensibili che rallentano il processo.

I nodi ancora aperti: ostaggi e miliziani nei tunnel di Rafah

La prima fase resta tuttora bloccata su due questioni concrete e irrisolte: la restituzione delle salme degli ostaggi uccisi e la sorte dei circa 200 miliziani intrappolati nei tunnel di Rafah dal lato israeliano della Linea Gialla. La proposta americana sul tavolo prevede che i combattenti si arrendano, depongano le armi e ottengano amnistia o esilio all’estero, mentre i tunnel verrebbero distrutti. Soluzioni analoghe erano state avanzate anche dal Cairo, che ha offerto canali sicuri verso l’Egitto.

Posizioni di Israele e di Hamas: dialogo sotto pressione

Dal canto suo il premier Benyamin Netanyahu ha ammonito che la guerra “non è finita” e ha ribadito l’intenzione di disarmare Hamas, “nel modo più facile o nel modo più difficile”. L’esecutivo israeliano sostiene di coordinare ogni passo con l’amministrazione statunitense, ma la questione resta delicata: Hamas dichiara che i suoi uomini “non si arrenderanno”, pur affermando di essere disponibile ad “affrontare positivamente la questione”, e accusa Israele di aver fatto marcia indietro rispetto ad accordi preliminari.

Il ruolo dei paesi terzi e la composizione della forza di stabilizzazione

La definizione della forza internazionale di stabilizzazione destinata a operare nella Striscia è un altro capitolo cruciale. La Turchia avrebbe offerto un corridoio sicuro per “200 civili” intrappolati nei tunnel, secondo una fonte turca, ma il governo israeliano ha ribattuto definendoli “terroristi” e negando la presenza di forze turche nella missione. Ankara dichiara di aver reclutato 2.000 uomini per la missione; gli Stati Uniti, tuttavia, garantiscono a Israele un diritto di vetosui Paesi partecipanti. Gli Emirati Arabi Uniti hanno invece fatto sapere che probabilmente non parteciperanno con truppe, pur confermando sostegno politico e aiuti umanitari.

Verso una risoluzione internazionale: la strategia della Casa Bianca

Per superare le incertezze sui contributi da Paesi musulmani disponibili — come Indonesia e altri — la Casa Bianca sta lavorando a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che definisca il mandato e i confini operativi della missione, fornendo alla forza un quadro giuridico internazionale. L’obiettivo è rafforzare la legittimazione della fase due e garantire un coordinamento multilaterale.

Reazioni interne: la Knesset e la proposta sulla pena di morte

Sul piano domestico, la Knesset discute l’introduzione della pena di morte per i terroristi che uccidono israeliani, proposta promossa dal partito di ultradestra del ministro Itamar Ben-Gvir. Il dibattito segna un clima interno teso e dovrà confrontarsi con implicazioni legali e politiche rilevanti, oltre alle preoccupazioni internazionali sulla tutela dei diritti umani e sulle garanzie processuali.

Stato del negoziato: pressione diplomatica e incertezze pratiche

Sul terreno diplomatico prevale la convinzione — anche tra funzionari israeliani — che, sotto la forte pressione degli Stati Uniti, la vicenda troverà una soluzione negoziata. Restano tuttavia incertezze pratiche: la resa o l’esilio di combattenti, la distruzione dei tunnel, il controllo delle aree libere e la composizione di una forza internazionale accettabile sia per Gaza sia per Tel Aviv. Fino a quando questi punti non saranno chiariti e applicati, la transizione verso la fase due rimane fragile.

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