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Esteri

L’esperto: Macron verso larghe intese alla Draghi

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“Siamo di fronte a una situazione politica complicata e inedita per il presidente nella quinta Repubblica francese. Con il risultato delle urne, Macron non ha di fronte a sé una situazione iperpresidenziale, né di coabitazione, né di maggioranza relativa per la propria coalizione, come quella del 2022”. È il parere del costituzionalista Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato all’Università Bicocca di Milano, che delinea gli scenari della politica francese dopo il secondo turno delle elezioni legislative. “Per Macron entrano in campo considerazioni esclusivamente di carattere politico: può decidere di proporre all’Assemblea nazionale un nome per il primo ministro mentre la Camera francese può decidere di accettarlo o di votare nei suoi confronti una mozione di sfiducia a maggioranza assoluta”.

Anche se queste vicende sembrano rimandare a dinamiche simili alla formazione dei governi in Italia, tra i due Paesi ci sono differenze nette, soprattutto riguardo al ruolo del presidente della Repubblica. “Sono due figure completamente diverse – spiega il costituzionalista – Quello francese è l’organo governante per eccellenza, l’organo di indirizzo politico che si fa eleggere sulla base di questo. In Italia il presidente, non eletto da cittadini, è invece un organo di garanzia istituzionale che non risponde a proprie esigenze politiche o di parte, ma a una serie di necessità previste dalla Costituzione, garantendone la corretta applicazione: questa è una differenza di fondo”. In queste ore le scelte del numero uno dell’Eliseo hanno un peso decisivo.

“Avere contemporaneamente un presidente eletto dai cittadini e un Parlamento dello stesso colore politico è stato uno schema durato ininterrottamente per vent’anni fino al 2022, che ora si è rotto un’altra volta: si è creata una situazione per cui la maggioranza relativa è detenuta da una coalizione diversa da quella del presidente. Se due anni fa – spiega il docente – pur avendo una maggioranza relativa, Macron nominò premier Élisabeth Borne (ovvero una esponente della sua coalizione), ora sarà più difficile perché la sua coalizione è arrivata seconda e non prima”.

Quale sarà quindi la prossima mossa di fronte a una situazione così complessa? Per Martinelli è “probabile che il presidente si infili nei contrasti interni al Fronte populaire e provi a scardinare quel cartello elettorale portandone una parte verso Ensemble, quindi proponendo larghe intese dai gollisti fino al raggruppamento dei socialdemocratici di Glucksmann. Sarebbe interessante capire alla fine a chi ne sarebbe affidata la guida: se a un leader politico o magari a un grande funzionario dello Stato. Sembra invece quasi impossibile mettere insieme i macroniani con i fedelissimi di Melanchon. Se invece il Fronte popolare dovesse restare unito, a quel punto per il presidente sarebbe difficile evitare di nominare primo ministro un esponente di questo fronte, magari scelto nell’area moderata, ad esempio lo stesso Glucksmann”. Per semplificare l’idea, Martinelli traccia un paragone alla lontana con precedenti situazioni italiane: “In Francia è possibile che si possa delineare una maggioranza estesa come quella che fu del governo Draghi, di cui non facevano parte soltanto i partiti di Meloni e di Fratoianni”.

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Esteri

Gaza, oltre 69mila morti dall’inizio della guerra: Israele e Hamas si scambiano i corpi delle vittime

Sale a oltre 69mila il numero dei palestinesi uccisi nella guerra tra Israele e Hamas. Proseguono gli scambi di corpi durante il cessate il fuoco, mentre in Cisgiordania crescono gli attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi.

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Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono ormai 69.169 i palestinesi morti dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. Il bilancio, aggiornato durante il cessate il fuoco in vigore dal 10 ottobre, è salito con il ritrovamento di nuovi corpi sotto le macerie e con l’identificazione di numerose vittime ancora senza nome.

Negli ultimi giorni, Israele ha restituito 15 salme palestinesi a Gaza, mentre Hamas ha riconsegnato il corpo di Lior Rudaeff, ostaggio israeliano di origine argentina, ucciso nei mesi scorsi.

Lo scambio dei corpi è parte dell’accordo di tregua, che mira a concludere il conflitto più sanguinoso mai avvenuto tra Israele e il movimento islamista palestinese, iniziato il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas nel sud di Israele, che provocò circa 1.200 morti e il sequestro di 251 ostaggi.


“Speravo di trovarlo”: i familiari in cerca dei dispersi

Negli ospedali di Gaza continuano ad arrivare corpi, spesso in stato di decomposizione, che vengono identificati con estrema difficoltà.
“Non abbiamo abbastanza risorse né DNA per il confronto con le famiglie”, ha spiegato Ahmed Dheir, direttore di medicina legale dell’ospedale Nasser di Khan Younis.
Molti resti non identificati vengono sepolti in gruppi, mentre centinaia di famiglie continuano a cercare i propri cari.

“Chiudilo, non è lui”, ha sussurrato una madre, dopo aver guardato in una delle barelle refrigerate. “Non ho perso la speranza. Sto ancora aspettando mio figlio.”


Crescono gli attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania

Mentre il cessate il fuoco sembra reggere a Gaza, la violenza si sposta in Cisgiordania. Durante la stagione della raccolta delle olive, coloni israeliani hanno attaccato contadini palestinesi, giornalisti e volontari internazionali nelle aree di Beita e Burin.
Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, almeno 15 persone sono rimaste ferite, tra cui due reporter di Reuters.

L’Ufficio umanitario dell’ONU ha denunciato che ottobre è stato il mese più violento dal 2006, con oltre 260 aggressioni registrate contro palestinesi e le loro proprietà.

“Ho visto cinque coloni colpire una giornalista con mazze e pietre”, ha raccontato Jonathan Pollak, attivista israeliano ferito alla testa.

Le autorità militari israeliane hanno ammesso di aver “disperso un confronto tra civili israeliani e palestinesi”, ma secondo le ONG israeliane, gli arresti per le violenze dei coloni sono “rarissimi”, con meno del 4% dei casi perseguiti penalmente.


Una tregua fragile, un bilancio insostenibile

Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, 241 palestinesi sono comunque morti in attacchi o incidenti legati al conflitto.
Il bilancio complessivo – oltre 69mila vittime e migliaia di dispersi – fa di questa guerra la più devastante nella storia di Gaza.
Tra macerie, scambi di corpi e violenze dei coloni, la pace resta lontana e la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto.

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Esteri

Mosca, arrestati quasi dieci tra russi e stranieri accusati di collaborare con i servizi segreti ucraini

Le autorità russe hanno arrestato quasi dieci persone, tra cui cittadini stranieri, accusate di far parte di un’organizzazione terroristica collegata ai servizi segreti ucraini (Sbu). I sospettati sono detenuti a Mosca.

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Quasi dieci persone, tra cui cittadini russi e stranieri, sono state arrestate a Mosca con l’accusa di partecipazione a un’organizzazione terroristica che avrebbe collaborato con i Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (Sbu). La notizia è stata diffusa dall’agenzia Ria Novosti, che cita una fonte vicina alle indagini.

Secondo la ricostruzione, gli inquirenti ritengono che il gruppo avesse stabilito contatti diretti con membri dell’intelligence ucraina, svolgendo attività ritenute sovversive sul territorio russo.


Coinvolti cittadini russi e stranieri

La fonte dell’agenzia ha precisato che tra gli arrestati ci sono quasi dieci persone, ma il numero esatto non è stato confermato.

“Quasi dieci cittadini russi e stranieri sono stati arrestati con l’accusa di aver partecipato a un’organizzazione terroristica attraverso la cooperazione con l’Sbu. Il caso coinvolge anche diversi individui non identificati”, ha dichiarato la fonte.

Uno dei principali sospettati sarebbe un cittadino straniero che, secondo gli investigatori, avrebbe rapporti diretti con l’Sbu.


Detenzione nei centri di sicurezza di Mosca

Tutti gli imputati sono stati trasferiti in centri di detenzione preventiva nella capitale, tra cui il noto carcere di Lefortovo, storicamente utilizzato dai servizi segreti russi per casi di spionaggio e terrorismo.

Le autorità non hanno fornito ulteriori dettagli né sulle identità degli arrestati, né sul tipo di attività che avrebbero svolto in Russia.
L’inchiesta – ancora in corso – rientra in una serie di procedimenti legati alle presunte reti di supporto ucraine e occidentali attive sul territorio russo dall’inizio della guerra.

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Ambiente

Le Filippine sotto minaccia: il tifone Fung-wong diventa un super tifone

Il tifone Fung-wong ha raggiunto la categoria di super tifone, con venti fino a 230 km/h. Le Filippine si preparano all’impatto dopo giorni di piogge torrenziali e devastazioni causate da un precedente ciclone.

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Il tifone Fung-wong, una delle tempeste più potenti della stagione nel Pacifico occidentale, ha raggiunto lo status di super tifone, minacciando l’intero arcipelago delle Filippine con venti distruttivi e piogge torrenziali.

Secondo il servizio meteorologico statale, la tempesta si sta muovendo verso ovest con venti costanti di 185 km/h e raffiche che toccano i 230 km/h, coprendo con il suo enorme raggio quasi l’intera superficie del Paese.


Un Paese già devastato da un altro tifone

Il nuovo ciclone arriva a pochi giorni di distanza da un altro tifone che ha già messo in ginocchio molte regioni delle Filippine, provocando inondazioni, frane e migliaia di sfollati.

Le autorità hanno lanciato un massiccio piano di evacuazione preventiva nelle aree costiere e nelle province centrali, dove si teme l’impatto più violento.

“La tempesta è di proporzioni eccezionali e potrebbe colpire con forza mai vista quest’anno”, hanno dichiarato i meteorologi di Manila.


Evacuazioni e allerta massima

Nelle province di Luzon e Samar, centinaia di famiglie sono già state trasferite in centri di evacuazione. Le scuole sono state chiuse, i voli cancellati e i collegamenti marittimi sospesi in gran parte del Paese.

Le autorità temono che il passaggio di Fung-wong possa aggravare la situazione in aree già fragili, dove i fiumi sono ai limiti e i terreni saturi d’acqua rischiano di cedere.


Allerta umanitaria e rischio blackout

Oltre ai danni strutturali, si temono interruzioni della rete elettrica e idrica, oltre a blocchi nelle comunicazioni. Le squadre della Protezione civile e della Croce Rossa filippina sono in stato di massima allerta per intervenire appena le condizioni lo permetteranno.

Il landfall – l’approdo del tifone sulla terraferma – è previsto in tarda notte, con i venti e le piogge che potrebbero intensificarsi ulteriormente nelle ore successive.

Fung-wong si prepara così a diventare una delle peggiori tempeste tropicali dell’anno, in un Paese che ogni stagione affronta con coraggio ma anche con crescente fatica la furia del mare e del cielo.

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