Al vertice di Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, e Matteo Salvini c’era, ovviamente, anche il ministro tecnico dell’Economia Giovanni Tria. Anzi, è lui l’uomo che deve cedere sulla politica economica. Tiene lui i cordoni della borsa. È lui che deve rassicurare il Capo dello Stato Sergio Mattarella sulla tenuta dei conti pubblici e sul fatto che non si spenderà più di quanto si incassa. La manovra, ad oggi, ammonta a oltre 30 miliardi. Dove trovare i soldi? E cosa fare con questa manovra? In fondo la Legge di Bilancio è l’atto politicamente più importane di un Governo. L’incontro promosso da Conte per capire come uscire dall’impasse tra condono fiscale e pace fiscale, se fare prima la flat tax o il reddito di cittadinanza è un rompicapo. E non c’è accordo. Per ora. Di Maio al termine della riunione ha radunato ministri e sottosegretari del M5S in un ristorante romano per capire assieme cosa fare. Gli umori sono pessimi. Il momento è difficile. Di Maio non è contento della impostazione che Tria vuole dare alla manovra. Dice che è “poco coraggiosa”.
Una certezza però v’è nel M5s: “Il reddito di cittadinanza è la linea del Piave, non si indietreggia di un millimetro”. Costi quello che costi.
La discussione nel governo è su come finanziare i diversi interventi. Da giorni Tria, fautore di una linea assai morbida con Bruxelles, fa sapere che vuole fissare nel Documento di economia e finanza un obiettivo di deficit tra 1,6-1,7% del Pil il prossimo anno, rispetto allo 0,8% a cui si era impegnato il governo Gentiloni. Così si tiene buona la Commissione europea. M5s e Lega vogliono arrivare anche oltre il 2%, così da reperire almeno 15 miliardi. Recuperando 15/20 miliardi si riuscirebbe a dare qualche segnale su tutti i capitoli politici importanti del contratti di Governo: flat tax, la revisione della riforma Fornero e il reddito di cittadinanza. “È stato un vertice proficuo, manterremo l’ impegno sui tre capitoli”, ha spiegato Salvini. Ed è la stessa linea ufficiale di Conte. I 5Stelle in realtà sono alla finestra. Un accordo non c’è. Per avviare il reddito di cittadinanza il M5s vuole che Tria stanzi almeno 8 miliardi, anche accorpando i due miliardi messi dal governo Gentiloni per il reddito di inclusione. Tria però resiste.
La Lega punta ad alzare il regime forfettario per le partite Iva (costa 1,5-2 miliardi). La “pace fiscale” è l’altro punto dolente.
La Lega vuole un condono. Per il M5S sarebbe inaccettabile. Ancor di più quello che sostiene il sottosegretario leghista al Tesoro, Massimo Bitonci: tetto a un milione a contribuente per le somme contestate dal fisco, e un meccanismo permanente per chiudere le liti pendenti (oltre a una riedizione tris del condono sui capitali esteri).
Il M5s invece chiede una misura una tantum limitata ai piccoli contribuenti in difficoltà economica. E pure qui la distanza politica è siderale. Anche perchè la riforma Bitonci andrebbe a completare la flat tax per ricchi già approvata ai tempi di Renzi premier.
Il capitolo più corposo riguarda però le pensioni. La possibilità di alzare quelle minime a 780 euro per arrivare alla “pensione di cittadinanza”, annunciata da Di Maio vale oltre 10 miliardi, e ne servono altrettanti per la quota 100 (tra età d’ uscita e contributi versati) che vuole Salvini.
Parte delle risorse dovrebbe arrivare dal taglio delle “pensioni d’oro”, che secondo i 5stelle riguarderà la parte non coperta dai contributi versati per gli assegni a partire dai 4.500 euro netti mensili. E su questo pare esserci accordo. Il problema serio è che là dove c’è accordo politico non ci sono soldi per fare alcunché. Insomma il governo è nelle mani di Tria. O forse è Tria che è in bilico? Di Maio pare sia molto stanco dei traccheggiamenti e della mancata apertura del ministro su quasi tutto. Insomma Tria appare ai 5Stelle non come il ministro del Bilancio italiano ma si comporta come il capo della trojka di Bruxelles che ci spiega cosa fare e quanto spendere. Insomma un sorvegliante di Bruxelles piuttosto che un ministro del Governo Conte. E questo è un problema serio. Perchè il governo Conte non sarà il governo politico uscito dalle urne, ma ha un programma politico da seguire. C’è il famoso o famigerato contratto da far rispettare.