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Gli Usa trattano in segreto con Assad sugli ostaggi

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Con l’obiettivo di liberare ostaggi statunitensi in Medio Oriente a due settimane dalle attese elezioni presidenziali americane, l’amministrazione guidata da Donald Trump appare tenacemente impegnata in negoziati con attori vicini all’Iran. E questo in Yemen, in Libano e persino in Siria, con cui da dieci anni Washington non parla in via ufficiale. Secondo la stampa statunitense, Kash Patel, vice assistente di Trump e principale funzionario dell’antiterrorismo della Casa Bianca, si e’ recato di persona a Damasco nei mesi scorsi per colloqui con le autorita’ siriane, i primi di alto livello dal 2012, nel tentativo di ottenere il rilascio di almeno due americani detenuti dal governo siriano: lo psicologo Majd Kamalmaz e il giornalista Austin Tice. Proprio Trump aveva inviato una lettera personale ad Assad nei mesi scorsi invitandolo a un negoziato. E secondo diverse fonti, da Damasco avevano chiesto come contropartita il ritiro delle truppe americane dal nord-est siriano, ricco di risorse energetiche e confinante con l’Iraq. Per aumentare la pressione negoziale, Washington aveva poi varato un nuovo pacchetto di sanzioni dirette contro Damasco, finendo per acuire la gia’ drammatica situazione di un paese in guerra da dieci anni. Ma intanto nei giorni scorsi la Casa Bianca aveva festeggiato il rientro in patria di due cittadini Usa da anni detenuti dagli insorti Huthi yemeniti, vicini all’Iran. Il negoziato tra Stati Uniti e Yemen era stato parallelo alla mediazione Onu tra le parti coinvolte nella guerra in Yemen: gli Huthi da una parte e le forze lealiste vicine all’Arabia Saudita. Proprio Riad aveva subito forti pressioni da parte di Washington perche’ facilitasse il buon esito della trattativa yemenita. E in questa intensa fase pre-elettorale americana, anche l’altro alleato degli Usa in Medio Oriente, Israele, era stato chiamato a rispondere alle richieste della Casa Bianca per sbloccare un impasse negoziale con il Libano, dominato politicamente e militarmente dagli Hezbollah filo-iraniani. Nei giorni scorsi sono cominciati cosi’ inediti colloqui tra Israele e Libano, mediati dagli Usa, per la delimitazione delle frontiere marittime. Il dossier, discusso da 10 anni proprio con la continua mediazione di Washington, e’ visto con particolare urgenza dai leader libanesi, interessati a spartirsi la lucrosa torta dei ricavi per lo sfruttamento delle risorse energetiche a largo delle loro coste meridionali. In questa girandola di strette di mano tra rivali, emerge la figura del generale Abbas Ibrahim, capo dell’intelligence libanese e da anni deus ex machina di ogni trattativa sotto il tavolo tra attori nemici. Ibrahim ha ammesso oggi di avere ottimi rapporti “di lavoro” con gli Stati Uniti e non ha mai nascosto di avere un canale diretto con i vertici di Hezbollah. In Medio Oriente, ogni volta che ci sono ostaggi da liberare, le parti si rivolgono agli uffici di Ibrahim, che solo un anno fa aveva svolto un ruolo cruciale nel rilascio, dalla Siria, di un altro ostaggio americano. Nei giorni scorsi Ibrahim era a Washington. E stasera il segretario di Stato americano Mike Pompeo e il capo di Stato libanese Michel Aoun hanno avuto un colloquio telefonico durante il quale sono stati annunciati nuovi aiuti americani al Libano.

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Putin: “La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile. È solo questione di tempo”

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“La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile, ma è solo questione di tempo”. Così il presidente russo Vladimir Putin si è espresso in un’intervista concessa al giornalista Pavel Zarubin per il documentario “Russia. Cremlino. Putin. Venticinque anni”, prodotto dalla rete statale Rossiya 1 e in onda questa sera.

Nel colloquio, Putin torna a parlare del conflitto con l’Ucraina, dichiarando che, nonostante l’attuale tragedia in corso, il riavvicinamento tra i due popoli “sarà possibile”. Secondo il presidente, la Russia “non ha dato inizio prima all’operazione speciale” perché “credeva negli accordi di Minsk” e voleva risolvere pacificamente il conflitto nel Donbass.

“Abbiamo forza per concludere ciò che abbiamo iniziato”

Putin ha anche ribadito che Mosca “ha abbastanza forza e risorse per portare a una conclusione logica quanto iniziato nel 2022”, sottolineando che questo potrà avvenire “senza ricorrere all’uso di armi nucleari in Ucraina”. Un’affermazione che appare tanto rassicurante quanto carica di implicazioni strategiche: il Cremlino si dice fiducioso nel raggiungimento dei propri obiettivi militari, ma resta sul piano convenzionale.

“I rapporti con la Cina garantiscono stabilità globale”

Nel documentario, Putin ha anche toccato il tema delle relazioni internazionali, definendo l’alleanza con la Cina come un “fattore di stabilità globale”. “La turbolenza nel mondo sta solo aumentando – ha dichiarato – e le nostre relazioni così affidabili e stabili con la Cina rafforzano la stabilità mondiale semplicemente perché esistono”. Un chiaro segnale a Occidente, nel mezzo di un riassetto degli equilibri geopolitici.

Il documentario-intervista, che celebra i 25 anni al potere di Vladimir Putin, si presenta come un ritratto personale e politico del leader del Cremlino in un momento storico delicatissimo, tra guerra, sanzioni, isolamento e un crescente asse con Pechino.

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Mosca, Xi Jinping in visita in Russia dal 7 al 10 maggio

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Il presidente cinese Xi Jinping si recherà in visita ufficiale in Russia dal 7 al 10 maggio. Lo fa sapere il Cremlino, confermando la sua partecipazione alle celebrazioni del 9 maggio dell’80/o anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale.

La presidenza russa ha affermato che Xi Jinping parteciperà anche a colloqui bilaterali sullo “sviluppo di un partenariato globale e di un’interazione strategica” e sulle “questioni attuali dell’agenda internazionale e regionale”. Si prevede che saranno firmati una serie di documenti bilaterali tra governi e ministeri russo e cinese, ha aggiunto il Cremlino. In alcuni commenti trasmessi dalla televisione cinese, un portavoce del ministero degli Esteri ha sottolineato i legami storici e strategici tra i due Paesi e ha aggiunto che Xi terrà dei colloqui con Putin in un momento in cui “l’ordine internazionale sta attraversando profondi cambiamenti”.

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Zelensky: Mosca chiede tregua mentre ci bombarda, cinismo

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“I russi chiedono una tregua per il 9 maggio, mentre attaccano l’Ucraina ogni giorno: questo è cinismo di altissimo livello”: lo scrive su X il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky dopo il raid notturno su Kiev. “Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe aeree guidate e 10 missili di vario tipo”, ha aggiunto. Per Zelensky, “è necessario un vero cessate il fuoco. L’Ucraina è pronta alla tregua a ogni momento, ma non deve durare meno di un mese, per porre fine alla guerra” e “che sia non solo per i loro giorni festivi ma ogni giorno”.

“Solo questa settimana la Russia ha utilizzato contro l’Ucraina più di 1.180 droni da attacco, 1.360 bombe guidate e 10 missili di vario tipo”, ha sottolineato Zelensky, aggiungendo: “Per tutta la notte, i soccorritori a Kiev hanno spento incendi di case e auto dopo gli attacchi dei droni russi contro le zone residenziali. Purtroppo, ci sono bambini e adulti colpiti. A tutti è stata fornita l’assistenza necessaria. C’è stato un incendio a Cherkasy: un dormitorio normale stava bruciando”.

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